BARI. “Il dibattito sul binomio economia-politica non può limitarsi alle sedi istituzionali”. Così il presidente dell’Associazione consiglieri regionali, Gino Ferlicchia, ha aperto il seminario “Dalla crisi economica-finaziaria alla crisi della politica”, nel Salone delle lauree della facoltà di Scienze Politiche ddell’Università di Bari. Il convegno, patrocinato dalla Regione Puglia, nasce infatti dall’esigenza di coinvolgere su tematiche attuali un ventaglio più ampio di protagonisti, sia del mondo politico che di quello universitario.
Ferlicchia, moderatore dell’incontro, ha da subito messo a fuoco la centralità del tema della rappresentanza, approfondito anche negli interventi successivi: “Il vero problema è la crisi politica, ovvero l’emarginazione dei cittadini dalla democrazia, a causa di una legge elettorale che ha vistosi limiti di legittimità . Il Parlamento italiano è stato davvero eletto dal popolo?”.
All’interrogativo provocatorio è seguito l’intervento di Ennio Triggiani, preside della Facoltà di Scienze Politiche, che ha privilegiato una lettura della crisi in chiave internazionale. “In presenza di una deregulation nei mercati e di un processo incompiuto di integrazione politica europea, è la stessa democrazia dei singoli Paesi ad essere a rischio - ha sintetizzato Triggiani - perché in un’economia senza leggi dello Stato vincono i più forti”.
L’importanza di recuperare la vera essenza della politica, ovvero il dialogo e il confronto nella civiltà . Questo è stato invece il punto di partenza della riflessione di Angelo Rossi, presidente dell’ Associazione pugliese ex parlamentari: “Occorrono riforme strutturali urgenti, largamente condivise, che intervengano soprattutto sui meccanismi della rappresentanza parlamentare, perché solo una buona politica può sciogliere la matassa della crisi economica”.
Duro l’intervento di Gaetano Piepoli, professore di Diritto Privato all’università di Bari, che ha ricollegato l’attuale default italiano all’incapacità del potere di farsi portavoce dell’interesse collettivo: “La crisi della politica è la crisi della decisione, della volontà di affrontare la complessità in chiave autocritica e sopportandone i costi”. Un prezzo che, ha ricordato Piepoli, deve essere pagato da tutti, al di là degli interessi singoli e dei calcoli elettorali.
Giuseppe Moggia, vice presidente dell’Aiccre (Associazione italiana comuni e regioni d’Europa) Puglia, ha proposto invece un rinnovamento in chiave europeista della politica e delle istituzioni dell’Italia, tradizionalmente provinciale ed euroscettica, sul doppio binario della legalità e di una crescita intelligente.
Giovanni Ancona, docente di Economia Politica presso l’università di Bari, ha preferito un’analisi da un punto di vista strettamente nazionale: “I problemi, per quanto condizionati da fuori, sono italiani. Ridurre qualche spesuccia o annullare il debito pubblico non servirà a niente nel lungo periodo. Promuovere la crescita è il vero motore dello sviluppo”.
La riflessione di Waldemaro Morgese, ex dirigente regionale, nasce invece da un quesito: capire se le Regioni, per aver un potere effettivo in una realtà completamente stravolta dalla deriva finanziaria del capitalismo, devono allargare le proprie basi strutturali. A livello nazionale la politica potrebbe, secondo Morgese, “puntare ad un welfarismo umanistico che non concepisca il capitale economico disgiunto da quello sociale”. Ed è proprio sull’analisi delle dinamiche di mercato che si è concentrato l’intervento di Silvio Suppa, docente universitario di Storia delle dottrine politiche: “Il lavoro è stato cancellato da questo Paese, ormai i soldi si fanno dai soldi e non dai beni, penalizzando fortemente il cuore della nostra economia, il made in Italy”. Ma oltre la speculazione finanziaria, il vero nodo, anche per Suppa, resta quello della rappresentanza politica: “La nostra maggioranza parlamentare si basa su una truffa alla democrazia perché l’attuale legge elettorale è illegittima”.
Ferlicchia, moderatore dell’incontro, ha da subito messo a fuoco la centralità del tema della rappresentanza, approfondito anche negli interventi successivi: “Il vero problema è la crisi politica, ovvero l’emarginazione dei cittadini dalla democrazia, a causa di una legge elettorale che ha vistosi limiti di legittimità . Il Parlamento italiano è stato davvero eletto dal popolo?”.
All’interrogativo provocatorio è seguito l’intervento di Ennio Triggiani, preside della Facoltà di Scienze Politiche, che ha privilegiato una lettura della crisi in chiave internazionale. “In presenza di una deregulation nei mercati e di un processo incompiuto di integrazione politica europea, è la stessa democrazia dei singoli Paesi ad essere a rischio - ha sintetizzato Triggiani - perché in un’economia senza leggi dello Stato vincono i più forti”.
L’importanza di recuperare la vera essenza della politica, ovvero il dialogo e il confronto nella civiltà . Questo è stato invece il punto di partenza della riflessione di Angelo Rossi, presidente dell’ Associazione pugliese ex parlamentari: “Occorrono riforme strutturali urgenti, largamente condivise, che intervengano soprattutto sui meccanismi della rappresentanza parlamentare, perché solo una buona politica può sciogliere la matassa della crisi economica”.
Duro l’intervento di Gaetano Piepoli, professore di Diritto Privato all’università di Bari, che ha ricollegato l’attuale default italiano all’incapacità del potere di farsi portavoce dell’interesse collettivo: “La crisi della politica è la crisi della decisione, della volontà di affrontare la complessità in chiave autocritica e sopportandone i costi”. Un prezzo che, ha ricordato Piepoli, deve essere pagato da tutti, al di là degli interessi singoli e dei calcoli elettorali.
Giuseppe Moggia, vice presidente dell’Aiccre (Associazione italiana comuni e regioni d’Europa) Puglia, ha proposto invece un rinnovamento in chiave europeista della politica e delle istituzioni dell’Italia, tradizionalmente provinciale ed euroscettica, sul doppio binario della legalità e di una crescita intelligente.
Giovanni Ancona, docente di Economia Politica presso l’università di Bari, ha preferito un’analisi da un punto di vista strettamente nazionale: “I problemi, per quanto condizionati da fuori, sono italiani. Ridurre qualche spesuccia o annullare il debito pubblico non servirà a niente nel lungo periodo. Promuovere la crescita è il vero motore dello sviluppo”.
La riflessione di Waldemaro Morgese, ex dirigente regionale, nasce invece da un quesito: capire se le Regioni, per aver un potere effettivo in una realtà completamente stravolta dalla deriva finanziaria del capitalismo, devono allargare le proprie basi strutturali. A livello nazionale la politica potrebbe, secondo Morgese, “puntare ad un welfarismo umanistico che non concepisca il capitale economico disgiunto da quello sociale”. Ed è proprio sull’analisi delle dinamiche di mercato che si è concentrato l’intervento di Silvio Suppa, docente universitario di Storia delle dottrine politiche: “Il lavoro è stato cancellato da questo Paese, ormai i soldi si fanno dai soldi e non dai beni, penalizzando fortemente il cuore della nostra economia, il made in Italy”. Ma oltre la speculazione finanziaria, il vero nodo, anche per Suppa, resta quello della rappresentanza politica: “La nostra maggioranza parlamentare si basa su una truffa alla democrazia perché l’attuale legge elettorale è illegittima”.