di Vittorio Polito. Dopo il periodo di Carnevale, con il Mercoledì delle Ceneri, inizia l’intervallo quaresimale che culminerà con la Settimana Santa. La Quaresima ha lo scopo di invitare i fedeli a imitare il periodo di 40 giorni di meditazione e di penitenza che Gesù trascorse nel deserto prima di cominciare la predicazione e di farci crescere nella conoscenza del mistero di Cristo.
Il termine carnevale, come tutti sanno, viene dal latino ‘carnem levare’ (togliere la carne), perché proprio il martedì, detto “grasso”, è l’ultimo giorno in cui è possibile mangiare carne prima che inizi il lungo periodo “di magro” della Quaresima (i quaranta giorni che precedono la Santa Pasqua).
Il Carnevale è il periodo dell’anno che precede la Quaresima e, secondo Alfonso Maria Di Nola (1926-1997), storico delle religioni e saggista italiano, è il «Tenue residuo dell’imponente ciclo festivo di altre epoche, che sigilla nell’ambiguità dei comportamenti collettivi le antichissime immagini della Morte e della Gioia, i due termini intorno ai quali ruota la perenne storia dell’uomo. Il farsi diverso ed estraneo, il rifiutare negli atteggiamenti la quotidianità immettono in un itinerario della follia occasionale e passeggera, come alternativa dell’essere».
La Quaresima, invece, nella liturgia cattolica è il periodo penitenziale di quaranta giorni, in preparazione della Pasqua, in cui si osserva il precetto del digiuno e dell’astinenza nei giorni prescritti. Nel passato la quaresima portò ad elaborare una ‘cucina di magro’, particolarmente fantasiosa e saporita, perché essendo proibite le carni e tutti i condimenti derivati dai grassi animali, bisognava pur ingegnarsi in qualche modo per dare sapore ai cibi. Nacquero in questo modo molti piatti della nostra cucina tradizionale che sono oggi i pilastri della dieta mediterranea.
Spesso ci domandiamo quale l’origine storica del Carnevale e della Quaresima? Perché tanto contrasto tra i due periodi? A queste domande e ad altre ancora risponde Vito Lozito (1943-2004), docente universitario di Storia della Chiesa presso l’Università di Bari, nel suo volume “Agiografia, Magia, Superstizione”, edito da Levante Editore.
L’origine storica del carnevale è spesso collegata agli antichi Saturnali latini, le feste religiose dell’antica Roma, che si celebravano in onore del dio Saturno. I festeggiamenti tendevano ad abolire le distanze sociali ed avevano spesso carattere licenzioso e orgiastico, cambiavano il quotidiano rapporto padrone-servo, uomo-donna, governante-suddito, insomma in quel periodo tutto era lecito e permesso. La funzione stessa del re dei saturnali, che moriva alla fine della festa, richiama il nostro Re del Carnevale, che a seconda della tradizione locale, viene ucciso, bruciato, impiccato, ecc.
Vi sono anche altri riti antichi in cui la nostra festa affonda le radici ed il riferimento è alla festa chiamata Equirria, che si svolgeva a Roma il 27 febbraio e ripetuta il 14 marzo e che consisteva in una corsa di cavalli, effettuata con l’intento di conquistare il favore di Marte, padre e protettore dell’Urbe.
La civiltà babilonese ritenendo lo svolgersi della vita terrestre, riflesso dei moti astrali, rappresentava il passaggio dall’inverno alla primavera con una processione in cui su un carro-nave era trasportato il dio Sole o il dio Luna che simbolicamente procedeva verso il “Santuario” di Babilonia, cioè la terra. Si trattava del “Car Naval” che concludeva un anno e ne iniziava uno nuovo. Il passaggio del Carro indicava il “viaggio” con tutte le caratteristiche gioiose, terrificanti e di pericolo che comportava, il cui nocchiero rappresentava il Re di Carnevale, il quale sarà eliminato una volta giunti alla fine della traversata, per dare posto simbolicamente al nuovo anno.
Il contrasto più avvincente rimane quello tra Carnevale e Quaresima, ossia fra gioia e tristezza, fra benessere e miseria. Alle abbondanti libagioni di carnevale subentrava la dieta alimentare rigida che le classi povere accettavano più per scarsità di prodotti che per rispetto a prescrizioni religiose. Il digiuno, invece, aiutava a vincere le passioni e a liberarsi dalla materialità , dal momento che il precetto evangelico affermava che i dèmoni possono essere cacciati “con la preghiera e con il digiuno”. Perciò durante la “penitenza dei quaranta giorni”, viene ricordato il corrispondente periodo di tempo trascorso da Mosè e Gesù nel deserto senza toccare cibo. Attualmente, dal punto di vista alimentare, Carnevale ha sconfitto la Quaresima, dal momento che non vi sono più tempi eccezionali come il Carnevale, l’abbondanza oggi è presente tutti i giorni, ogni giorno è festa, per cui pare che il digiuno, ormai, è dimenticato.
Il termine carnevale, come tutti sanno, viene dal latino ‘carnem levare’ (togliere la carne), perché proprio il martedì, detto “grasso”, è l’ultimo giorno in cui è possibile mangiare carne prima che inizi il lungo periodo “di magro” della Quaresima (i quaranta giorni che precedono la Santa Pasqua).
Il Carnevale è il periodo dell’anno che precede la Quaresima e, secondo Alfonso Maria Di Nola (1926-1997), storico delle religioni e saggista italiano, è il «Tenue residuo dell’imponente ciclo festivo di altre epoche, che sigilla nell’ambiguità dei comportamenti collettivi le antichissime immagini della Morte e della Gioia, i due termini intorno ai quali ruota la perenne storia dell’uomo. Il farsi diverso ed estraneo, il rifiutare negli atteggiamenti la quotidianità immettono in un itinerario della follia occasionale e passeggera, come alternativa dell’essere».
La Quaresima, invece, nella liturgia cattolica è il periodo penitenziale di quaranta giorni, in preparazione della Pasqua, in cui si osserva il precetto del digiuno e dell’astinenza nei giorni prescritti. Nel passato la quaresima portò ad elaborare una ‘cucina di magro’, particolarmente fantasiosa e saporita, perché essendo proibite le carni e tutti i condimenti derivati dai grassi animali, bisognava pur ingegnarsi in qualche modo per dare sapore ai cibi. Nacquero in questo modo molti piatti della nostra cucina tradizionale che sono oggi i pilastri della dieta mediterranea.
Spesso ci domandiamo quale l’origine storica del Carnevale e della Quaresima? Perché tanto contrasto tra i due periodi? A queste domande e ad altre ancora risponde Vito Lozito (1943-2004), docente universitario di Storia della Chiesa presso l’Università di Bari, nel suo volume “Agiografia, Magia, Superstizione”, edito da Levante Editore.
L’origine storica del carnevale è spesso collegata agli antichi Saturnali latini, le feste religiose dell’antica Roma, che si celebravano in onore del dio Saturno. I festeggiamenti tendevano ad abolire le distanze sociali ed avevano spesso carattere licenzioso e orgiastico, cambiavano il quotidiano rapporto padrone-servo, uomo-donna, governante-suddito, insomma in quel periodo tutto era lecito e permesso. La funzione stessa del re dei saturnali, che moriva alla fine della festa, richiama il nostro Re del Carnevale, che a seconda della tradizione locale, viene ucciso, bruciato, impiccato, ecc.
Vi sono anche altri riti antichi in cui la nostra festa affonda le radici ed il riferimento è alla festa chiamata Equirria, che si svolgeva a Roma il 27 febbraio e ripetuta il 14 marzo e che consisteva in una corsa di cavalli, effettuata con l’intento di conquistare il favore di Marte, padre e protettore dell’Urbe.
La civiltà babilonese ritenendo lo svolgersi della vita terrestre, riflesso dei moti astrali, rappresentava il passaggio dall’inverno alla primavera con una processione in cui su un carro-nave era trasportato il dio Sole o il dio Luna che simbolicamente procedeva verso il “Santuario” di Babilonia, cioè la terra. Si trattava del “Car Naval” che concludeva un anno e ne iniziava uno nuovo. Il passaggio del Carro indicava il “viaggio” con tutte le caratteristiche gioiose, terrificanti e di pericolo che comportava, il cui nocchiero rappresentava il Re di Carnevale, il quale sarà eliminato una volta giunti alla fine della traversata, per dare posto simbolicamente al nuovo anno.
Il contrasto più avvincente rimane quello tra Carnevale e Quaresima, ossia fra gioia e tristezza, fra benessere e miseria. Alle abbondanti libagioni di carnevale subentrava la dieta alimentare rigida che le classi povere accettavano più per scarsità di prodotti che per rispetto a prescrizioni religiose. Il digiuno, invece, aiutava a vincere le passioni e a liberarsi dalla materialità , dal momento che il precetto evangelico affermava che i dèmoni possono essere cacciati “con la preghiera e con il digiuno”. Perciò durante la “penitenza dei quaranta giorni”, viene ricordato il corrispondente periodo di tempo trascorso da Mosè e Gesù nel deserto senza toccare cibo. Attualmente, dal punto di vista alimentare, Carnevale ha sconfitto la Quaresima, dal momento che non vi sono più tempi eccezionali come il Carnevale, l’abbondanza oggi è presente tutti i giorni, ogni giorno è festa, per cui pare che il digiuno, ormai, è dimenticato.