Recensione: This must be the place

di Giuseppe Defeudis. Era il 2008 ed il presidente della giuria del Festival di Cannes aveva appena consegnato il Premio della Giuria al regista della pellicola più affascinante della kermesse quando sussurrò nell’orecchio del director che avrebbe avuto piacere a lavorare con lui. Il presidente della giuria era Sean Penn, il film era “Il Divo” ed il suo regista era Paolo Sorrentino.
Dopo tre anni di contatti tra i due, dopo modifiche alla sceneggiatura ed al soggetto, l’arte si è compiuta con l’uscita nelle sale di “This must be the place”, una coproduzione italiana, francese ed irlandese, che racconta di una pop star degli anni ottanta alle prese con la flemma, da ex tossico, quotidiana, con la routine quotidiana e, quindi, con la noia quotidiana. Il classico fulmine a ciel “quasi” sereno giunge quando una telefonata gli comunica che quel padre che da anni non sentiva, acusticamente e sentimentalmente, era in punto di morte. “Volando”, via nave, da Dublino a New York, viene a conoscenza di un conto in sospeso che il padre aveva con un uomo. Proseguire nella descrizione degli eventi filmati sarebbe una mera cattiveria nei confronti di chi, questa opera, non l’ha ancora assaggiata.
Sean Peann, per quanto pluripremiato agli Oscar con Milk e Mystic River, non si smentisce mai. Superlativa e appassionante la sua interpretazione del personaggio protagonista più che unico.
Paolo Sorrentino, con i suoi giri di cinepresa e con la scelta di un’affascinante colonna sonora (“This must be the place” è il titolo di un successo dei Talking Heads) ci regala una storia con un finale tutto da gustare.
Un Oscar non basterebbe per premiare quest’arte!
Voto 9

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