BARI. “Il raddoppio del Sinni risponde ad una mera esigenza idraulica, perché motivato dalla necessità di disporre di vettori alternativi, così da non rischiare mai l'interruzione del trasferimento idrico, qualora l'unica condotta dovesse avere l'esigenza di subire lavori di manutenzione non realizzabili in concomitanza con l'esercizio”. L’assessore alle risorse idriche, Fabiano Amati, ripete quello che ha già sottolineato in altra sede, al consigliere Domi Lanzilotta, nel corso della seduta della quinta Commissione convocata dal presidente Donato Pentassuglia su richiesta proprio dello stesso esponente del Pdl.
“Desidero dissipare – ha spiegato Amati - tutti i dubbi circa il finanziamento per il raddoppio della condotta del Sinni, che rifornisce la Puglia dell'acqua che sorge e/o scorre in territorio lucano, e alle relative richieste di revisione del regime tariffario”.
Andiamo per ordine.
I motivi della revisione dei piani tariffari riguardano la circostanza che gli agricoltori tarantini pagano di più l’acqua per uso agricolo rispetto agli agricoltori di altre province e ciò è dovuto alla cosiddetta “componente ambientale”. Infatti nello stesso territorio una gran quantità di metri cubi di acqua proveniente dallo stesso invaso del Sinni viene utilizzata dal gruppo Ilva. La Regione ha avviato un lungo contenzioso col gruppo Ilva perché non utilizzi l’acqua destinata ad uso agricolo-potabile, ma quella proveniente dall’impianto di super affinamento Gennarini Bellavista. Recentemente il Ministero dell’Ambiente ha stabilito che il gruppo Ilva dovrà servirsi quanto prima di acqua ultra-affinata. Ma in attesa che l’Ilva si adegui, la Regione intende far pagare di più l’acqua all’Ilva e così ridurre le tariffe degli agricoltori tarantini.
La Regione Puglia intende riformare il calcolo della componente ambientale, differenziandola in base agli usi, ma la Regione Basilicata si è inizialmente detta contraria. Al momento sembra però che si sia aperto uno spiraglio, tanto che è previsto a breve un incontro tra il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e il presidente della Regione Basilicata Vito De Filippo.
Per quanto riguarda il progetto del raddoppio della canna del Sinni, l’assessore ha sottolineato innanzi tutto che si tratta di risorse che rinvengono dal cosiddetto accordo Fitto Vendola, finanziamenti sbloccati che saranno gestiti dal Ministero delle infrastrutture.
A confortare le spiegazioni dell’assessore Amati, in Commissione anche l’amministratore unico di Aqp, Ivo Monteforte, il direttore generale, Massimiliano Bianco e l’ing. De Leo. I tecnici dell’Aqp hanno ricordato che il raddoppio della canna del Sinni è un “utile indispensabile progetto del quale si parla da decenni, la cui realizzazione scongiurerebbe ogni possibile rischio paventato di interruzione del servizio idrico per uso civile”. La nuova condotta servirebbe esclusivamente per la distribuzione dell’acqua potabile e quella preesistente, invece continuerebbe a servire per gli altri usi”.
La preoccupazione più forte in riferimento alla nuova opera potrebbe essere relativa alla possibilità che un maggior prelievo di acqua, possa diventare l'occasione per auspicare la rinegoziazione dell'accordo Puglia/Basilicata, con particolare riferimento all'aumento del valore economico del ristoro ambientale.
“Dette opinioni – secondo l’assessore Amati - non sono a mio giudizio sostenibili”. Amati ha spiegato che il raddoppio del Sinni non può comportare di per sé e senza l'obbligatoria autorizzazione della Regione Basilicata, l'ampliamento del prelievo.
Un altro interrogativo posto dal consigliere Lanzilotta riguarda l’ammontare reale del debito della Puglia nei confronti della Basilicata. Monteforte ha detto a chiare lettere che il balletto delle cifre è del tutto fantasioso. Si tratta di 10 milioni di euro che costituisce il saldo della componente ambientale 2009. Quella relativa agli anni 2010 e 2011 non è stata ancora calcolata ma la cifra media per anno si aggira intorno ai 16-18 mln di euro. Non vi sono altri debiti.
“Desidero dissipare – ha spiegato Amati - tutti i dubbi circa il finanziamento per il raddoppio della condotta del Sinni, che rifornisce la Puglia dell'acqua che sorge e/o scorre in territorio lucano, e alle relative richieste di revisione del regime tariffario”.
Andiamo per ordine.
I motivi della revisione dei piani tariffari riguardano la circostanza che gli agricoltori tarantini pagano di più l’acqua per uso agricolo rispetto agli agricoltori di altre province e ciò è dovuto alla cosiddetta “componente ambientale”. Infatti nello stesso territorio una gran quantità di metri cubi di acqua proveniente dallo stesso invaso del Sinni viene utilizzata dal gruppo Ilva. La Regione ha avviato un lungo contenzioso col gruppo Ilva perché non utilizzi l’acqua destinata ad uso agricolo-potabile, ma quella proveniente dall’impianto di super affinamento Gennarini Bellavista. Recentemente il Ministero dell’Ambiente ha stabilito che il gruppo Ilva dovrà servirsi quanto prima di acqua ultra-affinata. Ma in attesa che l’Ilva si adegui, la Regione intende far pagare di più l’acqua all’Ilva e così ridurre le tariffe degli agricoltori tarantini.
La Regione Puglia intende riformare il calcolo della componente ambientale, differenziandola in base agli usi, ma la Regione Basilicata si è inizialmente detta contraria. Al momento sembra però che si sia aperto uno spiraglio, tanto che è previsto a breve un incontro tra il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e il presidente della Regione Basilicata Vito De Filippo.
Per quanto riguarda il progetto del raddoppio della canna del Sinni, l’assessore ha sottolineato innanzi tutto che si tratta di risorse che rinvengono dal cosiddetto accordo Fitto Vendola, finanziamenti sbloccati che saranno gestiti dal Ministero delle infrastrutture.
A confortare le spiegazioni dell’assessore Amati, in Commissione anche l’amministratore unico di Aqp, Ivo Monteforte, il direttore generale, Massimiliano Bianco e l’ing. De Leo. I tecnici dell’Aqp hanno ricordato che il raddoppio della canna del Sinni è un “utile indispensabile progetto del quale si parla da decenni, la cui realizzazione scongiurerebbe ogni possibile rischio paventato di interruzione del servizio idrico per uso civile”. La nuova condotta servirebbe esclusivamente per la distribuzione dell’acqua potabile e quella preesistente, invece continuerebbe a servire per gli altri usi”.
La preoccupazione più forte in riferimento alla nuova opera potrebbe essere relativa alla possibilità che un maggior prelievo di acqua, possa diventare l'occasione per auspicare la rinegoziazione dell'accordo Puglia/Basilicata, con particolare riferimento all'aumento del valore economico del ristoro ambientale.
“Dette opinioni – secondo l’assessore Amati - non sono a mio giudizio sostenibili”. Amati ha spiegato che il raddoppio del Sinni non può comportare di per sé e senza l'obbligatoria autorizzazione della Regione Basilicata, l'ampliamento del prelievo.
Un altro interrogativo posto dal consigliere Lanzilotta riguarda l’ammontare reale del debito della Puglia nei confronti della Basilicata. Monteforte ha detto a chiare lettere che il balletto delle cifre è del tutto fantasioso. Si tratta di 10 milioni di euro che costituisce il saldo della componente ambientale 2009. Quella relativa agli anni 2010 e 2011 non è stata ancora calcolata ma la cifra media per anno si aggira intorno ai 16-18 mln di euro. Non vi sono altri debiti.