Editori "distruttori di sogni": come far soldi con falsi concorsi

di Roberta Calò. Emily Dikinson ci ricorda che "Non esiste un vascello veloce come un libro per portarci in terre lontane"; sarà forse perché proprio il libro con il suo essere vita da sfogliare, con il suo saperci parlare nel silenzio della stanza, con il suo essere nutrimento per la fame delle nostre menti, è da sempre quanto l'uomo abbia di più prezioso da offrire come testimonianza dei suoi pensieri, delle sue esperienze, del suo essere esistito. Scrittori e poeti di tutte le età hanno fatto di questo una filosofia di vita, ciascuno entro la propria personalissima modalità espressiva regalando da sempre mondi, orizzonti, anime, cuori, storie in cui tuffarci per maturare con spirito critico una nostra opinione sull'arte, sulla vita, su tutto ciò che ci circonda e che ci realizza come esseri pensanti. Se il libro esiste è perchè esiste qualcuno che l'ha scritto; se qualcuno ha scritto una storia è perché qualcuno l'ha vissuta. E noi, tutti noi siamo la storia. Una storia d'amore, di politica, di introspezione... Qualsiasi storia varrà la pena di essere raccontata per il solo fatto di essere stata vissuta. Dunque il libro, come ogni forma espressiva, è parte dell'essere umano. Eppure oggi, con la mercificazione editoriale che travolge il mercato, il libro è stato inquinato nella sua vera essenza; e con lui anche quanti hanno sempre pensato che scrivere fosse un modo per esprimersi, trasmettere, condividere, e non per vendere. Così vediamo il web pullulare di famelici editori che indicono un bando di concorso, ovviamente gratuito, attirando l'ego di quanti aspirano alla pubblicazione della propria opera. Come non dar dunque ragione a Marc Connelly: "Meglio scrivere per se stessi e non avere pubblico, che scrivere per il pubblico e non avere se stessi". Questi concorsi, che possono essere facilmente vinti dalla maggior parte degli scrittori, hanno come premio la pubblicazione dell'opera selezionata. Per i più affamati di sogni ma che poco hanno a che fare con le più spicciole basi di marketing, questa potrebbe profumare come un'occasione unica e irripetibile che darà lustro e visibilità ai propri scritti, che regalerà pubblico a quanti hanno qualcosa da raccontare. Ma è davvero cosi? Unitamente alle congratulazioni per aver vinto il concorso, il fortunato scrittore riceverà un contratto in cui gli si chiederà di acquistare circa duecento copie a prezzo di copertina dell'opera che la casa editrice tanto "nobilmente" avrà deciso di pubblicare. Lo scrittore, che giunto a questo punto si illuderà di aver realizzato il suo sogno, si troverà con una montagna di volumi da smerciare, cominciando da amici e parenti da ammorbare. Intanto la casa editrice gozzoviglierà nei guadagni ottenuti dalla vendita di un volume che, dal punto di vista strettamente produttivo, è costato forse meno di un decimo del prezzo a cui è stato rivenduto. Cosa c'è di più conveniente per una casa editrice del pubblicare sapendo di smerciare per contratto almeno una tiratura di duecento copie di quello che per lei è solo un prodotto commerciale? Presentata così, la cosa potrebbe quasi rivestire i panni di un ormai standardizzato iter attraverso cui tutte le case editrice passano per giungere alla pubblicazione di un libro. Ma la consuetudine raggiunge l'apice dello squallore se pensiamo al fatto che il giovane autore è stato addirittura tratto in inganno da un fasullo concorso mirante solo al guadagno economico da parte della casa editrice. Alterando con umiltà il capolavoro di Crofts, questi "Distruttori di sogni" per un arzigogolato processo mentale mirano a colpire gli scrittori nel loro punto debole, nella loro voglia di fama, nella loro voglia di essere ascoltati, nella loro voglia di trasmettere agli altri. Nessuno frena tale processo degenerativo perchè nessuno ha interessi affinchè la scrittura venga depurata da questa venalità per tornare ad essere sentimenti, cultura, condivisione, critica, denuncia, emozione; Bukowsky giustamente sosteneva: "La gente è il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto".
Il libro è la gente: è la gente che lo scrive, è la gente che lo legge, è la gente che ha vissuto quella storia. Mercificare in questo modo la scrittura significa mercificare la gente, i suoi sogni, la sua cultura, le sue idee. La ribellione a questo sistema non può che prendere vita dal basso, da quel substrato di orgoglio che ogni scrittore ha non di vendere le proprie idee, ma di vederle viaggiare libere per il mondo.
La crisi economica che oggi ci invade dovrebbe avvallare tale condotta perchè se le tasche della gente che non arriva con i propri stipendi a fine mese sono vuote, la gente non potrà comprare; però la gente può ascoltare. E se per ogni persona disposta a scrivere senza lucrare economicamente ci sarà una persona disposta ad ascoltare, allora scrittori e lettori avranno guadagnato molto di più di tutte quelle case editrice con i loro concorsi truffa perchè avranno guadagnato al libertà delle proprie idee e la demolizione di chi ha tentato di imprigionarle.

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