di Nicola Zuccaro. Scorrono ancora e inesorabilmente sulla rete e in tutte le Tv le immagini della cattura e del cadavere di Muamar Gheddafi. Sconsigliate sul piano umano, ma consigliate su quello storico, perchè riportano la storia indietro al 1945. Correva il 29 Aprile quando in Piazzale Loreto a Milano fu appeso a testa in giù il cadavere di Benito Mussolini accompagnato anche in questo tragico epilogo della sua parabola discendente dalla compagna di vita Claretta Petacci. A tutt'oggi, nei documentari storici oltre a quella sopra richiamata vengono riproposte le immagini o foto del Duce steso sulla lastra di marmo dell'obitorio per la rituale autopsia. Mussolini sta a Gheddafi come il Duce sta al Colonnello. Questa è l'equazione che riprone la drammatica riprosizione dei corsi e ricorsi storici di vichiana memoria. Un altro dato, non di natura cronachistica ma di natura aritmetica, vede i due distanti di circa 20 anni per il numero lungo il quale sono stati al potere. Mussolini per 21 (1922-1943) e Gheddafi per 42 (1969-2011). Entrambe passerrano paradossalmente alla storia come vittime: non solo per la truce morte ma anche per non essere state sottoposte al giudizio di un Tribunale Internazionale per i presunti crimini di guerra. L'apertura di un'inchiesta promossa dall'Onu conferma che c'era questa volontà da parte del consesso mondiale. Catturare Gheddafi vivo, se pur gravemente ferito, avrebbe fatto comodo ad alcuni (Francia e Inghilterra in primis) e si sarebbe potuto rivelare ancor più utile al Consiglio transitorio e di Liberazione Nazionale al quale spetta l'arduo compito di traghettare la Libia verso un futuro più chiaro e sereno.
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