di Nicola Ricchitelli. All’incirca 150 goal distribuiti con le maglie di Lodigiani, Foggia, Salernitana, Udinese, Reggina, Palermo, Torino, West Ham e Lecce, senza dimenticare le sei presenze con la maglia azzurra divise tra Marcello Lippi e Roberto Donadoni. All’orizzonte c’è il match di “Marassi”, domenica, contro il Genoa, - valido per la sesta giornata del campionato di serie A – un match forse vitale per la panchina di Eusebio Di Francesco, ma soprattutto per un Lecce ancora fermo alla vittoria di Bologna ottenuta alla seconda giornata.
D: David, il primo scorcio di campionato per il Lecce si è concluso con tre punti in cinque partite. Come si esce da questa piccola crisi?
R:« Si esce come al solito, lavorando tanto durante la settimana, con particolare attenzione sugli errori fin qui commessi».
D: David, cosa ci puoi raccontare di mister Di Francesco? Quali le analogie e le differenze con mister De Canio?
R:«Penso che di differenze c’è ne siano davvero poche, in quanto sono due allenatori che amano giocare e far giocare le proprie squadre».
D:David, in vista della gara di “Marassi” contro il Genoa, che Lecce bisogna aspettarsi? Il solito Lecce spregiudicato o un Lecce più accorto?
R:« Vedremo il solito Lecce, dovremmo avere una maggiore concentrazione e molta più cattiveria, perché se andiamo a vedere in quasi tutte le partite noi siamo andati sotto di un goal dopo neanche dieci minuti e questo per una squadra che si deve salvare non va bene. È difficile andare sempre sotto e poi già partire con un handicap di un goal dopo cosi poco tempo, si crea nervosismo perché si vuole riprendere la partita, ci disuniamo e incappiamo in partite che non sono bellissime».
D: Tante le maglie indossate nel corso della tua carriera, da quella della Lodigiani a quella del Foggia, e quindi Salernitana, Udinese, West Ham, Palermo, Torino ed oggi Lecce. A quale sei maggiormente legato?
R:«Guarda, ti posso dire che sono legato a un po’ tutte le maglie che ho indossato, sia dal punto di vista professionale che umano. Sono stato molto bene a Palermo, a Torino, al West Ham, stessa cosa per Udine, dove siamo arrivati in Champions League, ho realizzato ben 15 goal, ho conquistato la maglia della nazionale, anche questi sono ricordi belli. Ovunque sono stato benissimo, ma qua a Lecce ho trovato una città che mi sta dando tantissimo, è questo a 354 anni non me lo aspettavo se devo dirti la verità. E quindi ringrazio veramente tutti quanti, perché essere come sono ora qui a Lecce non è da tutti, penso che questa è una cosa che fa veramente piacere. Ringrazio tutti di cuore, e tutte le persone che mi stimano, ed io devo essere bravo a contraccambiare in campo con le prestazioni e i goal, anche se quest’ultimi stanno venendo a mancare».
D: David, in particolare, hai citato due momenti significativi per la tua carriera, la nazionale e l’esperienza inglese. Con la maglia azzurra hai ottenuto la prima convocazione a 29 anni con Marcello Lippi, totalizzando complessivamente 6 presenze. In generale puoi ritenerti soddisfatto o avresti voluto qualcosa in più?
R:«Sicuramente mi sarebbe piaciuto far parte ancora del giro della nazionale, però sai, a volte incappi in una stagione sbagliata, un allenatore che non ti vede bene, e magari passi in secondo piano, e quindi perdi quell’occasione. A me è successo questo purtroppo, e quindi ho perso la nazionale, però è stata un esperienza bellissima perché non è da tutti, in quella nazionale cerano giocatori importantissimi, e averne fatto parte per me è stato un onore, e per me rimarrà la cosa più importante per la mia carriera».
D: Tra l’altro, con la maglia azzurra hai vissuto la serata dello “Stade de France” in quella oramai famosa Francia – Italia, subito dopo Berlino, dai francesi considerata la rivincita della finale del 2006. Come hai vissuto quella serata?
R:«Si, la partita della rivincita, da parte loro si. Ti dico che è stata una serata molto sentita da entrambi le parti, ma molto di più da parti dei francesi. Ci hanno fischiato per tutta la serata, dal primo momento che siamo arrivati con il pulman, e quindi un campo durante la partita. C’era molta stizza nei nostri confronti, perché avevamo vinto contro di loro a Berlino, e quindi diciamo che se la sono un pò “presa”, e di conseguenza c’è stata questa cosa qua. Però è stata una bella partita, è quella è stata alla cosa migliore».
D: David, per una stagione hai vestito la maglia inglese del West Ham. Cosa ci puoi raccontare dell’esperienze inglese?
R:«Ti posso dire che è stata un esperienza bellissima, e che avrei voluto continuare ancora per molto, ma purtroppo non è accaduto. Il calcio inglese non è come quello italiano. Lì la partita finisce la domenica, e quindi non se ne parla più fino alla prossima domenica. Invece qui in Italia si va sempre a cercare la polemica. Vivono il calcio in maniera sportiva, cosi come dovrebbe essere e quindi penso sia una cosa importantissima per tutti, perché alla fine non si alimentano inutili discorsi che portano ad innervosire presidenti, calciatori, tifosi, allenatori e che portano ad attaccare gli arbitri ecc. In Inghilterra si vince si perde, finisce tutto là, si va a casa con una vittoria e con una sconfitta con serenità, noi magari sotto questo punto di vista siamo un po’ indietro».
D: David, cosa ne pensi in merito alle ultime dichiarazioni di Ibrahimovic e Cassano circa questa sorta di “mal di calcio”? Per quanto ancora vedremo David Di Michele sui campi di calcio?
R:«Io ti posso dire che gli stimoli un giocatore li dovrebbe sempre avere, e quindi la grande passione per questo sport penso che sia la cosa più importante. Sentir certe esternazioni da Ibrahimovic ti lascia un po’ deluso specie se fatte da grandi. Se uno ma il calcio gioca fino a quando il fisico te lo permette. Ti dirò io ho 35 anni, e se il fisico me lo permette spero di giocare per almeno tre anni, o almeno fin quando il fisico me lo permetterà. Quando poi mi renderò conto che non c’è la farò più, lì lascerò. Non sarebbe giusto continuare e non sarebbe giusto nei confronti della società, dei tifosi e dei tanti giovani che stanno emergendo e che meritano il giusto spazio».
D: David, il primo scorcio di campionato per il Lecce si è concluso con tre punti in cinque partite. Come si esce da questa piccola crisi?
R:« Si esce come al solito, lavorando tanto durante la settimana, con particolare attenzione sugli errori fin qui commessi».
D: David, cosa ci puoi raccontare di mister Di Francesco? Quali le analogie e le differenze con mister De Canio?
R:«Penso che di differenze c’è ne siano davvero poche, in quanto sono due allenatori che amano giocare e far giocare le proprie squadre».
D:David, in vista della gara di “Marassi” contro il Genoa, che Lecce bisogna aspettarsi? Il solito Lecce spregiudicato o un Lecce più accorto?
R:« Vedremo il solito Lecce, dovremmo avere una maggiore concentrazione e molta più cattiveria, perché se andiamo a vedere in quasi tutte le partite noi siamo andati sotto di un goal dopo neanche dieci minuti e questo per una squadra che si deve salvare non va bene. È difficile andare sempre sotto e poi già partire con un handicap di un goal dopo cosi poco tempo, si crea nervosismo perché si vuole riprendere la partita, ci disuniamo e incappiamo in partite che non sono bellissime».
D: Tante le maglie indossate nel corso della tua carriera, da quella della Lodigiani a quella del Foggia, e quindi Salernitana, Udinese, West Ham, Palermo, Torino ed oggi Lecce. A quale sei maggiormente legato?
R:«Guarda, ti posso dire che sono legato a un po’ tutte le maglie che ho indossato, sia dal punto di vista professionale che umano. Sono stato molto bene a Palermo, a Torino, al West Ham, stessa cosa per Udine, dove siamo arrivati in Champions League, ho realizzato ben 15 goal, ho conquistato la maglia della nazionale, anche questi sono ricordi belli. Ovunque sono stato benissimo, ma qua a Lecce ho trovato una città che mi sta dando tantissimo, è questo a 354 anni non me lo aspettavo se devo dirti la verità. E quindi ringrazio veramente tutti quanti, perché essere come sono ora qui a Lecce non è da tutti, penso che questa è una cosa che fa veramente piacere. Ringrazio tutti di cuore, e tutte le persone che mi stimano, ed io devo essere bravo a contraccambiare in campo con le prestazioni e i goal, anche se quest’ultimi stanno venendo a mancare».
D: David, in particolare, hai citato due momenti significativi per la tua carriera, la nazionale e l’esperienza inglese. Con la maglia azzurra hai ottenuto la prima convocazione a 29 anni con Marcello Lippi, totalizzando complessivamente 6 presenze. In generale puoi ritenerti soddisfatto o avresti voluto qualcosa in più?
R:«Sicuramente mi sarebbe piaciuto far parte ancora del giro della nazionale, però sai, a volte incappi in una stagione sbagliata, un allenatore che non ti vede bene, e magari passi in secondo piano, e quindi perdi quell’occasione. A me è successo questo purtroppo, e quindi ho perso la nazionale, però è stata un esperienza bellissima perché non è da tutti, in quella nazionale cerano giocatori importantissimi, e averne fatto parte per me è stato un onore, e per me rimarrà la cosa più importante per la mia carriera».
D: Tra l’altro, con la maglia azzurra hai vissuto la serata dello “Stade de France” in quella oramai famosa Francia – Italia, subito dopo Berlino, dai francesi considerata la rivincita della finale del 2006. Come hai vissuto quella serata?
R:«Si, la partita della rivincita, da parte loro si. Ti dico che è stata una serata molto sentita da entrambi le parti, ma molto di più da parti dei francesi. Ci hanno fischiato per tutta la serata, dal primo momento che siamo arrivati con il pulman, e quindi un campo durante la partita. C’era molta stizza nei nostri confronti, perché avevamo vinto contro di loro a Berlino, e quindi diciamo che se la sono un pò “presa”, e di conseguenza c’è stata questa cosa qua. Però è stata una bella partita, è quella è stata alla cosa migliore».
D: David, per una stagione hai vestito la maglia inglese del West Ham. Cosa ci puoi raccontare dell’esperienze inglese?
R:«Ti posso dire che è stata un esperienza bellissima, e che avrei voluto continuare ancora per molto, ma purtroppo non è accaduto. Il calcio inglese non è come quello italiano. Lì la partita finisce la domenica, e quindi non se ne parla più fino alla prossima domenica. Invece qui in Italia si va sempre a cercare la polemica. Vivono il calcio in maniera sportiva, cosi come dovrebbe essere e quindi penso sia una cosa importantissima per tutti, perché alla fine non si alimentano inutili discorsi che portano ad innervosire presidenti, calciatori, tifosi, allenatori e che portano ad attaccare gli arbitri ecc. In Inghilterra si vince si perde, finisce tutto là, si va a casa con una vittoria e con una sconfitta con serenità, noi magari sotto questo punto di vista siamo un po’ indietro».
D: David, cosa ne pensi in merito alle ultime dichiarazioni di Ibrahimovic e Cassano circa questa sorta di “mal di calcio”? Per quanto ancora vedremo David Di Michele sui campi di calcio?
R:«Io ti posso dire che gli stimoli un giocatore li dovrebbe sempre avere, e quindi la grande passione per questo sport penso che sia la cosa più importante. Sentir certe esternazioni da Ibrahimovic ti lascia un po’ deluso specie se fatte da grandi. Se uno ma il calcio gioca fino a quando il fisico te lo permette. Ti dirò io ho 35 anni, e se il fisico me lo permette spero di giocare per almeno tre anni, o almeno fin quando il fisico me lo permetterà. Quando poi mi renderò conto che non c’è la farò più, lì lascerò. Non sarebbe giusto continuare e non sarebbe giusto nei confronti della società, dei tifosi e dei tanti giovani che stanno emergendo e che meritano il giusto spazio».