Governo: Berlusconi chiederà il voto di fiducia

ROMA. L'annuncio lo ha dato ieri sera il sottosegretario Paolo Bonaiuti, al termine di un vertice del centrodestra a Palazzo Grazioli. A fronte di interpretazioni del tutto erronee e forzate delle opposizioni sulle implicazioni del voto negativo all'articolo 1 della legge sul rendiconto - ha spiegato - governo e maggioranza ritengono necessario richiedere la fiducia al Parlamento. Cio' avverra' sulla base delle comunicazioni programmatiche che il presidente del Consiglio intende rendere in Aula. Resta da decidere se Silvio Berlusconi terra' il suo discorso oggi pomeriggio o domani.

Il governo e' tuttavia a un passo dalla crisi, dopo che ieri la Camera ha respinto l'articolo 1 del disegno di legge sul rendiconto generale dello Stato 2010 con 290 voti contro 290 (la maggioranza richiesta era di 291). Giancarlo Giorgetti, presidente della commissione Bilancio, ha immediatamente chiesto la sospensione della seduta per valutare la situazione. L'affanno della maggioranza si era gia' palesato sul voto relativo all'aggiornamento del Documento economico e finnziario (il si' era prevalso per soli due voti).

Mentre le opposizioni sono unite nel chiedere le dimissioni del governo, spetta alla Giunta per il regolamento della Camera che si riunisce questa mattina alle 10 decidere come si dovra' procedere nei lavori di Montecitorio.

Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc ed ex presidente della Camera, ha espresso l'opinione che il voto di ieri ha un rilievo costituzionale perche' l'articolo 81 della Costituzione stabilisce l'approvazione del rendiconto, oltre che del bilancio dello Stato. Casini ha anche ricordato l'unico precedente del 1988, quando il premier Giovanni Goria si dimise dopo la bocciatura del bilancio da parte della Camera. La maggioranza parla invece di ''incidente tecnico'' dovuto alle casuali assenze sugli scranni della maggioranza e ridimensiona le ripercussioni politiche di quanto e' accaduto ieri a Montecitorio.

Secondo Berlusconi, che era presente in Aula al momento del voto, una crisi di governo in questo momento sarebbe una decisione irresponsabile vista la crisi economica internazionale mentre non ci sono alternative all'attuale maggioranza che sapra' ritrovare l'unita' nel voto di fiducia.

Per trovare una soluzione tecnica all'impasse creatosi con il voto di ieri si sono messi immediatamente al lavoro i consulenti giuridici della Camera in contatto con quelli della presidenza del Consiglio e del Quirinale. Le ipotesi in campo sono due: il prevalere dell'interpretazione che l'articolo 1 del rendiconto avesse solo un carattere riepilogativo e che quindi la sua bocciatura non preclude l'esame dell'intero documento o, in alternativa, la presentazione da parte del governo di un nuovo rendiconto che dovrebbe essere approvato dal Consiglio dei ministri e poi ripresentato in Parlamento.

Nella seconda eventualita', la discussione ricomincerebbe daccapo, se il governo ottenesse il voto di fiducia sulle comunicazioni del presidente del Consiglio. Berlusconi, se questo percorso fosse percorribile, dovrebbe concordarne le procedute con il presidente della Repubblica.

Nella Giunta per il regolamento, dove l'opposizione puo' contare sulla maggioranza dei suoi componenti, potrebbe pero' prevalere la tesi dell'impossibilita' di approvare l'assestamento del bilancio. In questo caso, le dimissioni del governo sarebbero inevitabili come prospettato da Casini.

Al di la' delle valutazioni tecniche, resta il dato politico della vulnerabilita' del governo. Se Umberto Bossi non e' riuscito a votare per una manciata di secondi, se Giulio Tremonti non ha esercitato il suo voto e Roberto Maroni era assente giustificato, non e' la prima volta che il governo e' battuto nel voto in Aula su singoli provvedimenti per vistose assenze dei deputati del centrodestra.

Berlusconi, prima di fare la sua apparizione alla Camera, era inoltre a colloquio con Claudio Scajola, il leader dei frondisti del Pdl, che insieme al senatore Beppe Pisanu chiede un allargamento della maggioranza in direzione dell'Udc e un passo indietro del premier. Quest'ultima era la richiesta gia' avanzata da Gianfranco Fini e da Fli nel dicembre 2010. Il governo si mostra stabile solo quando il Parlamento e' chiamato al voto di fiducia. L'onorevole Domenico Scilipoti e' diventato il simbolo del gruppo dei ''responsabili'' - ieri assenti quasi tutti al momento del voto alla Camera - che assicurano la maggioranza all'esecutivo. L'analogia potrebbe essere fatta con i senatori Franco Turigliatto (Rifondazione) e Ferdinando Rossi (Comunisti italiani) che contribuirono a determinare la crisi del secondo governo Prodi nel 2008 che si reggeva sul loro voto a Palazzo Madama.

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