di Francesco Greco. A prezzo di enormi sacrifici avete fatto studiare i figli e ora aspettate di vederli fare i notai, i docenti universitari, i magistrati, gli avvocati, i medici, i farmacisti, i giornalisti e quant’altro? Non fatevi illusioni, siate realisti: lasciate ogni speranza voi ch’entrate. Al massimo troveranno un posto al call-center del quartiere a 400 € o insegneranno alla scuola privata della borgata, a 250 netti al mese. Saranno costretti loro malgrado allo status di bamboccioni, assistiti anche dopo gli studi. E’ l’Italia, bellezza! Il Belpaese conservatore, con lo sguardo rivolto al passato, trasversale alla politica, delle caste, le cricche, le lobby, le cosche, le corporazioni, le logge massoniche, le famiglie, i club e tutta quella fauna antropologica immortale che compone l’affresco di un paese gerontocratico, elitario ed esclusivo, fuori dal tempo e dalla Storia, nei gorghi oscuri di una deriva demagogica che impedisce ogni rinnovamento e modernizzazione, dove non conta il merito e chi ha i benefit ne munge altri e chi non ha nulla s’arrangi. Si chiudono nel rassicurante recinto e si butta via la chiave, si rifiuta il confronto, di mettersi in discussione e si vive di rendita come feudatari e vassalli in età feudale.
A cercare di dare un volto organico a una materia così viscida, narrandone fatti e spesso misfatti, entrando col machete in una boscaglia fitta e impenetrabile, un “partito invisibile” di oltre 2 milioni di persone che la politica vuol tenersi caro per ovvie ragioni, ci prova Franco Stefanoni (giornalista del “Mondo”, milanese, 1965) con “I veri intoccabili”, Chiarelettere, Milano 2011, pp. 228, € 15. E quel che riesce a trasmettere all’incredulo lettore è un senso di nausea e di rivolta etica. L’Italia è “ostaggio” di 28 categorie professionali e i rispettivi ordini, che si sono dati leggi proprie molto simili a quelle della foresta (“spesso accusati di ostacolare l’ingresso delle nuove leve nel mondo del lavoro”), il cui volume d’affari si aggira sui 196 mld, il 15% del Pil (“nero” incluso). Che investono in beni mobili e immobili, con operazioni talvolta al limite del codice penale: da qui frequenti arresti, processi, scandali. Stefanoni parla, come background culturale, di un “mosaico erede delle corporazioni medievali, di leggi del ventennio fascista”. Assurdo nell’era del pixel.
Quasi un parlamentare su due appartiene a ordini professionali, e quindi matura una pensione integrativa, che può essere cumulata con le altre, cosa non consentita ai comuni mortali a cui hanno messo il “tetto”: gli emigranti, per dire, che hanno lavorato un po’ all’estero e un po’ in Italia e che spesso debbono restituire all’Inps somme da infarto. Numerosi gli avvocati, ma anche i giornalisti, che hanno un loro Ordine, giustamente sbeffeggiato da Beppe Grillo: “Va eliminato, cancellato. Restituiamo l’informazione ai loro legittimi proprietari: i cittadini italiani”. “Si presentano come paladini del consumatore – osserva Stefanoni – nella realtà si tratta di élite che proteggono soprattutto i propri iscritti. Chi li tocca muore”. E infatti: ci ha provato Bersani nel 2006 (da ministro dello Sviluppo Economico del secondo governo Prodi) e Tremonti, estate 2011. Hanno dato con la testa al muro. Sono le loro lobby a dar le carte ai politici, in un rapporto di commensalismo. Bibliche cavallette fameliche, oligarchie autorefenziate, plutocrazie coccolate dai politici e arroccate sui propri privilegi, perennemente alle prese col pasto nudo, che dopo aver consumato passano alle ciotole dei miserabili stemperando il “patto sociale” in un darwinismo delirante e antistorico, comunque assicurato da una normativa ad hoc che nessuno relativizza, perché, per citare Grillo, “Ogni porcata è sempre fatta a rigor di legge”. Bella Italia, amate sponde…
A cercare di dare un volto organico a una materia così viscida, narrandone fatti e spesso misfatti, entrando col machete in una boscaglia fitta e impenetrabile, un “partito invisibile” di oltre 2 milioni di persone che la politica vuol tenersi caro per ovvie ragioni, ci prova Franco Stefanoni (giornalista del “Mondo”, milanese, 1965) con “I veri intoccabili”, Chiarelettere, Milano 2011, pp. 228, € 15. E quel che riesce a trasmettere all’incredulo lettore è un senso di nausea e di rivolta etica. L’Italia è “ostaggio” di 28 categorie professionali e i rispettivi ordini, che si sono dati leggi proprie molto simili a quelle della foresta (“spesso accusati di ostacolare l’ingresso delle nuove leve nel mondo del lavoro”), il cui volume d’affari si aggira sui 196 mld, il 15% del Pil (“nero” incluso). Che investono in beni mobili e immobili, con operazioni talvolta al limite del codice penale: da qui frequenti arresti, processi, scandali. Stefanoni parla, come background culturale, di un “mosaico erede delle corporazioni medievali, di leggi del ventennio fascista”. Assurdo nell’era del pixel.
Quasi un parlamentare su due appartiene a ordini professionali, e quindi matura una pensione integrativa, che può essere cumulata con le altre, cosa non consentita ai comuni mortali a cui hanno messo il “tetto”: gli emigranti, per dire, che hanno lavorato un po’ all’estero e un po’ in Italia e che spesso debbono restituire all’Inps somme da infarto. Numerosi gli avvocati, ma anche i giornalisti, che hanno un loro Ordine, giustamente sbeffeggiato da Beppe Grillo: “Va eliminato, cancellato. Restituiamo l’informazione ai loro legittimi proprietari: i cittadini italiani”. “Si presentano come paladini del consumatore – osserva Stefanoni – nella realtà si tratta di élite che proteggono soprattutto i propri iscritti. Chi li tocca muore”. E infatti: ci ha provato Bersani nel 2006 (da ministro dello Sviluppo Economico del secondo governo Prodi) e Tremonti, estate 2011. Hanno dato con la testa al muro. Sono le loro lobby a dar le carte ai politici, in un rapporto di commensalismo. Bibliche cavallette fameliche, oligarchie autorefenziate, plutocrazie coccolate dai politici e arroccate sui propri privilegi, perennemente alle prese col pasto nudo, che dopo aver consumato passano alle ciotole dei miserabili stemperando il “patto sociale” in un darwinismo delirante e antistorico, comunque assicurato da una normativa ad hoc che nessuno relativizza, perché, per citare Grillo, “Ogni porcata è sempre fatta a rigor di legge”. Bella Italia, amate sponde…