Concerti: Benedetto Lupo al Petruzzelli, un successo annunziato

di Adriano Abrusci. Inconsueto il programma, insolito l’ordine d’esecuzione dei brani, inusuale il ringraziamento degli artisti, atipico l’intervento verbale esplicativo, inaspettato l’originale commiato. Concerto memorabile per originalità di condotta e intensità di intenti. Apertura irrituale sull’onda di una sfavillante Rapsodia op. 43 d’un Rachmaninov maturo. Travolgente la virtuosistica interpretazione del solista Lupo, eccelso nella complessiva resa, seppur avvezzo a ben altro repertorio. Sostanza sonora densa e multiforme da un Pianoforte impetuoso e dolcemente docile a un tempo, principale (se non unico) protagonista di così sorprendente viaggio, considerando il degno ma non sempre adeguato supporto di un’Orchestra partecipe più nelle intenzioni, precisa e attenta ma, in più punti, musicalmente inefficace. Irrefrenabile l’entusiasmo di un Petruzzelli gremito, ancor più energicamente espresso appena dissolta l’indescrivibile sensazione di meravigliosa, catartica sospensione cui il consueto, quasi intimo omaggio (magnificamente eseguito) di Benedetto Lupo al ‘suo’ pubblico, aveva gli astanti segretamente condotto. Apparentemente impossibile ma purtroppo necessario congedo da infiniti affetto e ammirazione s’è consumato tra le note di un’appassionata ripresa dell’incantevole diciottesima variazione, esito melodico tra i musicalmente più riusciti dell’intera produzione del compositore russo. Conclusa prima parte effettiva. Nuova apertura seguente poche parole del Maestro Brott su senso e contenuto di rarità prossima così preziosa. Dimensione sonora altra e nuova nelle armonie del Concert Romanesc del ventottenne geniale Ligeti, ben affrontata dall’Orchestra della Fondazione, complice il ridotto organico, i contenuti volumi e il talento del suo Primo Violino Pavaci. Monumento sinfonico di stupefacenti complessità e bellezza l’ultima meraviglia della serata. Sinfonia Quarta di Johannes Brahms presente in forma ma carente in emotività, pathos e passione, imperfezioni di un organico per buona parte qualitativamente valido, dal potenziale innegabile ma ancora inespresso. Scelta scaltra la Quinta Danza ungherese dello stesso Brahms quale ‘bis’ di chiusura, celeberrima e dunque dal grato pubblico graditissima.