BARI. “Mangiare bene, mangiare italiano” in tutto il mondo. Il Made in Italy come garanzia di qualità dei prodotti agroalimentari: anche il Consiglio regionale della Puglia si schiera a difesa della riconoscibilità del marchio Italia a tavola. Sì ai prodotti pugliesi in tutti i continenti, guerra totale alle contraffazioni e alle imitazioni: nella prossima seduta il Consiglio regionale pugliese approverà un ordine del giorno a difesa della produzione agroalimentare. È l’impegno assunto dal presidente dell’Assemblea, Onofrio Introna, in un incontro con il presidente ed il direttore della Coldiretti Puglia, Pietro Salcuni e Antonio De Concilio.
Il testo di un “pronunciamento”, teso a sensibilizzare il governo centrale alla valorizzazione senza eccezioni della produzione agroalimentare italiana, verrà definito dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio e sottoposto all’attenzione dei capigruppo consiliari, per l’approvazione unanime nella prossima seduta, martedì 22 novembre.
Se l’agricoltura è tra i settori trainanti dell’economia nazionale e pugliese, il Made in Italy agroalimentare è una risorsa per il rilancio dell’occupazione, un fattore di competizione. Rappresenta oltre il 16% del Pil italiano, con un export che sfiora i 28 miliardi di euro.
Da una parte, quindi, c’è l’esigenza di “ricordare” al governo centrale l’esigenza di non lasciare nulla di intentato per sostenere la produzione agroalimentare di qualità e di origine certificata, con ricadute positive evidentemente su quella pugliese. Dall’altra, occorre tenere alta la guardia contro le contraffazioni e contrastare quella forma subdola di concorrenza sleale rappresentata dal cosiddetto “italian sounding”. Si tratta della commercializzazione di prodotti alimentari realizzati all’estero, di attribuzione ingannevole perché di italiano non hanno nulla se non la suggestione di una denominazione che richiama origini tricolori. È il caso del “prosiutto”, un autentico tarocco, del “parmezan” rumeno e non reggiano, della “pasta Milaneza” trafilata da aziende portoghesi. Il suono evoca una presunta italianità e inganna i consumatori stranieri, con perdite per i nostri produttori calcolate in 60 miliardi di euro, dirottati ogni anno lontano dalla penisola, isole comprese.
Un danno economico, d’immagine e di mercato per l’agroalimentare nazionale e ovviamente pugliese, visti i tanti primati detenuti dai prodotti regionali nel settore primario. Il Consiglio regionale raccoglierà l’SOS di Coldiretti, che sta conducendo una campagna nazionale di denuncia dell’uso di risorse pubbliche per il finanziamento diretto o indiretto della produzione o distribuzione di prodotti alimentari estranei alle produzioni nazionali, da parte di società controllate dal Ministero dello sviluppo economico, come la SIMEST Spa, impegnate nella promozione delle imprese italiane all’estero.
“L’obiettivo della battaglia a favore della produzione italiana – conviene il presidente Introna – guarda sempre alla filiera agroalimentare pugliese di qualità ed origine verificata.
Il testo di un “pronunciamento”, teso a sensibilizzare il governo centrale alla valorizzazione senza eccezioni della produzione agroalimentare italiana, verrà definito dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio e sottoposto all’attenzione dei capigruppo consiliari, per l’approvazione unanime nella prossima seduta, martedì 22 novembre.
Se l’agricoltura è tra i settori trainanti dell’economia nazionale e pugliese, il Made in Italy agroalimentare è una risorsa per il rilancio dell’occupazione, un fattore di competizione. Rappresenta oltre il 16% del Pil italiano, con un export che sfiora i 28 miliardi di euro.
Da una parte, quindi, c’è l’esigenza di “ricordare” al governo centrale l’esigenza di non lasciare nulla di intentato per sostenere la produzione agroalimentare di qualità e di origine certificata, con ricadute positive evidentemente su quella pugliese. Dall’altra, occorre tenere alta la guardia contro le contraffazioni e contrastare quella forma subdola di concorrenza sleale rappresentata dal cosiddetto “italian sounding”. Si tratta della commercializzazione di prodotti alimentari realizzati all’estero, di attribuzione ingannevole perché di italiano non hanno nulla se non la suggestione di una denominazione che richiama origini tricolori. È il caso del “prosiutto”, un autentico tarocco, del “parmezan” rumeno e non reggiano, della “pasta Milaneza” trafilata da aziende portoghesi. Il suono evoca una presunta italianità e inganna i consumatori stranieri, con perdite per i nostri produttori calcolate in 60 miliardi di euro, dirottati ogni anno lontano dalla penisola, isole comprese.
Un danno economico, d’immagine e di mercato per l’agroalimentare nazionale e ovviamente pugliese, visti i tanti primati detenuti dai prodotti regionali nel settore primario. Il Consiglio regionale raccoglierà l’SOS di Coldiretti, che sta conducendo una campagna nazionale di denuncia dell’uso di risorse pubbliche per il finanziamento diretto o indiretto della produzione o distribuzione di prodotti alimentari estranei alle produzioni nazionali, da parte di società controllate dal Ministero dello sviluppo economico, come la SIMEST Spa, impegnate nella promozione delle imprese italiane all’estero.
“L’obiettivo della battaglia a favore della produzione italiana – conviene il presidente Introna – guarda sempre alla filiera agroalimentare pugliese di qualità ed origine verificata.