di Fabrizio Tangorra. Recuperare possibili evasioni Tarsu da parte delle attività economiche. È questa la parola d’ordine del Comune di Bari che ha appena ultimato un programma di accertamenti presso grandi aziende locali, come concessionarie d’auto, l’interporto e l’aeroporto. Le prime contestazioni sono già partite.
I vigili urbani baresi hanno girato presso le grandi aziende per verificare la conformità tra metri quadri dichiarati e la situazione effettiva dei luoghi. La Tarsu, tassa rifiuti solidi urbani (destinata a diventare presto Tres – tassa comunale sui rifiuti e servizi), si calcola infatti moltiplicando un’aliquota (che varia da un minimo di 3 euro ad un massimo di 20 in base alla destinazione dell’immobile) per i metri quadri dichiarati, che spesso non coincidono con quelli catastali. Inoltre, vanno appurate le esenzioni e gli sconti concessi a determinate categorie di operatori o per alcuni tipi particolari di rifiuti, che vengono normalmente autocertificati.
Le sanzioni sono molto pesanti. Tuttavia, spiega Gianni Giannini, assessore al bilancio, «non si tratta di un’azione di repressione fine a se stessa. Tutti i Comuni, a seguito dei tagli sui trasferimenti statali, sono in difficoltà». Per questo il Comune ha deciso di partire dalle attività produttive che, di fatto, rappresentano il grosso degli introiti della Tarsu, molto più delle utenze domestiche. «Questa attività di verifica – prosegue Giannini – ha l’obiettivo di mettere a confronto le autocertificazioni con le situazioni oggettive, affinché ogni contribuente versi la quota che gli spetta».
I titolari delle aziende che hanno ricevuto la visita dei vigili, però, non hanno da preoccuparsi se la loro denuncia è corretta. Questi accertamenti hanno mirato solo a verificare la conformità tra quanto dichiarato e lo stato dei luoghi. Quindi, chi ha ricevuto la visita, non è necessariamente un evasore. In caso siano state riscontrate delle difformità, invece, il Comune procederà con gli accertamenti e le contestazioni, che possono risalire sino ai cinque anni precedenti.
I vigili urbani baresi hanno girato presso le grandi aziende per verificare la conformità tra metri quadri dichiarati e la situazione effettiva dei luoghi. La Tarsu, tassa rifiuti solidi urbani (destinata a diventare presto Tres – tassa comunale sui rifiuti e servizi), si calcola infatti moltiplicando un’aliquota (che varia da un minimo di 3 euro ad un massimo di 20 in base alla destinazione dell’immobile) per i metri quadri dichiarati, che spesso non coincidono con quelli catastali. Inoltre, vanno appurate le esenzioni e gli sconti concessi a determinate categorie di operatori o per alcuni tipi particolari di rifiuti, che vengono normalmente autocertificati.
Le sanzioni sono molto pesanti. Tuttavia, spiega Gianni Giannini, assessore al bilancio, «non si tratta di un’azione di repressione fine a se stessa. Tutti i Comuni, a seguito dei tagli sui trasferimenti statali, sono in difficoltà». Per questo il Comune ha deciso di partire dalle attività produttive che, di fatto, rappresentano il grosso degli introiti della Tarsu, molto più delle utenze domestiche. «Questa attività di verifica – prosegue Giannini – ha l’obiettivo di mettere a confronto le autocertificazioni con le situazioni oggettive, affinché ogni contribuente versi la quota che gli spetta».
I titolari delle aziende che hanno ricevuto la visita dei vigili, però, non hanno da preoccuparsi se la loro denuncia è corretta. Questi accertamenti hanno mirato solo a verificare la conformità tra quanto dichiarato e lo stato dei luoghi. Quindi, chi ha ricevuto la visita, non è necessariamente un evasore. In caso siano state riscontrate delle difformità, invece, il Comune procederà con gli accertamenti e le contestazioni, che possono risalire sino ai cinque anni precedenti.
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