di Silvia Resta. È un giovane ricercatore italiano del dipartimento di Antropologia all'università di Vienna, il 34enne Stefano Benazzi, a riscrivere la storia dell’uomo moderno. Secondo i suoi studi infatti, l’Homo Sapiens, che finora si è sempre pensato fosse apparso in Europa circa 45mila anni fa, in Romania, sarebbe nato invece in Puglia, nel Salento. I ritrovamenti fatti nella Grotta del Cavallo della baia di Uluzzo infatti, parlano chiaro: sono i resti più antichi esistenti e dimostrano che l’arrivo in Europa dell’Homo Sapiens dall’Africa è precedente di alcuni millenni.
Questa scoperta è legata all’indagine effettuata su due molari da latte ritrovati durante alcune campagne di scavo negli anni ’60, che fin dalla loro scoperta sono sempre stati attribuiti a uomini di Neanderthal. Questo nuovo studio però suggerisce una nuova chiave di lettura: apparterrebbero ad esseri umani anatomicamente moderni. Analisi cronometriche con la tecnica del radiocarbonio presso l’Università di Oxford, dimostrano infatti che gli strati in cui sono stati trovati i denti possono essere datati tra circa 43 e 45mila anni fa. Ciò significa che i resti umani sono più vecchi rispetto a qualsiasi altro conosciuto reperto appartenente all’uomo europeo moderno. Il lavoro di ricerca, effettuato attraverso modelli digitali 3D, ha dimostrato infatti che i due denti appartengono a bambini appartenenti alla specie Sapiens, all’epoca della glaciazione Wurm 2. La ricerca è stata pubblicata sulla famosa rivista scientifica ‘Nature’.
“Queste nuove datazioni” riassume Benazzi “fanno dei due denti di Grotta del Cavallo i più antichi reperti europei di uomo moderno finora conosciuti. Questa scoperta retrodata l’arrivo dei membri della nostra specie nel continente europeo e indica che la coesistenza di neandertaliani e uomini moderni sia avvenuta per alcune migliaia di anni. Inoltre, sulla base di queste evidenze fossili abbiamo dimostrato che gli uomini anatomicamente moderni, e non i neandertaliani, hanno prodotto la cultura uluzziana. Ciò ha importanti implicazioni per la nostra comprensione delle abilità cognitive dei neanderaliani e dello sviluppo del comportamento umano moderno: gli elementi innovativi propri della cultura uluzziana non sarebbero quindi riconducibili ai neandertaliani ed è perciò ancora da dimostrare che questi umani avessero sviluppato negli ultimi millenni prima della loro scomparsa una cultura simile a quella dell'uomo anatomicamente moderno. La nostra scoperta dà indicazioni anche sulle modalità di popolamento del continente europeo. È plausibile supporre che gruppi umani provenienti dall’Africa e passanti per il Vicino Oriente, si siano spostati anche lungo una via mediterranea, con ingresso in Italia facilitato dalla regressione marina dell’ultimo periodo glaciale”.
Silvia Resta
Questa scoperta è legata all’indagine effettuata su due molari da latte ritrovati durante alcune campagne di scavo negli anni ’60, che fin dalla loro scoperta sono sempre stati attribuiti a uomini di Neanderthal. Questo nuovo studio però suggerisce una nuova chiave di lettura: apparterrebbero ad esseri umani anatomicamente moderni. Analisi cronometriche con la tecnica del radiocarbonio presso l’Università di Oxford, dimostrano infatti che gli strati in cui sono stati trovati i denti possono essere datati tra circa 43 e 45mila anni fa. Ciò significa che i resti umani sono più vecchi rispetto a qualsiasi altro conosciuto reperto appartenente all’uomo europeo moderno. Il lavoro di ricerca, effettuato attraverso modelli digitali 3D, ha dimostrato infatti che i due denti appartengono a bambini appartenenti alla specie Sapiens, all’epoca della glaciazione Wurm 2. La ricerca è stata pubblicata sulla famosa rivista scientifica ‘Nature’.
“Queste nuove datazioni” riassume Benazzi “fanno dei due denti di Grotta del Cavallo i più antichi reperti europei di uomo moderno finora conosciuti. Questa scoperta retrodata l’arrivo dei membri della nostra specie nel continente europeo e indica che la coesistenza di neandertaliani e uomini moderni sia avvenuta per alcune migliaia di anni. Inoltre, sulla base di queste evidenze fossili abbiamo dimostrato che gli uomini anatomicamente moderni, e non i neandertaliani, hanno prodotto la cultura uluzziana. Ciò ha importanti implicazioni per la nostra comprensione delle abilità cognitive dei neanderaliani e dello sviluppo del comportamento umano moderno: gli elementi innovativi propri della cultura uluzziana non sarebbero quindi riconducibili ai neandertaliani ed è perciò ancora da dimostrare che questi umani avessero sviluppato negli ultimi millenni prima della loro scomparsa una cultura simile a quella dell'uomo anatomicamente moderno. La nostra scoperta dà indicazioni anche sulle modalità di popolamento del continente europeo. È plausibile supporre che gruppi umani provenienti dall’Africa e passanti per il Vicino Oriente, si siano spostati anche lungo una via mediterranea, con ingresso in Italia facilitato dalla regressione marina dell’ultimo periodo glaciale”.
Silvia Resta