ROMA. Dopo il '45 e l'89 ''siamo ora giunti, in special modo in Europa, a un terzo appuntamento con la storia: quello del calare il nostro processo di integrazione nel contesto di una fase critica della globalizzazione'' e questa volta ''le leadership europee appaiono in grande affanno a raccogliere la sfida''. E' un passaggio, pubblicato oggi da Repubblica, della lettera che Giorgio Napolitano ha inviato al direttore di Reset.
Nella ''crisi incalzante dell'euro'', scrive Napolitano, le leadership europee oggi ''appaiono palesemente inadeguate anche a causa di un generale arretramento culturale e di un impoverimento della vita politica democratica, che hanno congiurato nel provocare fatali ripiegamenti su meschini e anacronistici orizzonti e pregiudizi nazionali''.
''Particolarmente acuta - aggiunge il presidente della Repubblica - e' oggi per le forze riformiste l'esigenza di perseguire nuovi equilibri, sul piano delle politiche economiche e sociali, tra i condizionamenti ineludibili della competizione in un mondo radicalmente cambiato e valori di giustizia e di benessere popolare, divenuti concrete conquiste in termini di diritti e garanzie attraverso la costruzione di sistemi di Welfare State in Italia e in Europa''.
''Con i Trattati di Roma del 1957 e la nascita del Mercato Comune - prosegue -, furono riconosciuti e assunti dall'Italia i fondamenti dell'economia di mercato, i principi della libera circolazione, le regole della concorrenza; quelle che ancor oggi vengono denunciate come omissioni o come chiusure schematiche proprie della trattazione dei 'Rapporti economici' nella Costituzione repubblicana, vennero superate nel crogiuolo della costruzione comunitaria e del diritto comunitario''.
''Ora che a minare la sostenibilita' di quella grande e irrinunciabile conquista che e' stata la creazione dell'euro concorre fortemente la crisi dei debiti sovrani di diversi Stati tra i quali l'Italia, e' diventata ineludibile una profonda, accurata operazione di riduzione e selezione della spesa pubblica, anche in funzione di un processo di sburocratizzazione e risanamento degli apparati istituzionali e del loro modus operandi. Tale discorso non puo' non investire le degenerazioni parassitarie del 'Welfare all'italiana', rifondando motivazioni, obiettivi e limiti delle politiche sociali, ovvero rimodellandole in coerenza con l'epoca della competizione globale e con le sfide che essa pone all'Italia''.
Nella ''crisi incalzante dell'euro'', scrive Napolitano, le leadership europee oggi ''appaiono palesemente inadeguate anche a causa di un generale arretramento culturale e di un impoverimento della vita politica democratica, che hanno congiurato nel provocare fatali ripiegamenti su meschini e anacronistici orizzonti e pregiudizi nazionali''.
''Particolarmente acuta - aggiunge il presidente della Repubblica - e' oggi per le forze riformiste l'esigenza di perseguire nuovi equilibri, sul piano delle politiche economiche e sociali, tra i condizionamenti ineludibili della competizione in un mondo radicalmente cambiato e valori di giustizia e di benessere popolare, divenuti concrete conquiste in termini di diritti e garanzie attraverso la costruzione di sistemi di Welfare State in Italia e in Europa''.
''Con i Trattati di Roma del 1957 e la nascita del Mercato Comune - prosegue -, furono riconosciuti e assunti dall'Italia i fondamenti dell'economia di mercato, i principi della libera circolazione, le regole della concorrenza; quelle che ancor oggi vengono denunciate come omissioni o come chiusure schematiche proprie della trattazione dei 'Rapporti economici' nella Costituzione repubblicana, vennero superate nel crogiuolo della costruzione comunitaria e del diritto comunitario''.
''Ora che a minare la sostenibilita' di quella grande e irrinunciabile conquista che e' stata la creazione dell'euro concorre fortemente la crisi dei debiti sovrani di diversi Stati tra i quali l'Italia, e' diventata ineludibile una profonda, accurata operazione di riduzione e selezione della spesa pubblica, anche in funzione di un processo di sburocratizzazione e risanamento degli apparati istituzionali e del loro modus operandi. Tale discorso non puo' non investire le degenerazioni parassitarie del 'Welfare all'italiana', rifondando motivazioni, obiettivi e limiti delle politiche sociali, ovvero rimodellandole in coerenza con l'epoca della competizione globale e con le sfide che essa pone all'Italia''.