Il rospo di Vanini, la forza dell’utopia


di Francesco Greco. “Andiamo, andiamo a morire allegramente da filosofo…”. Bello come un dio greco, giovane engagé, ricco, di buona famiglia (padre toscano, uomo d’affari ricchissimo, e madre spagnola, nobile). Partì dalla Puglia (Taurisano, sud Salento), vagò per l’intera Europa affascinando per le sue idee avanti nel tempo. Coltivò un razionalismo dubbioso, l’utopia in progress. Morì sulla piazza principale di Tolosa, il 9 febbraio 1619, a 34 anni, dopo un processo-farsa durato ben 6 mesi e retto dalle parole di un falso testimone che disse davanti a un tribunale “laico” (il Parlamento di Tolosa, città di 50mila abitanti, cattolica sino al fanatismo) di averlo sentito negare Dio e l’anima. Questa è la versione di un gesuita messa giù qualche anno dopo, ma magari le cose andarono diversamente. Comunque non esistono le carte del processo, qualcuno le ha fatte sparire, e non per caso…

E’ la parabola breve ma intensa del filosofo pugliese Giulio Cesare Vanini, a cui in questo 2012 arride una fortuna inaspettata quanto meritata dopo lustri di oscurità molto vicina alla rimozione. L’editore Bompiani (sinora era edito da Congedo di Galatina) pubblica la sua opera omnia, titolo “Giulio Cesare Vanini, Tutte le opere”, e lo colloca nella prestigiosa collana filosofica “Il pensiero occidentale”, accanto a Platone, Cartesio, Voltaire, Hume, Leibniz, ecc.

E’ tutto? Macché. Il regista e sceneggiatore bolognese Filippo Vendemmiati si è invaghito del personaggio e aiutato da altri “vaniniani” doc, il prof. Mario Carparelli, per esempio, ha messo giù uno script per un film: in questo momento è all’attenzione di un grosso produttore. L’intento è di ricostruire il tempo, il personaggio, l’opera di un grande pensatore che finalmente è visto per quello che è: una colonna portante del pensiero dell’Occidente, una tessera decisiva del puzzle che marca l’identità europea.

Le leggende metropolitane cominciarono mentre il vento ispido spargeva nell’aria le sue ceneri ancora calde. Qualcuno disse che in camera sua era stato trovato un rospo, e quindi era pratico di magia nera. Altri mormorarono che già il suo nome era sospetto: Giulio Cesare. Altri ancora che fosse il 12mo apostolo di Satana. Una vita segnata dalla fuga, Vanini era giunto a Tolosa due anni prima, sotto falso nome: Pomponio Usciglio. Ingenuamente era andato a ficcarsi, lui in odore di ateismo, in un covo di credenti fino al fanatismo. La Tolosa-bene tuttavia gli fece credito affidandogli l’educazione dei suoi rampolli. Fino all’arresto, quando gli voltò le spalle. Non si trovò però un testimone: Vanini era colto quanto astuto. Non valse tuttavia a salvargli la vita. Fece la stessa fine di Giordano Bruno, arso vivo (con una collottola di ferro che gli trapanò la lingua) il 17 febbraio del 1600 a Roma, a Campo de’ Fiori; ma mentre il frate nolano, con la sua speculazione sui mondi infiniti, era stato accusato dall’Inquisizione di eresia, l’accusa rivolta a Vanini fu di ateismo: era considerata ancora più grave e fu processato dai “laici”, lui teorico ante litteram della laicità dello Stato e dei valori. Alla fine spuntò un tale che disse di averlo sentito dubitare di Dio. Bastò. In spregio al diritto: “Testis unus, testis nullus”. Gli fecero attraversare la città su un carro trainato da un cavallo bianco. Poi gli fu strappata la lingua, metafora agghiacciante per tutti i pensatori in divenire. Fu impiccato e poi il corpo bruciato e le sue ceneri al vento gelido. E’ la versione, come s’è detto, di un gesuita, quindi di parte, ma forse non si saprà mai come andarono davvero le cose, la dinamica del processo. Carte non ce ne sono, falsi tanti e ogni tanto ne spunta qualcuno.

Antiplatonico, negatore del trascendente, dell’anima immortale (Vanini sosteneva che muore col corpo, e di contro attribuiva alla materia l’eternità), dei miracoli, contestava la visione rinascimentale dell’Universo. La ragione porta all’ateismo, distrugge le prove dell’esistenza di Dio. L’uomo non è al centro dell’Universo… Proviene da scimmie, maiali e rane... E’ inoltre a favore della libertà sessuale, contro la Chiesa che vede il sesso col solo fine riproduttivo. Ma quel che lo perse forse fu la sua critica iconoclasta alla gestione del potere spirituale da parte della Chiesa (oltre a negare la SS. Trinità, “una favola”). E non poteva essere altrimenti. Un grande dell’Umanesimo, fu subito considerato il “nonno” dei Lumi e primo filosofo della modernità. E, dopo la rimozione, l’accusa di “plagio” (di Cardano, Pomponazzi, Cicerone, ecc.) da parte di uno studioso conterraneo, Luigi Corvaglia, sodale di Benedetto Croce, il “ritorno” alla grande. “Vanini butta giù un tempio e ne ricostruisce uno nuovo con le stesse pietre”, ha osservato il prof. Carparelli al convegno di Salve organizzato da Antonella Oceano e Carmelo Anastasio di “officina ad altiora”. A cosa si deve questa rivalutazione lo spiega bene lo stesso prof. Carparelli, collaboratore della cattedra di Storia della filosofia all’Università del Salento, autore di un libro su Vanini intitolato “Morire allegramente da filosofi. Piccolo catechismo per atei” in ristampa perché subito esaurito, e questo la dice tutta sull’interesse per il pensatore di Terra d’Otranto.

Nel 2010 fu inaugurata la sua casa restaurata nel centro storico di Taurisano, sede di un centro-studi a lui intitolato. Sinora sono usciti sull’uomo e l’opera ben 9000 titoli. Lo studiano anche in Cina. Uno studioso polacco, il prof. Andrzej Nowicki, appena deceduto, ha passato la vita a indagare il suo pensiero, analisi finite in molte pubblicazioni. O come Anacleto Verrecchia (pur’egli mancato da poco), che ha indagato come pochi Giordano Bruno.

Sdoganato da Hegel, da Schopenhauer (“Era più facile bruciare Vanini che confutarlo”), il pensatore teorizzò anche la non fissità delle specie più di 2 secoli prima di Darwin. Fu un uomo coerente: sempre in fuga, patì miseria, fame, freddo. Grande affabulatore, visionario in grado di immaginare un mondo nuovo e vite più vivibili e con meno ingiustizie, cultore dell’utopia, di cui oggi, in un mondo che ha relativizzato tutto, c’è stretto bisogno: forse anche da qui muove la riproposizione del suo pensiero tornato di straordinaria modernità nell’epoca del blog: l’utopia vaniniana è più che mai attuale. “Andiamo, andiamo a morire allegramente da filosofo…”.

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