di Adriano Abrusci. Arte e tecnologia. Binomio apparentemente insolito eppur non inusuale, certo quanto mai attuale. Indubitabili, nel tempo costanti e inevitabili in ambito di maniere e mezzi d’artistica espressione, gli effetti dallo sviluppo tecnico generati su modalità di percezione naturalmente limitate del prodotto intellettuale, pur germogliati agli inizi dello scorso secolo, hanno subito negli ultimi vent’anni un rapido e inarrestabile incremento pari soltanto all’incessante ampiamento del generale e articolato dibattito circa lo loro effettiva opportunità ed efficacia. Pittura, Scultura, Letteratura, Musica. Nessuna delle Antiche Grandi è immune a suddetto esito, ponendosi dunque per ognuna e in relazione a peculiarità tipiche e rispettivi mezzi, la questione anzidetta, la cui portata ed estrema complessità pertanto si evince. Particolare interesse, per sua propria ontologica conformazione, suscita tra tutte l’Arte dei Suoni, preziosa e segreta sostanza mai raggiungibile senza altrui interposizione. Pazienti creatori di mai uguale resa della creazione, profeti latori d’altrimenti irraggiungibile messaggio, divini interpreti di significati compositi offerti agli uomini in un ripetuto ma sempre irripetibile miracolo. Inscindibile da elementi di tempo e spazio, il sorprendente prodigio di metamorfica trasformazione da astruso nulla a sonoro universo di inanimati e di per se insignificanti tratti d’inchiostro, il meraviglioso e continuo risorgere della Musica da quello stesso silenzio cui mestamente ritorna, è peculiarità sua unica e al contempo essenza stessa della questione in esame. Quale valore riconoscere dunque alla materia sonora della cui nascita e morte non s’è partecipi diretti in quei concatenati istanti di collettiva e catartica estasi, dei cui suoni e silenzi non si assapora l’autenticità, del cui pur breve esistere non s’è fisicamente testimoni eletti, restano interrogativi comuni, ancor più insolubili alla luce delle continue conquiste dell’era tecnologica. In principio era la radio, poi l’avvento della discografia. I limiti atavici di tempo e spazio erano ormai superati. Traslazione e cristallizzazione dei suoni dunque, una nuova concezione d’ascolto cui hanno fatto seguito discussioni ancora aperte sulla sostanza stessa della Musica. Lungi dal voler risolvere l’irrisolvibile oggettivamente e pertanto riconoscendo la questione sull’opportunità dei mezzi solo soggettivamente decifrabile, non ci si può tuttavia esimere dall’ammettere l’importante contributo che i numerosi strumenti di diffusione del prodotto musicale hanno fornito e forniscono alla divulgazione del sapere sonoro. Di portata rivoluzionaria, l’avvento di una rete virtuale di scambio globale, ha di fatto trasformato il vecchio apparato di trasmissione unilaterale in sistema interattivo di comunicazione, le cui infinite possibilità stiamo ancora lentamente sperimentando e le cui ripercussioni sulla quotidiana e individuale crescita e sulle possibilità di raccolta non hanno precedenti. In relazione alla nostra analisi, scardinati i limiti della registrazione discografica e video, la moderna ragnatela, rimediando all’inefficienza e servile attività di televisione e radio ormai spodestate, s’offre ora quale prezioso strumento di riscoperta del concertismo puro le cui crescenti difficoltà dipendono da un numerosi fattori confluenti in un sempre minor interesse per l’ascolto diretto. La rinascita di un pubblico che riscopra il desiderio d’assistere all’umano miracolo, proiettando l’evento nella sfera sua più intima della propria abitazione. Una sfida autentica recentemente sfociata nella meravigliosa unione tra la consapevolezza dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, e la profonda sensibilità dell’azienda Telecom Italia, finalizzata alla realizzazione di un ambizioso progetto, assolutamente unico e senza precedente alcuno nel nostro Paese. Una sfida coraggiosamente raccolta e indubitabilmente vinta considerando gli esiti dei tre singoli eventi che l’hanno composta. Milioni di internauti da ogni dove hanno (e possono ancora on demand) virtualmente colmato una già traboccante Sala Santa Cecilia, eleggendo per il tempo di un concerto ad epicentro mondiale della grande musica, il romano Auditorium Parco della Musica. Una fiumana d’anime letteralmente travolte da un Pappano in stato di grazia perfettamente integrato nel fluire dei meravigliosi prodigi di un’impareggiabile eccellenza italiana, tra le migliori formazioni attualmente in attività, che l’Orchestra dell’Accademia suddetta, indubbiamente rappresenta. Solisti d’eccezione e brani d’immediata impressione, ulteriori e non trascurabili aspetti d’una pregevole quanto rara iniziativa, che noi tutti amanti dell’Arte e della Cultura auspichiamo possa esser presto replicata e ampliata con l’ambizioso obbiettivo di ridare al concertismo e alla musica classica il posto che meritano in una società civile.
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Cultura e Spettacoli