ROMA. Nel Pdl cresce la spinta verso la formazione di un nuovo governo mentre la Lega punta i piedi e Umberto Bossi, secondo cui ''e' bello andare all'opposizione'', conferma che la soluzione migliore e' quella delle elezioni anticipate. Pd e Terzo polo optano con decisione per un governo di responsabilita' nazionale, a condizione - spiegano Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini - che possa contare su una solida base parlamentare.
Tra le opposizioni solo Antonio Di Pietro, che lo ha confermato ieri sera a ''Porta a Porta'' che e' andata in onda in prima serata, e' scettico su quest'ultima possibilita' e chiede di conoscere il programma del nuovo governo prima di sciogliere le proprie riserve.
Con la nomina di ieri pomeriggio di Mario Monti a senatore a vita da parte del presidente Giorgio Napoliano non ci sarebbero dubbi sull'identikit di chi dovrebbe provare a formare il nuovo governo. ''Con quella nomina, Monti non e' piu' un tecnico ma un padre della patria andando a occupare il posto in Senato che aveva lasciato lo stesso Napolitano dopo la sua elezione a presidente'', osserva Eugenio Scalfari, fondatore di ''la Repubblica'', partecipando alla trasmissione ''Otto e mezzo'' su La7.
Secondo le indiscrezioni, Silvio Berlusconi finirebbe per accettare la premiership di Monti a condizione di poter indicare un vicepremier di propria fiducia (Gianni Letta) e di poter contare sulla conferma di Nitto Palma come ministro della Giustizia.
L'iter della crisi di governo prevede che sabato, dopo il voto sulla legge di stabilita' da parte di Senato e Camera, ci siano le dimissioni di Berlusconi. Subito dopo inizierebbero le consultazioni da parte del capo dello Stato che gia' lunedi' potrebbe dare a Monti l'incarico per verificare le possibilita' di formare un nuovo governo.
Intanto si ha notizia di una spaccatura nel Pdl sulla prospettiva di un nuovo governo di cui faccia parte il Pd.
Ignazio La Russa, Altero Matteoli, Giorgia Meloni - ministri provenienti da Alleanza nazionale - sarebbero fermamente contrari a tale prospettiva, come Andrea Ronchi, ex ministro, anche lui ex An. Dello stesso parere sarebbero i ministri Mariastella Gelmini, Renato Brunetta e Maurizio Sacconi, l'ala intransigente del Pdl proveniente da Forza Italia.
A fare da ago della bilancia potrebbero pero' essere gli ''scontenti'' del Pdl, il cui nucleo si e' astenuto martedi' alla Camera sul rendiconto dello Stato contribuendo in maniera decisiva all'apertura di una fase che prevede le dimissioni di Berlusconi. Gli scontenti potrebbero formare un nuovo gruppo parlamentare che fungerebbe da calamita per quanti nel Pdl sono contrari alle elezioni anticipate.
A far barcollare la convinzione di Berlusconi e Angelino Alfano, segretario del Pdl, a favore delle elezioni anticipate e' stato l'andamento negativo delle Borse e dei mercati. Ieri mattina e' apparso subito chiaro che fosse impossibile per Berlusconi dare le dimissioni a fine novembre dopo un tradizionale dibattito sulla legge di stabilita' al Senato e alla Camera con l'approvazione del maxiemendamento che contiene gli impegni di riforma chiesti all'Italia in sede europea.
Per evitare un ulteriore appesantimento della situazione economica si e' deciso che la procedura di approvazione della legge di stabilita' avvenisse entro sabato, in modo che lunedi' alla riapertura dei mercati il segnale fosse quello dell'adempimento degli impegni italiani verso l'Unione europea. Una riunione tra Pier Luigi Bersani e i deputati del Pd confermava infine che anche il maggiore partito di opposizione, come il Terzo polo, accettava di fare il piu' presto possibile pur confermando il proprio dissenso su molti contenuti del maxiemendamento. Da qui la scelta di non votarlo.
Tra le opposizioni solo Antonio Di Pietro, che lo ha confermato ieri sera a ''Porta a Porta'' che e' andata in onda in prima serata, e' scettico su quest'ultima possibilita' e chiede di conoscere il programma del nuovo governo prima di sciogliere le proprie riserve.
Con la nomina di ieri pomeriggio di Mario Monti a senatore a vita da parte del presidente Giorgio Napoliano non ci sarebbero dubbi sull'identikit di chi dovrebbe provare a formare il nuovo governo. ''Con quella nomina, Monti non e' piu' un tecnico ma un padre della patria andando a occupare il posto in Senato che aveva lasciato lo stesso Napolitano dopo la sua elezione a presidente'', osserva Eugenio Scalfari, fondatore di ''la Repubblica'', partecipando alla trasmissione ''Otto e mezzo'' su La7.
Secondo le indiscrezioni, Silvio Berlusconi finirebbe per accettare la premiership di Monti a condizione di poter indicare un vicepremier di propria fiducia (Gianni Letta) e di poter contare sulla conferma di Nitto Palma come ministro della Giustizia.
L'iter della crisi di governo prevede che sabato, dopo il voto sulla legge di stabilita' da parte di Senato e Camera, ci siano le dimissioni di Berlusconi. Subito dopo inizierebbero le consultazioni da parte del capo dello Stato che gia' lunedi' potrebbe dare a Monti l'incarico per verificare le possibilita' di formare un nuovo governo.
Intanto si ha notizia di una spaccatura nel Pdl sulla prospettiva di un nuovo governo di cui faccia parte il Pd.
Ignazio La Russa, Altero Matteoli, Giorgia Meloni - ministri provenienti da Alleanza nazionale - sarebbero fermamente contrari a tale prospettiva, come Andrea Ronchi, ex ministro, anche lui ex An. Dello stesso parere sarebbero i ministri Mariastella Gelmini, Renato Brunetta e Maurizio Sacconi, l'ala intransigente del Pdl proveniente da Forza Italia.
A fare da ago della bilancia potrebbero pero' essere gli ''scontenti'' del Pdl, il cui nucleo si e' astenuto martedi' alla Camera sul rendiconto dello Stato contribuendo in maniera decisiva all'apertura di una fase che prevede le dimissioni di Berlusconi. Gli scontenti potrebbero formare un nuovo gruppo parlamentare che fungerebbe da calamita per quanti nel Pdl sono contrari alle elezioni anticipate.
A far barcollare la convinzione di Berlusconi e Angelino Alfano, segretario del Pdl, a favore delle elezioni anticipate e' stato l'andamento negativo delle Borse e dei mercati. Ieri mattina e' apparso subito chiaro che fosse impossibile per Berlusconi dare le dimissioni a fine novembre dopo un tradizionale dibattito sulla legge di stabilita' al Senato e alla Camera con l'approvazione del maxiemendamento che contiene gli impegni di riforma chiesti all'Italia in sede europea.
Per evitare un ulteriore appesantimento della situazione economica si e' deciso che la procedura di approvazione della legge di stabilita' avvenisse entro sabato, in modo che lunedi' alla riapertura dei mercati il segnale fosse quello dell'adempimento degli impegni italiani verso l'Unione europea. Una riunione tra Pier Luigi Bersani e i deputati del Pd confermava infine che anche il maggiore partito di opposizione, come il Terzo polo, accettava di fare il piu' presto possibile pur confermando il proprio dissenso su molti contenuti del maxiemendamento. Da qui la scelta di non votarlo.