di Roberta Calò. Sabrina Misseri, come la madre Cosima Serrano, "ha continuato in tale suo comportamento mendace anche nella ricostruzione dei momenti antecedenti e successivi all'omicidio della cugina" secondo quanto sostenuto dal Tribunale del Riesame il quale ha rigettato la richiesta di scarcerazione di entrambe le donne avanzata dai rispettivi difensori.
Entrambe inizialmente solo considerate persone informate sui fatti, sono state accusate di sequestro e omicidio volontario ai danni della piccola Sarah Scazzi.
Sabrina, spiegano i giudici nell'ordinanza "ha fatto di tutto affinchè gli inquirenti non venissero a conoscenza dello stato d'animo della vittima, e ciò anche attraverso un utilizzo artatamente distorto delle dichiarazioni rilasciate ai mezzi di informazione: ha impedito al padre di parlare con terzi della scomparsa della cugina, ha indirizzato l'attenzione di amici e parenti su altre piste quali quelle del rapimento per prostituzione, del trapianto d'organi e della bandate romena, ha adombrato forti sospetti sulle amicizie di San Pancrazio Salentino, asseritamente poco raccomandabili, intrattenute dal padre della vittima, ha ripetutamente sostenuto, sin da subito, che la cugina era ormai morta rivelandosi pertanto inutile la spasmodica attività di ricerca, ha ha tentato di depistare intenzionalmente gli stessi investigatori convocando presso la sua abitazione, circa 10 giorni dopo la scomparsa della vittima, il sovrintendente della Polizia di Stato Lanzo Daniele, suo conoscente, esternandogli ulteriori sospetti sullo zio Giacomo Scazzi e invitandolo ad indagate sulla "gente" di San Pancrazio Salentino".
LA RIVOLTA DELL'UCPI - Oltre alla Misseri, anche quattro avvocati coinvolti nella vicenda hanno contribuito secondo i giudici al depistaggio delle indagini. Gli indagati sono stati denunciati ed è in corso per loro un iter giudiziario parallelo a quello penale riguardante l'omicidio.
A favore dell'ordine si schiera l'Ucpi, unione delle camere penali, che difendendo i propri professionisti definisce "sconcertante e inquietante" quanto sta accadendo in quanto "è assurdo che nel medesimo procedimento si trattino questioni riguardanti il delitto e questioni relative all'indagine sul delitto stesso. Ma ancora più grave è che alcune contestazioni mosse a due avvocati letteralmente s'intromettono indebitamente nelle scelte e nelle strategie difensive, le quali dovrebbero, al contrario, costituire un recinto invalicabile e coperto dal segreto professionale". "Sconcertante quanto capita all'avvocato De Cristofaro, il quale per aver sostenuto l'assunzione di responsabilità del proprio assistito, da quest'ultimo reiteratamente dichiarata, si ritrova indagato per "infedele patrocinio" dai pubblici ministeri che si prefiggono l'obiettivo di provare la responsabilità di altra e diversa persona". Per i penalisti "si è verificato un "corto circuito" all'interno del quale i pm che sostengono l'accusa hanno elevato un'imputazione, per un reato riguardante in astratto le condotte del difensore che si pongono in contrasto con l'interesse del proprio assistito, che già a una prima lettura appare addirittura paradossale, poiché si fonda su fatti che dimostrano in maniera lampante il contrario, e cioè che il difensore ha viceversa dato seguito alle richieste del proprio assistito. In realtà , i pm procedenti hanno valutato come contrastante con l'interesse dell'imputato, puramente e semplicemente, una versione dei fatti da questi offerta che confligge con l'ipotesi di accusa e lo hanno fatto sulla scorta della loro ricostruzione dei fatti". Pertanto "Oltre a ergersi arbitri della formulazione dell'accusa, i pm pretendono di determinare anche l'interesse dell'imputato a sostenere l'una o l'altra tesi, e nel far questo criminalizzano l'attività del difensore, il che appare una intollerabile violazione del diritto di difesa oltre che l'espressione di una cultura apertamente inquisitoria. Con il risultato, inquietante e certamente non ignorato, che attraverso la contestazione elevata si vorrebbe determinare, allo stato, un obbligo deontologico di astensione da parte del difensore che, in consonanza con il proprio assistito, ha sostenuto una tesi avversa rispetto a quella caldeggiata dalla Procura». Non solo: «Nel corso dell'indagine le attività difensive - lamenta l'Ucpi - sono state costante oggetto di controllo da parte della autorità giudiziaria, e anche di decisioni assai stravaganti quale quella di autorizzare l'espletamento di un atto di parte, come l'assunzione di informazioni, "alla presenza dei pm procedenti" oppure di imporre il potere di segretazione nei confronti di persone sottoposte alle indagini".
Entrambe inizialmente solo considerate persone informate sui fatti, sono state accusate di sequestro e omicidio volontario ai danni della piccola Sarah Scazzi.
Sabrina, spiegano i giudici nell'ordinanza "ha fatto di tutto affinchè gli inquirenti non venissero a conoscenza dello stato d'animo della vittima, e ciò anche attraverso un utilizzo artatamente distorto delle dichiarazioni rilasciate ai mezzi di informazione: ha impedito al padre di parlare con terzi della scomparsa della cugina, ha indirizzato l'attenzione di amici e parenti su altre piste quali quelle del rapimento per prostituzione, del trapianto d'organi e della bandate romena, ha adombrato forti sospetti sulle amicizie di San Pancrazio Salentino, asseritamente poco raccomandabili, intrattenute dal padre della vittima, ha ripetutamente sostenuto, sin da subito, che la cugina era ormai morta rivelandosi pertanto inutile la spasmodica attività di ricerca, ha ha tentato di depistare intenzionalmente gli stessi investigatori convocando presso la sua abitazione, circa 10 giorni dopo la scomparsa della vittima, il sovrintendente della Polizia di Stato Lanzo Daniele, suo conoscente, esternandogli ulteriori sospetti sullo zio Giacomo Scazzi e invitandolo ad indagate sulla "gente" di San Pancrazio Salentino".
LA RIVOLTA DELL'UCPI - Oltre alla Misseri, anche quattro avvocati coinvolti nella vicenda hanno contribuito secondo i giudici al depistaggio delle indagini. Gli indagati sono stati denunciati ed è in corso per loro un iter giudiziario parallelo a quello penale riguardante l'omicidio.
A favore dell'ordine si schiera l'Ucpi, unione delle camere penali, che difendendo i propri professionisti definisce "sconcertante e inquietante" quanto sta accadendo in quanto "è assurdo che nel medesimo procedimento si trattino questioni riguardanti il delitto e questioni relative all'indagine sul delitto stesso. Ma ancora più grave è che alcune contestazioni mosse a due avvocati letteralmente s'intromettono indebitamente nelle scelte e nelle strategie difensive, le quali dovrebbero, al contrario, costituire un recinto invalicabile e coperto dal segreto professionale". "Sconcertante quanto capita all'avvocato De Cristofaro, il quale per aver sostenuto l'assunzione di responsabilità del proprio assistito, da quest'ultimo reiteratamente dichiarata, si ritrova indagato per "infedele patrocinio" dai pubblici ministeri che si prefiggono l'obiettivo di provare la responsabilità di altra e diversa persona". Per i penalisti "si è verificato un "corto circuito" all'interno del quale i pm che sostengono l'accusa hanno elevato un'imputazione, per un reato riguardante in astratto le condotte del difensore che si pongono in contrasto con l'interesse del proprio assistito, che già a una prima lettura appare addirittura paradossale, poiché si fonda su fatti che dimostrano in maniera lampante il contrario, e cioè che il difensore ha viceversa dato seguito alle richieste del proprio assistito. In realtà , i pm procedenti hanno valutato come contrastante con l'interesse dell'imputato, puramente e semplicemente, una versione dei fatti da questi offerta che confligge con l'ipotesi di accusa e lo hanno fatto sulla scorta della loro ricostruzione dei fatti". Pertanto "Oltre a ergersi arbitri della formulazione dell'accusa, i pm pretendono di determinare anche l'interesse dell'imputato a sostenere l'una o l'altra tesi, e nel far questo criminalizzano l'attività del difensore, il che appare una intollerabile violazione del diritto di difesa oltre che l'espressione di una cultura apertamente inquisitoria. Con il risultato, inquietante e certamente non ignorato, che attraverso la contestazione elevata si vorrebbe determinare, allo stato, un obbligo deontologico di astensione da parte del difensore che, in consonanza con il proprio assistito, ha sostenuto una tesi avversa rispetto a quella caldeggiata dalla Procura». Non solo: «Nel corso dell'indagine le attività difensive - lamenta l'Ucpi - sono state costante oggetto di controllo da parte della autorità giudiziaria, e anche di decisioni assai stravaganti quale quella di autorizzare l'espletamento di un atto di parte, come l'assunzione di informazioni, "alla presenza dei pm procedenti" oppure di imporre il potere di segretazione nei confronti di persone sottoposte alle indagini".