di Vincenzo Fiore
Era fine luglio a Nardò, quando per la prima volta la protesta dei braccianti immigrati si trasformava in sciopero per il rispetto dei contratti, contro lo sfruttamento. Centinaia di lavoratori, denunciavano il caporalato come reato. La protesta proseguì tra enormi difficoltà : minacce, indifferenza diffusa, carenza di cibo, rischio di perdere il lavoro. Quello che chiedevano i lavoratori a nero era la possibilità di essere assunti regolarmente, di non subire costrizioni e ricatti nella ricerca di un lavoro. I braccianti di Nardò ma anche della Capitanata, con la loro protesta mutata in vertenza dalla CGIL, richiedono ora un intervento operativo della Regione Puglia nell’esercizio delle proprie competenze, in altri termini l’applicazione della legge 28. “Lo spirito della legge 28 – ha dichiarato il presidente del gruppo consiliare di Sel alla Regione Puglia, Michele Losappio – è che dove ci sia il lavoro irregolare, la Regione non dà i finanziamenti. Vale per il settore agricolo ma anche per quello economico e commerciale. Tutto sta quindi nell'individuare il lavoro irregolare e renderlo sconveniente, negando i finanziamenti, in modo che le imprese rinuncino ai caporali e usino manodopera regolare. Nel campo dell'agricoltura ad oggi questi controlli vengono effettuati dalle forze dell'ordine o dall'Ispettorato del lavoro e sono controlli a campione perchè ci sono molte difficoltà , di personale, costi ecc. La legge prevede – ha spiegato ancora Losappio – un meccanismo complicato che si chiama “indice di congruità ” che consentirebbe di capire prima se c'è lavoro irregolare, in modo che il controllo successivo vada sul sicuro semplificando il lavoro. Questo indice era stato predisposto con un atto amministrativo di Giunta nel 2010, poi la campagna elettorale e la nuova Giunta hanno interrotto quel percorso. Oggi – ha concluso Losappio - vogliamo sollecitare il governo regionale a riprenderlo in modo che la legge possa sviluppare per intero la sua efficacia”.