Libri: l’impero della ‘ndrangheta, la mafia più forte del mondo

di Francesco Greco. Anna è una bellissima bambina, ha 10 anni, tifa Juve. E’ figlia di Matteo, venditore ambulante: “…ha conosciuto Sandra. L’amore l’ha strappato al crimine”. Aveva morbidissimi ricci biondi. La chemio glieli ha strappati. Ha il cancro. Ovviamente la curano al Nord (Verona): “Non mangia più la crostata di lamponi, la sua preferita”. Abita a Pertusola Sud, in un condominio costruito dalla ‘ndrangheta sulle scorie tossiche (il traffico muove un business di 20 mld annui). Ma suo padre non vuole sentir parlare di questa storia. “Chi nasce al Sud si porta dietro una colpa”. Settimo figlio di una famiglia povera, Pasquale “non voleva finire come i fratelli, a fare il mulo nei cantieri per portare a casa quattro lire”. Il clan lo capisce e lo “seduce”: motorino, t-shirt di marca: “La ‘ndrangheta è così: ti accarezza l’anima col danaro facile… Ma a 17 anni non capisci che chi finisce nel giro non può più tirarsi indietro, e che ogni momento può toccare a te”. Fece l’errore di spacciare nei quartieri-bene, il nipote di un capoclan morì di overdose. Pasquale aveva tagliato la roba esagerando. Lo condussero in una masseria fuori mano, lo sgozzarono con un fil di ferro, poi un colpo alla nuca “come in Calabria si fa con gli infami”.

Affreschi che sudano allegorie nude e crude, nelle terre dove regna e governa la “Santa”, o “Cosa Nuova” (fatturato annuo: 44 mld, dati Eurispes: il Pil di Estonia e Slovenia messi insieme), dove per “reazione a una disoccupazione cronica, che uccide i sogni, o parti o ti arruoli… ad andarsene erano sempre i migliori…”. E’ solo l’incipit di “Faide” (L’impero della ‘ndrangheta), di Biagio Simonetta, Cairo Editore, Milano 2011, pp. 176, € 13, Collana “H24”. La provenienza dal giornalismo migliore (Simonetta, nato nel 1980, è stato redattore del “Quotidiano della Calabria”, oggi vive a Milano), che da Montanelli a Ettore Mo è una scuola ma anche una militanza, riecheggia a ogni riga di questo ispido saggio scritto d’istinto, con le viscere calde, ricco di interfacce preziose perché scannerizzano un fenomeno di cui fellinianamente poco si sa (per esempio che la piramide è costruita sul vincolo di sangue) e tutto s’immagina “nonostante la strage di Duisburg, (Ferragosto 2007, 6 morti, n.d.r.) ha acceso i riflettori del mondo sulla ‘ndrangheta“, e non per nulla è definita “la mafia più forte del mondo”.

“Faide” può essere considerato la risposta a “Gomorra” di Saviano. Ma come architettura narrativa lo supera grazie a uno stile rapsodico, scarno, essenziale, hemingwayano, che tocca lo zenith di una purezza aspra e a tratti sconvolgente: ed è qui lo scarto vincente che cattura sino all’ultima riga con l’efficacia di mille saggi meridionalisti scritti con la carta-carbone. Simonetta non è un viaggiatore alla Gissing capitato lì per caso, ma in Calabria ci è nato, ha respirato quel tanfo di umidità della sala-giochi La Svegas, lo stesso del bunker dove si è rintanato un boss (“sono persone ricche, hanno milioni di euro, possono comprarsi ciò che desiderano…”), e fa percepire pure a noi l’olezzo di una terra bellissima dove Stato e istituzioni sono così evanescenti da aver lasciato culturalmente il campo ai clan.

“Sempre più imprenditori e meno scagnozzi”, gli uomini della ‘ndrangheta sono capaci di corrompere la terra con le scorie radioattive, ma anche il mare con l’affondamento di navi cariche, fatto reso noto da un pentito ma negato dalla politica: i pentiti, si sa, debbono cantare nel coro per essere credibili. Con la pazienza dell’entomologo e pennellate da cinema espressionista, Simonetta ricostruisce i fatti, li contestualizza con la pazienza del certosino, li svela nella loro cupa ferocia trattenendo il furore davanti ai passaggi più aberranti, chiedendosi come si sia potuti giungere a un degrado che coinvolge l’intero contesto civile, nessuno escluso. E se lo chiede, sconcertato, anche il lettore sino all’ultima pagina.

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