Arte: Gli assemblage di Zaelia Bishop in mostra negli spazi di Farbica Fluxus a Bari


BARI. Zaelia Bishop è un cantore solitario di un sentimento titanico, i suoi lavori sono affascinanti assemblage onirici, materici, sospesi in equilibrio sulle regioni selvatiche della memoria e del sogno.
È nel segno del labirinto la nuova mostra personale di Zaelia Bishop “Daedalus Rising” presentata presso gli spazi della Fabrica Fluxus Art Gallery di Bari.
Sepolto da sedimenti di rimembranze e stratificazioni di desideri e patimenti di stagioni mai del tutto disabitate, il labirinto risorge sulla spinta di un irrefrenabile movimento tellurico, come luogo di fantasmagoria, architettura impossibile in cui riconnettere ipotesi di storie, frammenti di narrazioni disparate, filiazioni letterarie, echi di possibilità, mesmerismo di citazioni e voracità di collezioni. È lo scenario ideale in cui ambientare l’affaccendarsi di un’adolescenza eterna, popolata dalla filigrana di figure care, appassionate, screpolate dal tempo che non perdona, sgretolate dagli urti di una immane catastrofe del quotidiano che si fa concrezione, escrescenza, infiorescenza umbratile protesa verso lo spettatore, come per un abbraccio di riconoscenza. Dal labirinto parte la sfida titanica dell’artista, lo strenuo tentativo di trovare l’uscita del dedalo, nonostante la consapevolezza del possibile fallimento.

“Daedalus Rising” raccoglie due cicli di lavori realizzati da Zaelia Bishop nell’ultimo anno accompagnati da un’installazione.

I “Portraits After Great Pain” nascono sotto il segno del Naufragio, metafora di frantumazione. Sono ritratti di uomini, donne e bambini smarriti nel tempo che tornano, nella labile traccia fotografica centenaria sopravvissuta fino ai giorni nostri, a bussare alla porta del presente portando in dono i segni di una trasformazione. Ciascuno dei protagonisti dei ritratti porta infatti su di sé la memoria di un urto antico. Gli elementi che ne trasfigurano corpi e volti sono la traccia ultima del ricordo della loro collisione, una ricerca tra le pagine scomposte di biografie immaginarie. Ciascuna biografia addensa un ricordo inesorabilmente sfigurato dal tempo e attualmente non intelleggibile.

I “Diari dal Dedalo” rappresentano una tappa all’interno di un lungo percorso parzialmente autobiografico che si dipana in modo labirintico e senza destinazione, attraverso la memoria stessa dell’autore. Le piccole wunderkammern apparecchiate in vecchie scatole di legno sono un tentativo di ricomporre frammenti e simboli disseminati lungo la linea d’ombra che separa la fanciullezza dall’età adulta.

All’ingresso della galleria, inoltre, lo spettatore è accolto da un’installazione. Dal soffitto dello spazio espositivo Zaelia Bishop sceglie di fa calare una serie di elementi sospesi per mezzo di fili sottili intrecciati, simili a capelli. Altri reperti ingemmano pavimento e pareti. Elementi naturali, vegetali o animali, armati di disidratata pericolosità, concrezioni fossilizzate di un tempo immemore, nodi di parole per carteggi afasici, argini in cui è stato lasciato scorrere il fiume della memoria fino a non trattenere più l’eco di un’acqua, memoria che si sclerotizza in un lacerto fotografico, in una congettura biografica, nello sbiadire di una passione, ansito di un futuro passato.

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto