di Nicola Ricchitelli. «Stare sul ring è la sensazione che ogni uomo dovrebbe provare»: esordisce così Nino Benvenuti, lui che il mondo lo tenne davvero in un pugno.
Se non fosse stato un pugile forse sarebbe diventato un avvocato, chi lo sa, quel che si sa invece, è che l’istriano da quel primo incontro dimostrativo in piazza nella sua città a tredici anni ha scritto la storia del pugilato italiano e mondiale. La profonda amicizia che lo lega con Emile Griffith e Carlos Monzòn – suoi storici avversari – passando per la drammatica notte del 17 Marzo del 1962, quando un montante al petto di Gianni Lommi, suo avversario di quella serata, gli stava costando la vita. I ricordi non esulano le Olimpiadi di Roma nel 1960: "E' stata la mia più bella vittoria, una vittoria che ti rende campione per tutta la vita".
D: Un saluto da Giornale di Puglia al più grande campione di pugilato di tutti i tempi Nino Benvenuti. Signor Benvenuti, cosa significa stare su un ring?
R:«Contraccambio i saluti ai componenti di Giornale di Puglia e rispondo alla vostra domanda dicendovi che stare sul ring è la sensazione che ogni uomo dovrebbe provare».
D: Signor Benvenuti, se non fosse stato un pugile cosa sarebbe diventato?
R:«Ho provato a diversificare il mio tempo, ma non ci sono riuscito. Il mio destino di pugile era già scritto. I miei studi erano ad indirizzo classico, avrei potuto fare l’avvocato».
D: «Non puoi non diventare amico di un pugile con cui hai diviso la bellezza di 45 round! »: ed allora signor Benvenuti come spiega la profonda amicizia con Emile Griffith e Carlos Monzòn suoi storici avversari?
R:«E' strano chiedermi come si può diventare amico di un atleta con cui hai combattuto 45 round. È successo a volte che dopo uno scambio di pugni per strada con un altro, i due diventino amici per sempre. È proprio quello il modo migliore per risolvere antipatie, gelosie, risentimenti e stati d’animo repressi. Per prima cosa, dopo una onesta scazzottata, si finisce al bar o in osteria a farsi una bella bevuta, avendo trovato reciprocamente un amico. Spero sia ancora così come ai miei tempi di oltre mezzo secolo fa».
D: Signor Benvenuti, che ricordi ha della sua prima volta su un ring e della sua prima vittoria?
R:«La prima volta che sono salito su un ring, era nel mio paese, Isola d’Istria, avevo 13 anni, dinnanzi ad una piazza gremita di gente, e il mio avversario era un compagno di palestra, Gigi Viezzoli di 16 anni, che voleva dimostrare al pubblico amico, che ci conosceva entrambi, che era lui e non io la speranza del pugilato, visto che dicevano questo di me. Fu l’arbitro dopo tre riprese da due minuti a venire verso di me ad alzarmi il braccio in segno di vittoria. Non avrebbe dovuto farlo, il confronto era dimostrativo, ma era tale l’entusiasmo della folla ed il suo, per quello che avevo fatto, che non potè farne a meno. Ricordo che mi sollevarono sulle spalle e mi fecero fare il giro della piazza».
D: Signor Benvenuti, il suo sogno sin da piccolo è stata la medaglia olimpica, che arrivò nel 1960 con tanto di dedica di Jesse Owens, coadiuvata dalla prestigiosa Coppa Val Barker – riconosciuta all’atleta più valide tecnicamente – signor Benvenuti cosa rappresenta l’olimpiade di Roma per la sua carriera?
R:«Il mio sogno era di riuscire a partecipare alle olimpiadi. Fui ripagato a “peso d’oro”, andai ben oltre il mio desiderio di ragazzo. Partecipai alle olimpiadi di Roma, le vinsi, fui premiato come il migliore pugile con la coppa Val Barker, conobbi Jesse Owens, sono sempre stato un appassionato dell’atletica leggera. Confermo che quella è stata la mia più bella vittoria, una vittoria che ti rende campione per tutta la vita».
D: Signor Benvenuti, nella sua lunga carriera una sola volta è finito KO. Quante volte la vita invece l’ha messa a KO?
D:«Nella vita ho subito qualche KD. mai KO, ma mi sono sempre rialzato ed ho vinto io. Il mio unico KO del ring è stato contro un grande campione, l’amico Carlos (Carlos Monzòn). Purtroppo la vita non è stata generosa con lui ed io ne ho sofferto molto. Se gli fossi stato più vicino forse avrei potuto aiutarlo».
D: Signor Benvenuti, Emile Griffith, Carlos Monzòn, Sandro Mazzinghi, Marcel Cerdàn, Gaspar Ortega, Teddy Wright e Denny Moyer, Ki-Soo Kim ecc, e tanti ancora. Quale l’avversario che più di tutti è stato difficile da affrontare?
R:«Ho incontrato molti campioni, veri, e del mondo, e di tutti i miei avversari serbo un ricordo profondo».
D: Signor Benvenuti, dovesse scegliere un incontro tra i 90 disputati, quale quello che più di tutti occupa un posto particolare nella sua memoria?
R:«Il match che mi ha lasciato un ricordo indimenticabile e terribile fu quello con Gianni Lommi, a Milano il 17 Marzo del 1962. Erano ancora i primi incontri della carriera, la cose andavano bene, l’avversario era alla mia portata. Successe però che per un attimo temetti per la vita del mio avversario. Finì a terra al V round, dopo un mio montante destro al petto. L’avevo colpito all’altezza del cuore e dopo dieci secondi del conteggio, Gianni, non dava segni di ripresa. Capì subito la gravità della situazione, corsi verso di lui e gli tolsi il paradenti, per permettergli di respirare meglio. Era salito il medico e si comprese subito che la cosa era grave, lo si capiva dall’immobilità di Gianni e dall’espressione preoccupata del medico. Si era fermato il battito cardiaco. Ero vicinissimo al medico e percepì la gravità del momento. In quel momento pensai che la mia carriera di pugile sarebbe finita lì. Passarono per la mente i pensieri più tenebrosi. Quello fu il momento più doloroso della mia vita di pugile. Fortunatamente si risolse tutto per il meglio. La “scorza” dura di Gianni aveva avuto la meglio. Fu trasportato all’ospedale dove ebbe le cure necessarie. Tutto si risolse per il meglio, ma anche per me che ho potuto proseguire la mia carriera e vivere la mia vita senza alcun rimorso. A volte trovandomi sotto mano il telefono lo chiamo. La sorpresa di colui che mi fu avversario circa mezzo secolo fa è l’emozione che vi è nelle parole. Sono per me un bellissimo premio. Sono queste le cose che contano! Lasciare intatto nella memoria il ricordo di tanti anni fa, di qualcuno che hai piacere di sentire e che mai avrebbe pensato che in quel momento ti ricordassi di lui».
D: Signor Benvenuti, durante gli anni '60 non è mancata anche l’esperienza politica abbandonandola successivamente per le contestazioni che avvenivano durante i suoi incontri, hai mai pensato di riprendere la militanza politica? È ancor un uomo di destra? Come giudica lo stato della politica italiana oggi?
R:«Per un momento, negli anni '60, ho fatto conoscere le mie idee politiche, di istriano esule dalla sua terra. Il campione deve fare una cosa per volta, i sostenitori dello sportivo non possono distinguere le due cose ed io l’ho fatto».
Signor Benvenuti, una sua biografia reca il titolo “Il Mondo in un pugno”. Cosa ha raccontato in questo libro del mondo aldilà dell’Italia?
R:«Il pugilato è lo sport più bello del mondo. Nella mia biografia “il mondo in un pugno” parlo dell’uomo e dello sportivo assieme a tante altre cose».
Se non fosse stato un pugile forse sarebbe diventato un avvocato, chi lo sa, quel che si sa invece, è che l’istriano da quel primo incontro dimostrativo in piazza nella sua città a tredici anni ha scritto la storia del pugilato italiano e mondiale. La profonda amicizia che lo lega con Emile Griffith e Carlos Monzòn – suoi storici avversari – passando per la drammatica notte del 17 Marzo del 1962, quando un montante al petto di Gianni Lommi, suo avversario di quella serata, gli stava costando la vita. I ricordi non esulano le Olimpiadi di Roma nel 1960: "E' stata la mia più bella vittoria, una vittoria che ti rende campione per tutta la vita".
D: Un saluto da Giornale di Puglia al più grande campione di pugilato di tutti i tempi Nino Benvenuti. Signor Benvenuti, cosa significa stare su un ring?
R:«Contraccambio i saluti ai componenti di Giornale di Puglia e rispondo alla vostra domanda dicendovi che stare sul ring è la sensazione che ogni uomo dovrebbe provare».
D: Signor Benvenuti, se non fosse stato un pugile cosa sarebbe diventato?
R:«Ho provato a diversificare il mio tempo, ma non ci sono riuscito. Il mio destino di pugile era già scritto. I miei studi erano ad indirizzo classico, avrei potuto fare l’avvocato».
D: «Non puoi non diventare amico di un pugile con cui hai diviso la bellezza di 45 round! »: ed allora signor Benvenuti come spiega la profonda amicizia con Emile Griffith e Carlos Monzòn suoi storici avversari?
R:«E' strano chiedermi come si può diventare amico di un atleta con cui hai combattuto 45 round. È successo a volte che dopo uno scambio di pugni per strada con un altro, i due diventino amici per sempre. È proprio quello il modo migliore per risolvere antipatie, gelosie, risentimenti e stati d’animo repressi. Per prima cosa, dopo una onesta scazzottata, si finisce al bar o in osteria a farsi una bella bevuta, avendo trovato reciprocamente un amico. Spero sia ancora così come ai miei tempi di oltre mezzo secolo fa».
D: Signor Benvenuti, che ricordi ha della sua prima volta su un ring e della sua prima vittoria?
R:«La prima volta che sono salito su un ring, era nel mio paese, Isola d’Istria, avevo 13 anni, dinnanzi ad una piazza gremita di gente, e il mio avversario era un compagno di palestra, Gigi Viezzoli di 16 anni, che voleva dimostrare al pubblico amico, che ci conosceva entrambi, che era lui e non io la speranza del pugilato, visto che dicevano questo di me. Fu l’arbitro dopo tre riprese da due minuti a venire verso di me ad alzarmi il braccio in segno di vittoria. Non avrebbe dovuto farlo, il confronto era dimostrativo, ma era tale l’entusiasmo della folla ed il suo, per quello che avevo fatto, che non potè farne a meno. Ricordo che mi sollevarono sulle spalle e mi fecero fare il giro della piazza».
D: Signor Benvenuti, il suo sogno sin da piccolo è stata la medaglia olimpica, che arrivò nel 1960 con tanto di dedica di Jesse Owens, coadiuvata dalla prestigiosa Coppa Val Barker – riconosciuta all’atleta più valide tecnicamente – signor Benvenuti cosa rappresenta l’olimpiade di Roma per la sua carriera?
R:«Il mio sogno era di riuscire a partecipare alle olimpiadi. Fui ripagato a “peso d’oro”, andai ben oltre il mio desiderio di ragazzo. Partecipai alle olimpiadi di Roma, le vinsi, fui premiato come il migliore pugile con la coppa Val Barker, conobbi Jesse Owens, sono sempre stato un appassionato dell’atletica leggera. Confermo che quella è stata la mia più bella vittoria, una vittoria che ti rende campione per tutta la vita».
D: Signor Benvenuti, nella sua lunga carriera una sola volta è finito KO. Quante volte la vita invece l’ha messa a KO?
D:«Nella vita ho subito qualche KD. mai KO, ma mi sono sempre rialzato ed ho vinto io. Il mio unico KO del ring è stato contro un grande campione, l’amico Carlos (Carlos Monzòn). Purtroppo la vita non è stata generosa con lui ed io ne ho sofferto molto. Se gli fossi stato più vicino forse avrei potuto aiutarlo».
D: Signor Benvenuti, Emile Griffith, Carlos Monzòn, Sandro Mazzinghi, Marcel Cerdàn, Gaspar Ortega, Teddy Wright e Denny Moyer, Ki-Soo Kim ecc, e tanti ancora. Quale l’avversario che più di tutti è stato difficile da affrontare?
R:«Ho incontrato molti campioni, veri, e del mondo, e di tutti i miei avversari serbo un ricordo profondo».
D: Signor Benvenuti, dovesse scegliere un incontro tra i 90 disputati, quale quello che più di tutti occupa un posto particolare nella sua memoria?
R:«Il match che mi ha lasciato un ricordo indimenticabile e terribile fu quello con Gianni Lommi, a Milano il 17 Marzo del 1962. Erano ancora i primi incontri della carriera, la cose andavano bene, l’avversario era alla mia portata. Successe però che per un attimo temetti per la vita del mio avversario. Finì a terra al V round, dopo un mio montante destro al petto. L’avevo colpito all’altezza del cuore e dopo dieci secondi del conteggio, Gianni, non dava segni di ripresa. Capì subito la gravità della situazione, corsi verso di lui e gli tolsi il paradenti, per permettergli di respirare meglio. Era salito il medico e si comprese subito che la cosa era grave, lo si capiva dall’immobilità di Gianni e dall’espressione preoccupata del medico. Si era fermato il battito cardiaco. Ero vicinissimo al medico e percepì la gravità del momento. In quel momento pensai che la mia carriera di pugile sarebbe finita lì. Passarono per la mente i pensieri più tenebrosi. Quello fu il momento più doloroso della mia vita di pugile. Fortunatamente si risolse tutto per il meglio. La “scorza” dura di Gianni aveva avuto la meglio. Fu trasportato all’ospedale dove ebbe le cure necessarie. Tutto si risolse per il meglio, ma anche per me che ho potuto proseguire la mia carriera e vivere la mia vita senza alcun rimorso. A volte trovandomi sotto mano il telefono lo chiamo. La sorpresa di colui che mi fu avversario circa mezzo secolo fa è l’emozione che vi è nelle parole. Sono per me un bellissimo premio. Sono queste le cose che contano! Lasciare intatto nella memoria il ricordo di tanti anni fa, di qualcuno che hai piacere di sentire e che mai avrebbe pensato che in quel momento ti ricordassi di lui».
D: Signor Benvenuti, durante gli anni '60 non è mancata anche l’esperienza politica abbandonandola successivamente per le contestazioni che avvenivano durante i suoi incontri, hai mai pensato di riprendere la militanza politica? È ancor un uomo di destra? Come giudica lo stato della politica italiana oggi?
R:«Per un momento, negli anni '60, ho fatto conoscere le mie idee politiche, di istriano esule dalla sua terra. Il campione deve fare una cosa per volta, i sostenitori dello sportivo non possono distinguere le due cose ed io l’ho fatto».
Signor Benvenuti, una sua biografia reca il titolo “Il Mondo in un pugno”. Cosa ha raccontato in questo libro del mondo aldilà dell’Italia?
R:«Il pugilato è lo sport più bello del mondo. Nella mia biografia “il mondo in un pugno” parlo dell’uomo e dello sportivo assieme a tante altre cose».