BARI. Continua la stagione Sinfonica al Teatro Petruzzelli con due grandi nomi del panorama musicale internazionale. Venerdì 23 settembre alle 21.00 il maestro Daniel Oren dirigerà l’Orchestra della Fondazione Petruzzelli nel Concerto per violoncello ed orchestra in si minore op. 104 di Antonin Dvorák, con violoncello solista il grande Mischa Maisky, e la Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73 di Johannes Brahms.
Biglietti in vendita al Botteghino del Teatro Petruzzelli e on-line su www.bookingshow.com
IL PROGRAMMA DEL CONCERTO
Antonín Dvořák (1841-1904) – Concerto in si min. per violoncello ed orchestra op.104
Allegro – Quasi improvvisando: Adagio, ma non troppo – Finale: Allegro moderato
Il concerto fu composto da Dvořák per un amico, il violoncellista Hanuš Wihan componente del Quartetto Boemo. Ma la prima esecuzione (19 marzo 1896) con la direzione dell’autore ebbe luogo a Londra, con il solista Leo Stern. L’opera fu scritta da Dvořák a New York, alla fine del suo secondo soggiorno in America, fra il novembre 1894 ed il febbraio 1895. La struttura del concerto è meno “tradizionale”, richiama più una sinfonia con “violoncello obbligato”. Infatti in tutti e tre i movimenti l’orchestra ha un ruolo essenziale per quanto concerne i temi, senza sommergere la corposa cantabilità del violoncello. In precedenza il musicista aveva abbozzato, sempre per un amico violoncellista, un altro concerto, in la maggiore, ma quest’opera non fu poi portata a termine. Il compositore era particolarmente soddisfatto della melodiosità di alcuni temi e, stando a quanto si sa, c’era una stretta connessione tra il movimento lento, il finale e l’affetto che Dvořák aveva per la cognata Josephina. Infatti mentre era impegnato nella scrittura, apprese che Josephina era malata ed allora introdusse nel movimento lento una citazione della melodia della canzone popolare preferita dalla cognata. Tornato in Boemia venne a sapere che la donna era morta ed allora rimodellò la conclusione del Finale con l’intenzione di realizzare una “riflessione” sul tema in memoria della defunta. Indubbiamente il fervore romantico caratterizza tutti e tre i tempi, anche se appunto il più ispirato appare quello centrale nel quale la cantabilità profonda dello strumento solista si fonde con toni drammatici con il controcanto dell’orchestra. Incisivo appare il perentorio tema portante del primo movimento, mentre una ripresa dei tempi principali si riscontra nel tempo conclusivo che si chiude con uno slancio di grande effetto.
Johannes Brahms (1833-1897) – Sinfonia n.2 in re magg. op. 73
Allegro non troppo – Adagio non troppo – Allegretto grazioso (quasi Andantino), Presto ma non assai, Tempo I , Presto ma non assai Tempo I– Allegro con spirito
Con la “Sinfonia n.1 in do min.” Brahms aveva “saldato il suo debito” con il sinfonismo beethoveniano. Nella Sinfonia n.2, composta un paio d’anni dopo, il musicista si afferma decisamente autonomo, meno drammatico e più lirico. Non a caso la sinfonia n.2 viene considerata la più originale delle quattro da lui composte, in virtù del suo carattere “bucolico”, tanto che a suo tempo fu spesso definita anche “pastorale” o “viennese”. La contemplazione della natura risalta chiaramente uno dei più espliciti motivi ispiratori dell’opera, la cui partitura appare intrisa di simbolismo di taglio romantico (si pensi ai richiami dei corni, con flauti e clarinetti che trillano come uccelli). Non mancano tuttavia sfumature malinconiche. L’opera – le cui proporzioni sono minori rispetto alla precedente ed alle due che seguiranno – si ricollega chiaramente al genere liederistico che l’autore aveva ampiamente praticato nei mesi precedenti alla stesura della sinfonia; e questo è percepibile in particolare nel primo tempo dalla cantabilità ampia e quasi valzeristica e nel terzo. Accenni pastorali, ma venati da enigmaticità anche nel secondo tempo, con riferimenti alla tecnica della variazione. Clima pastorale anche nel terzo movimento, giocoso ma di taglio strutturale quasi neoclassico e turbinante complesso di suoni festanti nel tempo conclusivo. La prima esecuzione dell’opera ebbe luogo a Vienna nel dicembre del 1877, sotto la direzione di Hans Richter.
Biglietti in vendita al Botteghino del Teatro Petruzzelli e on-line su www.bookingshow.com
IL PROGRAMMA DEL CONCERTO
Antonín Dvořák (1841-1904) – Concerto in si min. per violoncello ed orchestra op.104
Allegro – Quasi improvvisando: Adagio, ma non troppo – Finale: Allegro moderato
Il concerto fu composto da Dvořák per un amico, il violoncellista Hanuš Wihan componente del Quartetto Boemo. Ma la prima esecuzione (19 marzo 1896) con la direzione dell’autore ebbe luogo a Londra, con il solista Leo Stern. L’opera fu scritta da Dvořák a New York, alla fine del suo secondo soggiorno in America, fra il novembre 1894 ed il febbraio 1895. La struttura del concerto è meno “tradizionale”, richiama più una sinfonia con “violoncello obbligato”. Infatti in tutti e tre i movimenti l’orchestra ha un ruolo essenziale per quanto concerne i temi, senza sommergere la corposa cantabilità del violoncello. In precedenza il musicista aveva abbozzato, sempre per un amico violoncellista, un altro concerto, in la maggiore, ma quest’opera non fu poi portata a termine. Il compositore era particolarmente soddisfatto della melodiosità di alcuni temi e, stando a quanto si sa, c’era una stretta connessione tra il movimento lento, il finale e l’affetto che Dvořák aveva per la cognata Josephina. Infatti mentre era impegnato nella scrittura, apprese che Josephina era malata ed allora introdusse nel movimento lento una citazione della melodia della canzone popolare preferita dalla cognata. Tornato in Boemia venne a sapere che la donna era morta ed allora rimodellò la conclusione del Finale con l’intenzione di realizzare una “riflessione” sul tema in memoria della defunta. Indubbiamente il fervore romantico caratterizza tutti e tre i tempi, anche se appunto il più ispirato appare quello centrale nel quale la cantabilità profonda dello strumento solista si fonde con toni drammatici con il controcanto dell’orchestra. Incisivo appare il perentorio tema portante del primo movimento, mentre una ripresa dei tempi principali si riscontra nel tempo conclusivo che si chiude con uno slancio di grande effetto.
Johannes Brahms (1833-1897) – Sinfonia n.2 in re magg. op. 73
Allegro non troppo – Adagio non troppo – Allegretto grazioso (quasi Andantino), Presto ma non assai, Tempo I , Presto ma non assai Tempo I– Allegro con spirito
Con la “Sinfonia n.1 in do min.” Brahms aveva “saldato il suo debito” con il sinfonismo beethoveniano. Nella Sinfonia n.2, composta un paio d’anni dopo, il musicista si afferma decisamente autonomo, meno drammatico e più lirico. Non a caso la sinfonia n.2 viene considerata la più originale delle quattro da lui composte, in virtù del suo carattere “bucolico”, tanto che a suo tempo fu spesso definita anche “pastorale” o “viennese”. La contemplazione della natura risalta chiaramente uno dei più espliciti motivi ispiratori dell’opera, la cui partitura appare intrisa di simbolismo di taglio romantico (si pensi ai richiami dei corni, con flauti e clarinetti che trillano come uccelli). Non mancano tuttavia sfumature malinconiche. L’opera – le cui proporzioni sono minori rispetto alla precedente ed alle due che seguiranno – si ricollega chiaramente al genere liederistico che l’autore aveva ampiamente praticato nei mesi precedenti alla stesura della sinfonia; e questo è percepibile in particolare nel primo tempo dalla cantabilità ampia e quasi valzeristica e nel terzo. Accenni pastorali, ma venati da enigmaticità anche nel secondo tempo, con riferimenti alla tecnica della variazione. Clima pastorale anche nel terzo movimento, giocoso ma di taglio strutturale quasi neoclassico e turbinante complesso di suoni festanti nel tempo conclusivo. La prima esecuzione dell’opera ebbe luogo a Vienna nel dicembre del 1877, sotto la direzione di Hans Richter.