NICOLA RICCHITELLI - «Il maresciallo De Biase e Giulio Pittaluga sono ormai due alter ego. Con uno faccio l’eroe e il cittadino irreprensibile, con l’altro posso fare il cazzone e cialtroneggiare a piacimento. Direi che non mi faccio mancare nulla». Bizzarra nonché originale maniera per dire di sé, sicuramente in linea con la personalità stravagante dell’attore genovese.
Lui che con egual bravura ha visto i panni ironici di Giulia Pittalunga in “Un Medico in famiglia” - al fianco di Giulio Scarpati – e quindi Don Rino Puglisi nella fiction “Mille giorni a Brancaccio”, una carriera che prende il via in un lontano giorno del 1979 presso la Scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova.
D: Un saluto da Giornale di Puglia all’attore Ugo Dighero. Ugo tutto ebbe inizio dalla Scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova. Che ricordi hai di quell’esperienza?
R:«La scuola fu l’inizio di tutto. Non ricordo in tutta la mia vita un momento di entusiasmo così travolgente. Ho avuto dei maestri straordinari come Marcello Bartoli, Egisto Marcucci, Gian Maria Volontè e tanti altri».
D: Come nasce la passione per la recitazione? Se non fossi stato un attore saresti stato un…?
R:«Disoccupato!! Dopo un ventennio in un paese guidato da un megalomane imbottito di viagra è difficile immaginare qualcosa di diverso. La passione attoriale ce l’ho nel DNA. Mio padre ha recitato tutta la vita, anche se non l’ha mai fatto da professionista. Mi portava alle prove da ragazzino ed ero entusiasta di gironzolare per il teatro. Per un bambino il teatro è un luogo bellissimo da esplorare.
Se non facessi l’attore non saprei veramente cosa fare d’altro. All’università mi ero iscritto a economia e commercio…».
D: Ugo, a proposito del Teatro Stabile, che ricordi conservi di gente quali Giorgio Albertazzi, Eros Pagni, Gian Maria Volontè, Lina volonghi, Egisto Marcucci, Marcello Bartoli, ed altri?
R:«Mi ricordo che Lina Volonghi, anche se si era alla centesima replica, ripassava tutto lo spettacolo in quinta per concentrarsi. Era una gran professionista e una persona molto dolce. Con Volontè abbiamo fatto un intero anno di scuola preparando uno spettacolo che era tratto da “Vivere col terrorismo” di Luigi Manconi. Fu un’esperienza molto forte».
D: «La sera del 16 giugno 1989, dopo aver confezionato una sigaretta "irregolare" di forma inequivocabile, chiedeva da accendere al vicecapo della narcotici di Genova dimostrando tutto il suo acume e schivando l'arresto per manifesta idiozia». Ugo è vera questa storia? Cosa ricordi di quella sera?
R:«Nemmeno sotto tortura confermerò o smentirò questa storia».
D: Ugo, cinema, teatro, televisione e quindi radio: quale la veste che meglio ti sta addosso?
R:«Ti ringrazio per la voce “cinema”. In realtà ne ho fatto pochissimo, anche se mi piacerebbe molto. In Italia il cinema tende a snobbare gli attori che fanno anche televisione. Per fortuna è una tendenza in calo. Sicuramente tra tutti i linguaggi espressivi quello che mi appassiona di più è il teatro».
D: Se ti dicessi Don Rino Puglisi e quindi “Brancaccio”? Cosa vuol dire interpretare la figura di questo grande uomo?
R:«E’ una grande responsabilità interpretare una persona realmente esistita. Mi è capitato due volte: una con il personaggio di Don Pino Puglisi e poi con il sindacalista Gioacchino Basile. Sono stati due momenti di lavoro molto appassionanti e gratificanti che rimarranno scolpiti nella mia memoria. Furono anche due grandi successi di ascolto».
D: Ugo, “A voce alta” del 2006 ti è valso il premio come miglior attore protagonista all’International Detective Film Festival di Mosca. Come hai vissuto quel momento?
R:«E’ il primo premio che ho preso nella mia carriera e fu di buon auspicio. Non resta che chiudere la lunga lista di premi con un oscar e infine un nobel. Sento che se mi impegno sul positrone potrei prendere il nobel per la fisica».
D: Ugo, nota è la tua presenza nella fiction “Un medico in famiglia". Quali i motivi del tuo ritorno dopo all’incirca dieci anni? Vi sarà la tua presenza nelle prossime riprese?
R:«I motivi sono diversi. Da una parte il rapporto professionale e umano con Giulio Scarpati che mi propose di rientrare insieme a lui nella serie, dall’altra le rate del mutuo che mi consentono di avere una casa a Roma che mi permette di lavorare a Roma per guadagnare i soldi per pagarmi la casa di Roma che mi consente di lavorare a Roma…c’è qualcosa che mi sfugge da tempo nella mia vita».
D: Da “RIS, delitti imperfetti” a “Un medico in famiglia”, nel mezzo tanti fiction nel corso di questi anni. A quale personaggio sei maggiormente legato?
R:«Il maresciallo De Biase e Giulio Pittaluga sono ormai due alter ego. Con uno faccio l’eroe e il cittadino irreprensibile, con l’altro posso fare il cazzone e cialtroneggiare a piacimento. Direi che non mi faccio mancare nulla».
D: Cosa manca alla carriera di Ugo Dighero? A quale progetto ti piacerebbe prendere parte in futuro?
R:«La risposta ad entrambe le domande è: un bel personaggio in un progetto cinematografico. Saluti a tutti».