ROMA. Sono giunti presso la procura di Roma gli atti dell'inchiesta napoletana sulla presunta estorsione ai danni del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. I pm hanno iscritto nel registro degli indagati l'imprenditore Gianpaolo Tarantini, la moglie Angela Devenuto e il direttore de L'Avanti, Valter Lavitola. Sono accusati di estorsione.
Il fascicolo è stato affidato dal procuratore Giovanni Ferrara al pool di pm coordinato Pietro Saviotti. In merito alla misure cautelari, gli inquirenti romani attenderanno la decisione del tribunale del Riesame che è chiamato a decidere in merito alla remissione in libertà o alla attenuazione delle misure nei confronti dei tre indagati. La procura di Roma ha, comunque, tempo fino al 10 di ottobre prossimo per decidere sulle eventuali misure cautelari. Il termine, di venti giorni, è scattato il 20 settembre scorso quando il gip di Napoli ha dichiarato la competenza di Roma sull'indagine. Al momento Lavitola risulta latitante, Tarantini é detenuto presso il carcere di Poggioreale mentre la moglie si trova agli arresti domiciliari.
PM NAPOLI RIBADISCONO COMPETENZA - Si è conclusa, dopo circa quattro ore, l'udienza davanti al tribunale del Riesame di Napoli chiamato ad esaminare le istanze delle difese di Gianpaolo Tarantini e Valter Lavitola. A quanto si è appreso la procura di Napoli ha ribadito la questione della propria competenza territoriale sostenendo che l'autorità giudiziaria partenopea debba essere titolare dell'indagine in quanto non è ancora stato accertato il luogo in cui avrebbe avuto inizio il reato. In subordine, i pm ritengono che la competenza possa essere anche della procura di Lecce che conduce l'indagine sui presunti ritardi nell'inchiesta di Bari sul giro di escort. Il tribunale si pronuncerà lunedì prossimo.
PENALISTI BARI: GRAVE VIOLAZIONE PM NAPOLI - Il fatto che i pm napoletani che indagano sul presunto ricatto al premier Berlusconi, "dinanzi al segreto professionale opposto" dall'avvocato di Gianpaolo Tarantini, Nicola Quaranta, "hanno emesso un autonomo decreto" con il quale lo hanno "sollevato dal segreto professionale imponendogli di rispondere alle loro domande", è "un episodio gravissimo che vulnera il sistema delle garanzie del segreto professionale poste a tutela del diritto della difesa". Lo afferma la Camera penale di Bari che fa riferimento ad una delle due audizioni come testimone di Quaranta.
Il fascicolo è stato affidato dal procuratore Giovanni Ferrara al pool di pm coordinato Pietro Saviotti. In merito alla misure cautelari, gli inquirenti romani attenderanno la decisione del tribunale del Riesame che è chiamato a decidere in merito alla remissione in libertà o alla attenuazione delle misure nei confronti dei tre indagati. La procura di Roma ha, comunque, tempo fino al 10 di ottobre prossimo per decidere sulle eventuali misure cautelari. Il termine, di venti giorni, è scattato il 20 settembre scorso quando il gip di Napoli ha dichiarato la competenza di Roma sull'indagine. Al momento Lavitola risulta latitante, Tarantini é detenuto presso il carcere di Poggioreale mentre la moglie si trova agli arresti domiciliari.
PM NAPOLI RIBADISCONO COMPETENZA - Si è conclusa, dopo circa quattro ore, l'udienza davanti al tribunale del Riesame di Napoli chiamato ad esaminare le istanze delle difese di Gianpaolo Tarantini e Valter Lavitola. A quanto si è appreso la procura di Napoli ha ribadito la questione della propria competenza territoriale sostenendo che l'autorità giudiziaria partenopea debba essere titolare dell'indagine in quanto non è ancora stato accertato il luogo in cui avrebbe avuto inizio il reato. In subordine, i pm ritengono che la competenza possa essere anche della procura di Lecce che conduce l'indagine sui presunti ritardi nell'inchiesta di Bari sul giro di escort. Il tribunale si pronuncerà lunedì prossimo.
PENALISTI BARI: GRAVE VIOLAZIONE PM NAPOLI - Il fatto che i pm napoletani che indagano sul presunto ricatto al premier Berlusconi, "dinanzi al segreto professionale opposto" dall'avvocato di Gianpaolo Tarantini, Nicola Quaranta, "hanno emesso un autonomo decreto" con il quale lo hanno "sollevato dal segreto professionale imponendogli di rispondere alle loro domande", è "un episodio gravissimo che vulnera il sistema delle garanzie del segreto professionale poste a tutela del diritto della difesa". Lo afferma la Camera penale di Bari che fa riferimento ad una delle due audizioni come testimone di Quaranta.