TARANTO. “Mentre si stanno attivando tutte le procedure per cantierizzare opere infrastrutturali nel porto mercantile di Taranto per 400 milioni di euro, con la relativa nomina di un commissario e la possibilità di ottenere l’approvazione del piano regolatore, la Tct blocca ogni tentativo di rilancio dello scalo ionico e conferma la decisione di mettere in mobilità 160 lavoratori. Un comportamento inaccettabile che non può più essere tollerato”.
E’ quanto dichiara Aldo Pugliese, Segretario Generale della UIL di Puglia e di Bari, che rincara la dose. “La Tct – spiega – ha già deciso, nel passato, di prescindere dai lavoratori dell’Evergreen Italia e di 75 lavoratori della Delta 1, per tacere del turnover negato, degli investimenti mai realizzati e dello stato di effettivo monopolio in cui verte il porto di Taranto. In sostanza, le condizioni stabilite dal contratto di gestione 50ennale non sono mai state rispettate: pertanto sarebbe opportuno procedere alla revoca dello stesso ed aprire il porto ionico ad altre aziende interessate, magari a partire proprio da quelle che in passato lo hanno abbandonato a causa delle condizioni inaccettabili imposte dalla Tct”.
Taranto, secondo Pugliese, “dovrebbe seguire l’esempio di Bari, in cui è la gestione pubblica a dettare le condizioni a tutti i privati, sistema che ha permesso allo scalo del capoluogo di fare passi da gigante, come dimostrano, ad esempio, gli oltre due milioni di passeggeri registrati nel 2011. Invece, a Taranto, la gestione pubblica è limitata al piccolo molo di Sant’Egidio, mentre il resto è nelle mani di imprese private: Ilva, Eni, Cementir e, appunto, Tct”. A Taranto, dunque, bisogna ripartire “dal molo polisettoriale, che deve essere restituito all’originale gestione pubblica, affinché il porto nel suo insieme possa ritornare a proporsi come uno degli scali di riferimento nel Mediterraneo”.
E’ quanto dichiara Aldo Pugliese, Segretario Generale della UIL di Puglia e di Bari, che rincara la dose. “La Tct – spiega – ha già deciso, nel passato, di prescindere dai lavoratori dell’Evergreen Italia e di 75 lavoratori della Delta 1, per tacere del turnover negato, degli investimenti mai realizzati e dello stato di effettivo monopolio in cui verte il porto di Taranto. In sostanza, le condizioni stabilite dal contratto di gestione 50ennale non sono mai state rispettate: pertanto sarebbe opportuno procedere alla revoca dello stesso ed aprire il porto ionico ad altre aziende interessate, magari a partire proprio da quelle che in passato lo hanno abbandonato a causa delle condizioni inaccettabili imposte dalla Tct”.
Taranto, secondo Pugliese, “dovrebbe seguire l’esempio di Bari, in cui è la gestione pubblica a dettare le condizioni a tutti i privati, sistema che ha permesso allo scalo del capoluogo di fare passi da gigante, come dimostrano, ad esempio, gli oltre due milioni di passeggeri registrati nel 2011. Invece, a Taranto, la gestione pubblica è limitata al piccolo molo di Sant’Egidio, mentre il resto è nelle mani di imprese private: Ilva, Eni, Cementir e, appunto, Tct”. A Taranto, dunque, bisogna ripartire “dal molo polisettoriale, che deve essere restituito all’originale gestione pubblica, affinché il porto nel suo insieme possa ritornare a proporsi come uno degli scali di riferimento nel Mediterraneo”.
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