ROMA. Giornata di polemiche ieri sul piu' volte annunciato e poi rinviato decreto sviluppo. In serata, del problema e' tornato a discutere un vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli. Presenti il premier Silvio Berlusconi, il ministro per lo Sviluppo Economico Paolo Romani, il segretario del Pdl Angelino Alfano, il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, quello per i Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto, il sottosegretario all'Economia Luigi Casero. Assente invece il ministro dell'Economia Giulio Tremonti.
Secondo le indiscrezioni, scartando ancora una volta l'ipotesi di un condono fiscale, si sarebbe vagliata la possibilita' di un concordato fiscale per risolvere in tempi brevi i contenziosi in corso. Secondo i primi calcoli, il provvedimento sarebbe in grado di portare nelle casse dello Stato circa 5 miliardi di euro. Si tratterebbe di una somma ritenuta utile per finanziare il decreto sviluppo. Si e' discusso anche di possibili defiscalizzazioni.
Tra le scelte in campo anche quella di un accordo con la Svizzera per tassare i patrimoni italiani presenti nelle banche di quel paese sulla scia di quanto gia' sperimentato da Germania e Gran Bretagna. Si e' tornati a discutere pure di una prima dismissione del patrimonio pubblico.
La riunione di ieri sera e' stata tuttavia aggiornata senza che siano state prese decisioni definitive anche perche' era assente Tremonti, che continua a chiedere che i provvedimenti per lo sviluppo siano a costo zero mentre Berlusconi e altri ministri prefererirebbero un reperimento di finanziamenti per sostenere il decreto sviluppo da licenziare entro la fine di ottobre.
Sul dibattito in corso nel governo ha fatto riferimento Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro, intervenendo nella trasmissione ''Ballaro''' su Raitre: ''Non c'e' nessun condono fiscale, ne' diretto ne' indiretto, ne' velato. Non so se ci saranno misure per accelerare la soluzione del contenzioso fiscale''.
Conclude Sacconi, ricordando le difficolta' della situazione economica internazionale: ''Tutti i ministri stanno lavorando al provvedimento, anche Tremonti. Il decreto non e' pero' destinato a produrre crescita, perche' la crescita non si fa per decreto''. La cabina di regia dei provvedimenti a favore dello sviluppo e' pero' passata a Paolo Romani, ministro dello Sviluppo economico, confermando i dissensi tra Berlusconi e Tremonti. Il che complica il varo del decreto.
Le polemiche si sono riaccese dopo una dichiarazione di Berlusconi rilasciata alla Camera che annunciava un ennesimo rinvio del varo del decreto sviluppo: ''Stiamo riflettendo, soldi non ce ne sono. Stiamo cercando di inventarci cose, speriamo di riuscirci. Niente fretta, il decreto deve essere convincente''.
I provvedimenti attesi per la meta' di ottobre erano stati rinviati a questa settimana. Ma il premier ha tenuto a spiegare: ''Il provvedimento sara' varato quando il testo sara' convincente, non c'e' nessuna fretta. Una settimana non cambia nulla. Conto sul varo del decreto appena sara' convincente, e cioe' quando ci sara' un provvedimento che sia di stimolo a sviluppo e crescita''.
Il nuovo rinvio non piace a opposizione e imprese. ''La situazione e' sempre piu' difficile, la fiducia nel nostro paese sta velocemente diminuendo malgrado gli innegabili punti di forza dell'Italia. L'Italia ha mezzi e risorse per risalire la china, ma il tempo e' scaduto'', si legge in una lettera a Berlusconi inviata da Ania, Abi, Alleanza Cooperative, Confindustria e Rete imprese Italia, firmatarie del manifesto di Confindustria.
Le imprese sottolineano il fatto che ''il ritardo che stiamo accumulando sul fronte del rilancio della crescita sta costando moltissimo'', da qui la sottolineatura che ''e' di fondamentale importanza che il decreto sviluppo contenga misure strutturali, concrete e credibili''.
Secondo le indiscrezioni, scartando ancora una volta l'ipotesi di un condono fiscale, si sarebbe vagliata la possibilita' di un concordato fiscale per risolvere in tempi brevi i contenziosi in corso. Secondo i primi calcoli, il provvedimento sarebbe in grado di portare nelle casse dello Stato circa 5 miliardi di euro. Si tratterebbe di una somma ritenuta utile per finanziare il decreto sviluppo. Si e' discusso anche di possibili defiscalizzazioni.
Tra le scelte in campo anche quella di un accordo con la Svizzera per tassare i patrimoni italiani presenti nelle banche di quel paese sulla scia di quanto gia' sperimentato da Germania e Gran Bretagna. Si e' tornati a discutere pure di una prima dismissione del patrimonio pubblico.
La riunione di ieri sera e' stata tuttavia aggiornata senza che siano state prese decisioni definitive anche perche' era assente Tremonti, che continua a chiedere che i provvedimenti per lo sviluppo siano a costo zero mentre Berlusconi e altri ministri prefererirebbero un reperimento di finanziamenti per sostenere il decreto sviluppo da licenziare entro la fine di ottobre.
Sul dibattito in corso nel governo ha fatto riferimento Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro, intervenendo nella trasmissione ''Ballaro''' su Raitre: ''Non c'e' nessun condono fiscale, ne' diretto ne' indiretto, ne' velato. Non so se ci saranno misure per accelerare la soluzione del contenzioso fiscale''.
Conclude Sacconi, ricordando le difficolta' della situazione economica internazionale: ''Tutti i ministri stanno lavorando al provvedimento, anche Tremonti. Il decreto non e' pero' destinato a produrre crescita, perche' la crescita non si fa per decreto''. La cabina di regia dei provvedimenti a favore dello sviluppo e' pero' passata a Paolo Romani, ministro dello Sviluppo economico, confermando i dissensi tra Berlusconi e Tremonti. Il che complica il varo del decreto.
Le polemiche si sono riaccese dopo una dichiarazione di Berlusconi rilasciata alla Camera che annunciava un ennesimo rinvio del varo del decreto sviluppo: ''Stiamo riflettendo, soldi non ce ne sono. Stiamo cercando di inventarci cose, speriamo di riuscirci. Niente fretta, il decreto deve essere convincente''.
I provvedimenti attesi per la meta' di ottobre erano stati rinviati a questa settimana. Ma il premier ha tenuto a spiegare: ''Il provvedimento sara' varato quando il testo sara' convincente, non c'e' nessuna fretta. Una settimana non cambia nulla. Conto sul varo del decreto appena sara' convincente, e cioe' quando ci sara' un provvedimento che sia di stimolo a sviluppo e crescita''.
Il nuovo rinvio non piace a opposizione e imprese. ''La situazione e' sempre piu' difficile, la fiducia nel nostro paese sta velocemente diminuendo malgrado gli innegabili punti di forza dell'Italia. L'Italia ha mezzi e risorse per risalire la china, ma il tempo e' scaduto'', si legge in una lettera a Berlusconi inviata da Ania, Abi, Alleanza Cooperative, Confindustria e Rete imprese Italia, firmatarie del manifesto di Confindustria.
Le imprese sottolineano il fatto che ''il ritardo che stiamo accumulando sul fronte del rilancio della crescita sta costando moltissimo'', da qui la sottolineatura che ''e' di fondamentale importanza che il decreto sviluppo contenga misure strutturali, concrete e credibili''.
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