In edicola "Case e affari, il volto della Seconda Repubblica"

ROMA. Case prestigiose di proprietà degli Enti previdenziali cedute a cifre stracciate e, spesso, pubblicizzate su non chiari canali commerciali. Uno scandalo italiano di miliardi di euro che mette in gioco un patrimonio pubblico di 150mila abitazioni. Sul nuovo numero del settimanale il Punto di questa settimana un’ampia inchiesta sulle compravendite non proprio legali di immobili pubblici. Il meccanismo è semplice: vendere le case di pregio nel centro e nei quartieri eleganti delle città a politici ed alti dirigenti di Stato. Poi indebitare l’Ente, fino a prosciugarne le casse, per acquistare palazzi nuovi, e di nessun pregio architettonico, nelle grandi periferie. Torniamo con la mente a quando, 10 anni fa, i palazzinari romani si leccarono i baffi per la bontà dimostrata dalla Giunta Veltroni: un diluvio di cemento, 70 milioni di metri cubi elargiti su Roma ai più grandi costruttori. Una cascata di danaro tra urbanistica, edilizia e viabilità: un pozzo di costi interamente poggiati suoi contribuenti romani e sulle casse degli Enti che, vendute le case di pregio, dovettero metterci il resto per comprare i palazzoni delle periferie. E ora un esercito di dirigenti di Stato, Regioni, banche, nonché una buona fetta di politici, temono di dover rendere conto di come hanno acquistati case di pregio a prezzi bassissimi. Sotto la lente di ingrandimento migliaia di episodi, come quelli dell’ex ministro Scajola e del ministro in carica Patroni Griffi. Emblematico, il caso del deputato Conti del PDL, che ha comprato un palazzo di un ente e lo ha rivenduto il giorno dopo (realizzando una plusvalenza di 18 milioni di euro).

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