di Maria Grazia Rongo. Il Chiapas costituisce l’estrema regione meridionale del Messico, al confine con il Guatemala, e come tutti i profondi sud si differenzia nettamente dal resto del paese. Innanzi tutto rappresenta il tratto più stretto del Messico, dove il continente nordamericano si riduce ad una lingua di terra, affacciato con enormi spiagge deserte sul Pacifico. In basso predomina l’esuberante foresta tropicale, di cui un ampio tratto risulta occupata dalla Selva Lacandona, seconda per estensione nell’intero continente americano solo a quella amazzonica, ma al centro le montagne si alzano fino a 2.700 metri con bellissime foreste di conifere punteggiate da canyon, torrenti, cascate e laghi. Assieme alla vicina penisola dello Yucatan, di cui il Chiapas costituisce la base, questo territorio estremamente vario è stato la culla di una delle più grandi civiltà antiche, quella dei Maya, un popolo di grande fascino e cultura ma dalle enormi contraddizioni, che dette vita ad enormi agglomerati urbani ma non seppe mai creare uno stato unitario, che arrivò prima di noi al concetto dello zero, a suddividere l’anno in trecentosessantacinque giorni ed a prevedere le eclissi ma non conosceva la ruota, che sapeva tanto di astronomia ma era incapace di forgiare i metalli, che ha lasciato stupefacenti costruzioni pubbliche ma nessuna abitazione privata, che costruiva strade, canali e fognature ma non usava animali da soma. Unitamente ad importanti tesori naturalistici, le foreste del Chiapas nascondono pregevoli siti archeologi, alcuni ancora poco noti, altri ancora da scavare, ma la cui visita assume il fascino delle scoperte del secolo scorso, così come nei luoghi più reconditi della regione hanno trovato rifugio gli indios, discendenti degli antichi maya, quando la loro civiltà si dissolse, mantenendo intatte nel tempo lingua, cultura, tradizioni e cosmogonia, che nemmeno i conquistadores spagnoli riuscirono ad annientare.
Il sito archeologico di Palenque è l’essenza stessa del Chiapas. La sua maestosità architettonica, il cui apogeo è databile tra il 600 e l’800 d.C., riemerge da una foresta selvaggia e primitiva che aggiunge ulteriore fascino e mistero alla solennità delle costruzioni Maya. Ma benché la vegetazione del Chiapas svolga un ruolo determinante, Palenque gode di uno splendido stato di conservazione e i suoi quasi cinquecento edifici offrono uno spettacolo che non è azzardato definire eccezionale. Scegliere in tanta magnificenza non è agevole, comunque sono assolutamente da non perdere il Tempio de las Inscripciones, El Palacio e il Grupo de la Cruz, oltre il museo del sito.
Il più grande e imponente edificio di Palenque è il Tempio delle Iscrizioni, una piramide a 8 piani di oltre 25 metri di altezza che custodisce la cripta funeraria di Pakal (il cui scheletro, adorno di gioielli, riposa ora a Città del Messico), il re dal piede deforme, costruttore di molti degli edifici cittadini. Le numerosissime iscrizioni che adornano le pareti del tempio, che sovrasta la piramide, narrano la storia di Palenque e del tempio stesso. Nel cuore della piramide, la tomba di Pakal è un’ampia stanza dalle pareti decorate a stucco. Il coperchio del sarcofago raffigura, in un bellissimo bassorilievo, la resurrezione del re. L’intero edificio, di per sé eccezionalmente spettacolare, acquista ulteriore fascino se si riesce ad immaginarlo nei suoi originari e brillanti colori, tra i quali spiccava un rosso vivo.
Un dedalo di corridoi, stanze e cortili caratterizzano il Palazzo, la residenza della famiglia reale e della sua corte. Mentre il cosiddetto Gruppo della Croce è formato da quattro templi che onorano il figlio di Pakal, Chan-Balum: il Tempio del Sol ne commemora, attraverso le sue incisioni, la nascita e l’incoronazione, mentre anche il Tempio de la Cruz, il più grande dell’intero gruppo, e il Tempio XIV al loro interno presentano interessanti iscrizioni; infine il Tempio de la Cruz Foliada mette in evidenza le foglie di mais, una delle piante più importanti per l’alimentazione dei Maya. Merita anche una visita il museo del sito archeologico che, oltre ad esporre numerosi dei ritrovamenti della città, offre un’interpretazione approfondita della storia di Palenque.
La Carretera Federal 199 che da Palenque raggiunge San Cristobal de las Casas, per quanto lunga e faticosa, offre l’opportunità di conoscere le bellezze naturalistiche del Chiapas. Ad Agua Azul, il rio Usumancita regala, infatti, uno spettacolo straordinario: decine di cascatelle che si tuffano in limpide piscine naturali strappate alla giungla. Agua Clara è un’altra meraviglia dovuta al Rio Shumulhá; mentre lo spettacolo più intenso, è forse quello offerto da Misol-Ha, dove l’omonimo fiume precipita in una spettacolare cascata di oltre 30 metri, che si fa largo tra la vegetazione lussureggiante.
Si va via dal Chiapas a malincuore e con la speranza che la sua gente possa avere miglior sorte in futuro, che possa alzare la testa dopo secoli di soprusi ed oppressioni e con la voglia di tornarci presto, per poter passeggiare ancora tra le lastricate stradine coloniali dei suoi paesi, visitare i villaggi della sua gente, perdersi nella sua inebriante natura e ammirare i suoi mille colori.
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