ROMA. Mentre Silvio Berlusconi a Cannes rassicura il G20 sugli impegni del governo italiano per ridurre il debito pubblico e favorire lo sviluppo annunciando l'intenzione di porre la fiducia sul maxiemendamento alla legge di stabilita', a Roma la maggioranza perde pezzi.
Secondo il pallottoliere di Montecitorio, i voti favore dell'esecutivo sarebbero gia' attualmente 314 o addirittura 310: la maggioranza non esisterebbe piu'. In ogni caso, l'esecutivo non avrebbe la maggioranza assoluta a Montecitorio dove i deputati sono 630.
Ieri Alessio Bonciani e Ida D'Ippolito, deputati eletti nelle file del Pdl, hanno deciso di aderire al gruppo dell'Udc. Il che, rispetto all'ultimo voto di fiducia dello scorso 14 ottobre, fa scendere i numeri a disposizione del governo a quota 314.
L'episodio della defezione di Bonciani e D'Ippolito arriva dopo la lettera di sei deputati del Pdl che hanno reso pubblico il proprio malessere nei confronti della politica del governo chiedendo un allargamento della maggioranza in direzione dell'Udc (tra questi c'e' Giorgio Stracquadanio, considerato fino a pochi giorni fa un berlusconiano di stretta osservanza).
Secondo le previsioni che si fanno anche all'interno del Pdl, le defezioni potrebbero aumentare nelle prossime ore.
Quattro deputati ex Fli sarebbero sul punto di lasciare il Pdl mentre tre deputati di Popolo e territorio (Amerigo Porfidia, Elio Belcastro e Arturo Iannaccone) hanno gia' costituito una componente autonoma nel gruppo Misto (Noi per il partito del Sud-Lega Sud).
Mantengono finora un riserbo sul proprio comportamento Beppe Pisanu e Claudio Scajola le cui posizioni favorevoli a un allargamento della maggioranza sono tuttavia note. Tra i dubbiosi c'e' addirittura Domenico Scilipoti, noto per il suo passaggio dall'Idv ai ''responsabili'', che ieri ha dichiarato: ''Potrei votare si', come potrei votare no''. In pochi scommettono sul fatto che nel momento della verita' rappresentato da un voto di fiducia il governo possa essere salvato alla Camera dai sei deputati Radicali eletti nelle liste del Pd.
Gli smottamenti interni alla maggioranza sono motivati dalla sensazione che a questo punto, a favore di elezioni anticipate per evitare la formazione di governi tecnici, sono Pdl e Lega. Chi non intende abbandonare il proprio scranno si orienta percio' a favore di una soluzione alternativa all'attuale esecutivo.
Alcune indiscrezioni parlano di Angelino Alfano, segretario del Pdl, impegnato nella giornata di ieri insieme al coordinatore Denis Verdini a telefonare ai deputati del proprio partito sostenendo che in caso di probabili elezioni anticipate a gennaio le ricandidature terranno conto dell'atteggiamento dei singoli in Parlamento.
Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc, che potrebbe attirare come una calamita i dissidenti del Pdl, con una intervista al ''Corriere della Sera'', invita oggi il partito di Berlusconi a dire si' alla formazione di un governo di solidarieta' in modo da arginare lo sfarinarsi del gruppo parlamentare di riferimenro.
Un primo voto di verifica sulla tenuta del governo alla Camera potrebbe esserci martedi' prossimo, quando la Camera dovra' approvare il rendiconto di bilancio (provvedimento bocciato proprio nell'Aula di Montecitorio a causa delle assenze sui banchi della maggioranza).
L'ipotesi piu' probabile pero' e' che i frondisti del Pdl possano astenersi per consentire l'approvazione del testo evidenziando allo stesso tempo che il governo non ha una maggioranza. Un settore del Pdl potrebbe optare per il rinvio del voto facendo mancare il numero legale in Aula. In questo modo lancerebbero un ultimo segnale a Berlusconi affinche' sia lui a decidere la tempistica delle proprie dimissioni prima di un voto negativo sul maxiemendamento alla legge di sviluppo che potrebbe esserci entro due settimane.
In caso di crisi, tocchera' al presidente Giorgio Napolitano decidere se l'esiguita' di una nuova maggioranza rende possibile solo un governo ponte verso le elezioni o se una maggioranza piu' larga dell'attuale puo' sostenere altre soluzioni di governo. Ieri il capo dello Stato si e' sentito ripetere da Angelino Alfano e da Umberto Bossi che Pdl e Lega optano per elezioni anticipate nell'eventualita' di una crisi di governo.
Secondo il pallottoliere di Montecitorio, i voti favore dell'esecutivo sarebbero gia' attualmente 314 o addirittura 310: la maggioranza non esisterebbe piu'. In ogni caso, l'esecutivo non avrebbe la maggioranza assoluta a Montecitorio dove i deputati sono 630.
Ieri Alessio Bonciani e Ida D'Ippolito, deputati eletti nelle file del Pdl, hanno deciso di aderire al gruppo dell'Udc. Il che, rispetto all'ultimo voto di fiducia dello scorso 14 ottobre, fa scendere i numeri a disposizione del governo a quota 314.
L'episodio della defezione di Bonciani e D'Ippolito arriva dopo la lettera di sei deputati del Pdl che hanno reso pubblico il proprio malessere nei confronti della politica del governo chiedendo un allargamento della maggioranza in direzione dell'Udc (tra questi c'e' Giorgio Stracquadanio, considerato fino a pochi giorni fa un berlusconiano di stretta osservanza).
Secondo le previsioni che si fanno anche all'interno del Pdl, le defezioni potrebbero aumentare nelle prossime ore.
Quattro deputati ex Fli sarebbero sul punto di lasciare il Pdl mentre tre deputati di Popolo e territorio (Amerigo Porfidia, Elio Belcastro e Arturo Iannaccone) hanno gia' costituito una componente autonoma nel gruppo Misto (Noi per il partito del Sud-Lega Sud).
Mantengono finora un riserbo sul proprio comportamento Beppe Pisanu e Claudio Scajola le cui posizioni favorevoli a un allargamento della maggioranza sono tuttavia note. Tra i dubbiosi c'e' addirittura Domenico Scilipoti, noto per il suo passaggio dall'Idv ai ''responsabili'', che ieri ha dichiarato: ''Potrei votare si', come potrei votare no''. In pochi scommettono sul fatto che nel momento della verita' rappresentato da un voto di fiducia il governo possa essere salvato alla Camera dai sei deputati Radicali eletti nelle liste del Pd.
Gli smottamenti interni alla maggioranza sono motivati dalla sensazione che a questo punto, a favore di elezioni anticipate per evitare la formazione di governi tecnici, sono Pdl e Lega. Chi non intende abbandonare il proprio scranno si orienta percio' a favore di una soluzione alternativa all'attuale esecutivo.
Alcune indiscrezioni parlano di Angelino Alfano, segretario del Pdl, impegnato nella giornata di ieri insieme al coordinatore Denis Verdini a telefonare ai deputati del proprio partito sostenendo che in caso di probabili elezioni anticipate a gennaio le ricandidature terranno conto dell'atteggiamento dei singoli in Parlamento.
Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc, che potrebbe attirare come una calamita i dissidenti del Pdl, con una intervista al ''Corriere della Sera'', invita oggi il partito di Berlusconi a dire si' alla formazione di un governo di solidarieta' in modo da arginare lo sfarinarsi del gruppo parlamentare di riferimenro.
Un primo voto di verifica sulla tenuta del governo alla Camera potrebbe esserci martedi' prossimo, quando la Camera dovra' approvare il rendiconto di bilancio (provvedimento bocciato proprio nell'Aula di Montecitorio a causa delle assenze sui banchi della maggioranza).
L'ipotesi piu' probabile pero' e' che i frondisti del Pdl possano astenersi per consentire l'approvazione del testo evidenziando allo stesso tempo che il governo non ha una maggioranza. Un settore del Pdl potrebbe optare per il rinvio del voto facendo mancare il numero legale in Aula. In questo modo lancerebbero un ultimo segnale a Berlusconi affinche' sia lui a decidere la tempistica delle proprie dimissioni prima di un voto negativo sul maxiemendamento alla legge di sviluppo che potrebbe esserci entro due settimane.
In caso di crisi, tocchera' al presidente Giorgio Napolitano decidere se l'esiguita' di una nuova maggioranza rende possibile solo un governo ponte verso le elezioni o se una maggioranza piu' larga dell'attuale puo' sostenere altre soluzioni di governo. Ieri il capo dello Stato si e' sentito ripetere da Angelino Alfano e da Umberto Bossi che Pdl e Lega optano per elezioni anticipate nell'eventualita' di una crisi di governo.
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