BARI. Domani ricorre il “Giorno del Ricordo” e l’intero Consiglio regionale della Puglia, attraverso il presidente Onofrio Introna, si unisce alla riflessione su una pagina dolorosa del Novecento.
“Il 10 febbraio di ogni anno in Italia è tempo di memoria condivisa. Nel 2004, una legge della Repubblica ha riconosciuto la giornata quale solennità civile, dedicata alle vittime delle foibe e al dramma dell’esodo degli italiani d’Istria, Dalmazia e del Fiumano nel secondo dopoguerra. Una tragedia a lungo rimossa per ragioni diplomatiche e opportunità politiche.
Il 10 febbraio, non a caso anniversario del Trattato di pace di Parigi del 1947, si lega al ricordo di un orrore disumano e alla denuncia dell’odio etnico, che nelle province del confine orientale portò ad una caccia agli italiani e ai loro beni, fino all’estremo crudele dell’ “infoibamento” di combattenti repubblichini e agenti delle forze dell’ordine, carabinieri e funzionari pubblici, ma anche semplici donne e uomini e perfino militanti antifascisti, per eliminare ogni opposizione alla slavizzazione del territorio. Torturati e gettati nelle cavità del Carso.
Se nella Zona A gli Alleati fermarono le stragi assumendo il controllo di Trieste, in quella orientale l’esempio feroce obbligò 350mila italiani a lasciare case, averi, radici, a riparare in un’Italia devastata, ad affrontare la dura vita da profughi.
Ricordare è doveroso. Il Consiglio regionale pugliese fa sue le espressioni del Capo dello Stato. L’italianizzazione forzata nelle stesse aree aveva alimentato rancori, ma la politica più cieca o le rappresaglie non giustificano la violenza sui vinti, il massacro di innocenti e l’esilio di un popolo dalla sua terra da secoli. È un crimine contro l’umanità che questa giornata porta all’attenzione, soprattutto dei giovani, perché collaborino a cancellare l’ odio dal loro futuro”.
“Il 10 febbraio di ogni anno in Italia è tempo di memoria condivisa. Nel 2004, una legge della Repubblica ha riconosciuto la giornata quale solennità civile, dedicata alle vittime delle foibe e al dramma dell’esodo degli italiani d’Istria, Dalmazia e del Fiumano nel secondo dopoguerra. Una tragedia a lungo rimossa per ragioni diplomatiche e opportunità politiche.
Il 10 febbraio, non a caso anniversario del Trattato di pace di Parigi del 1947, si lega al ricordo di un orrore disumano e alla denuncia dell’odio etnico, che nelle province del confine orientale portò ad una caccia agli italiani e ai loro beni, fino all’estremo crudele dell’ “infoibamento” di combattenti repubblichini e agenti delle forze dell’ordine, carabinieri e funzionari pubblici, ma anche semplici donne e uomini e perfino militanti antifascisti, per eliminare ogni opposizione alla slavizzazione del territorio. Torturati e gettati nelle cavità del Carso.
Se nella Zona A gli Alleati fermarono le stragi assumendo il controllo di Trieste, in quella orientale l’esempio feroce obbligò 350mila italiani a lasciare case, averi, radici, a riparare in un’Italia devastata, ad affrontare la dura vita da profughi.
Ricordare è doveroso. Il Consiglio regionale pugliese fa sue le espressioni del Capo dello Stato. L’italianizzazione forzata nelle stesse aree aveva alimentato rancori, ma la politica più cieca o le rappresaglie non giustificano la violenza sui vinti, il massacro di innocenti e l’esilio di un popolo dalla sua terra da secoli. È un crimine contro l’umanità che questa giornata porta all’attenzione, soprattutto dei giovani, perché collaborino a cancellare l’ odio dal loro futuro”.
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