di Francesco Greco. I numeri, è l’opinione di Pitagora, sono armonia, e regolano le leggi eterne dell’Universo e dei corpi celesti. Leggi così ferree da destare stupore, talvolta sgomento. Oltre al filosofo presocratico, sul connubio ontologico hanno speculato i grandi d’ogni tempo: da Euclide a Leonardo, da Galileo a Einstein.
La stessa armonia che regna nel Cielo, si riflette nelle forme geometriche intorno a noi, nella musica e in tutto ciò che può essere definito opera d’arte, dalla Cappella Sistina alla cupola del Brunelleschi, dai “Notturni” di Chopin al “Bolero” di Ravel, dalle pitture nelle grotte di Badisco alle donne di Botero, in un’osmosi sotterranea che comunque forse solo pochi iniziati possono percepire e godere, soprattutto oggi, in una modernità che ha intorpidito i sensi con un’aggressività e una Babele di segni e messaggi di per sè volgare e straniante. Ma chi riesce a disboscare la selva semantica che perfidamente ci avvolge, e a sortire senza aver perduto la capacità di percepire il bello intorno e dentro di sè, pare avvertire Elsa Martinelli, sconfina “in un vortice di curiosità, confusioni, spaesamenti, sino a destare un senso di vertigine”.
Ecco delineato il codice d’accesso di “Fughe”, Edizioni Grifo, Lecce 2011, pp. 272, € 20, in cui le curatrici Beatrice Malorgio (presidente dell’Associazione Culturale “Archicool”) e Elsa Martinelli (musicologa, Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce), hanno scannerizzato i legami sotterranei, carsici fra le infinite forme di bellezza, ma soprattutto la musica e l’architettura. Le ragazze prendono il lettore per mano e lo conducono in un labirinto dove a ogni angolo è in agguato una scoperta, e i percorsi sono disseminati di tracce addensate di una semantica sedimentata dal pensiero dei geni d’ogni tempo (dall’epoca classica quella rinascimentale), e su cui essi hanno ingaggiato tenzoni aspre e devastanti. Vengono così riscritti etimologicamente alcuni concetti fondanti della civiltà occidentale, fra cui quelli di tempo, spazio, forma, suono, rumore, silenzio, ritmo, tipo, serie, armonia, sinestesia, bellezza, infinito. Tentando così una serie di “fughe” per sortire dal labirinto della contemporaneità che tali concezioni ha destrutturato esteticamente e banalizzato, in nome forse di un’estetica fintamente popolare, in realtà elitaria, per piegarle a un’etica rozza e demagogica.
Il libro (Collana “Imagines” diretta da Ciro Robotti, architetto, Università di Napoli) si avvale di una serie di saggi dove gli studiosi scandagliano le “fughe”. Da Gerardo Zaccaria (fisico acustico nato in Germania) a Delia Mugnaini, compositrice genovese, e poi Walter Robotti (scrittore), Biagio Putignano, compositore, Elena Meleleo, architetto, Patrizia Baldassarre, tersicorea e infine Gino Pisanò, filologo e critico letterario e Saverio Pansini storico dell’arte.
Notevole l’apparato fotografico (dalla “Casa danzante” di Praga alla “Pietra sonora” di Pinuccio Sciola, dallo storico concerto dei Pink Floyd a Venezia il 15 luglio 1989 alla “Sydney Opera House” di Sydney) e i pensieri, in materia, dei grandi del passato sotto forma di aforismi, da Simonide (“La danza è una poesia muta; la poesia è una danza parlata”) a Policleto, passando per Socrate (“La musica è la più alta filosofia, la filosofia è la più alta delle musiche”), Platone, Aristotele, Orazio, Michelangelo, Palladio, Shakespeare, Novalis, ecc.
La stessa armonia che regna nel Cielo, si riflette nelle forme geometriche intorno a noi, nella musica e in tutto ciò che può essere definito opera d’arte, dalla Cappella Sistina alla cupola del Brunelleschi, dai “Notturni” di Chopin al “Bolero” di Ravel, dalle pitture nelle grotte di Badisco alle donne di Botero, in un’osmosi sotterranea che comunque forse solo pochi iniziati possono percepire e godere, soprattutto oggi, in una modernità che ha intorpidito i sensi con un’aggressività e una Babele di segni e messaggi di per sè volgare e straniante. Ma chi riesce a disboscare la selva semantica che perfidamente ci avvolge, e a sortire senza aver perduto la capacità di percepire il bello intorno e dentro di sè, pare avvertire Elsa Martinelli, sconfina “in un vortice di curiosità, confusioni, spaesamenti, sino a destare un senso di vertigine”.
Ecco delineato il codice d’accesso di “Fughe”, Edizioni Grifo, Lecce 2011, pp. 272, € 20, in cui le curatrici Beatrice Malorgio (presidente dell’Associazione Culturale “Archicool”) e Elsa Martinelli (musicologa, Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce), hanno scannerizzato i legami sotterranei, carsici fra le infinite forme di bellezza, ma soprattutto la musica e l’architettura. Le ragazze prendono il lettore per mano e lo conducono in un labirinto dove a ogni angolo è in agguato una scoperta, e i percorsi sono disseminati di tracce addensate di una semantica sedimentata dal pensiero dei geni d’ogni tempo (dall’epoca classica quella rinascimentale), e su cui essi hanno ingaggiato tenzoni aspre e devastanti. Vengono così riscritti etimologicamente alcuni concetti fondanti della civiltà occidentale, fra cui quelli di tempo, spazio, forma, suono, rumore, silenzio, ritmo, tipo, serie, armonia, sinestesia, bellezza, infinito. Tentando così una serie di “fughe” per sortire dal labirinto della contemporaneità che tali concezioni ha destrutturato esteticamente e banalizzato, in nome forse di un’estetica fintamente popolare, in realtà elitaria, per piegarle a un’etica rozza e demagogica.
Il libro (Collana “Imagines” diretta da Ciro Robotti, architetto, Università di Napoli) si avvale di una serie di saggi dove gli studiosi scandagliano le “fughe”. Da Gerardo Zaccaria (fisico acustico nato in Germania) a Delia Mugnaini, compositrice genovese, e poi Walter Robotti (scrittore), Biagio Putignano, compositore, Elena Meleleo, architetto, Patrizia Baldassarre, tersicorea e infine Gino Pisanò, filologo e critico letterario e Saverio Pansini storico dell’arte.
Notevole l’apparato fotografico (dalla “Casa danzante” di Praga alla “Pietra sonora” di Pinuccio Sciola, dallo storico concerto dei Pink Floyd a Venezia il 15 luglio 1989 alla “Sydney Opera House” di Sydney) e i pensieri, in materia, dei grandi del passato sotto forma di aforismi, da Simonide (“La danza è una poesia muta; la poesia è una danza parlata”) a Policleto, passando per Socrate (“La musica è la più alta filosofia, la filosofia è la più alta delle musiche”), Platone, Aristotele, Orazio, Michelangelo, Palladio, Shakespeare, Novalis, ecc.