ROMA. Con la decisione del giudice della sezione Lavoro del Tribunale di Bari di accogliere il ricorso presentato da un malato di cancro che chiedeva di essere curato con il metodo Di Bella, «si tornano ad avallare il facile sensazionalismo e le false speranze da parte dei pazienti». E' quanto espresso dal segretario nazionale dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) Carmine Pintu, il quale sottolinea come ai pazienti debbano essere garantite esclusivamente cure «riconosciute valide scientificamente».
«Dobbiamo garantire ai malati – sostiene Pintu – cure per le quali c'è una dimostrazione scientifica di efficacia, e non cure potenzialmente tossiche». Sul metodo Di Bella contro il cancro, sottolinea l’esperto, «sono state svolte sperimentazioni che hanno dimostrato in modo chiaro l’ inefficacia della cura in questione: il metodo Di Bella non si è cioè dimostrato 'attivò contro la patologia; inoltre - rileva – si pose anche la questione etica del sottrarre pazienti a cure che si sono invece dimostrate efficaci scientificamente».
Altro aspetto è poi quello economico: «Si sottraggono risorse autorizzando un metodo non efficace, in un momento - afferma Pintu – in cui non possiamo sicuramente permettercelo».
Quindi, «per noi oncologi – conclude Pintu – questo è un capitolo chiuso. Il messaggio che lanciamo è che non bisogna assolutamente riaccendere false speranze nei pazienti».
«Dobbiamo garantire ai malati – sostiene Pintu – cure per le quali c'è una dimostrazione scientifica di efficacia, e non cure potenzialmente tossiche». Sul metodo Di Bella contro il cancro, sottolinea l’esperto, «sono state svolte sperimentazioni che hanno dimostrato in modo chiaro l’ inefficacia della cura in questione: il metodo Di Bella non si è cioè dimostrato 'attivò contro la patologia; inoltre - rileva – si pose anche la questione etica del sottrarre pazienti a cure che si sono invece dimostrate efficaci scientificamente».
Altro aspetto è poi quello economico: «Si sottraggono risorse autorizzando un metodo non efficace, in un momento - afferma Pintu – in cui non possiamo sicuramente permettercelo».
Quindi, «per noi oncologi – conclude Pintu – questo è un capitolo chiuso. Il messaggio che lanciamo è che non bisogna assolutamente riaccendere false speranze nei pazienti».