di Francesco Greco. Diciamolo senza se e senza ma: il MoVimento 5 Stelle fondato da Beppe Grillo (il 4 ottobre 2009 l’emersione dal sottosuolo dostoevskijano) è il fenomeno politico-culturale del momento. Una sorta di ufo ancora tutto da decifrare, work in progress che oggi ha preso in mano la scena mediatica e in futuro potrà assumere una centralità progettuale con la radicalità della sua analisi socio-politica sullo status-quo. Ciò è oggettivamente provato dal fastidio con cui i media tradizionali tentano di leggerlo, e di rimuoverlo, e dall’irritazione della classe politica in blocco con cui fugge ogni dialettica con i “grillini”, ed entrambi vorrebbero esorcizzare un “partito” virtuale che si alimenta nella blogsfera, pur accreditato dai sondaggi dell’8%, tanto da far dire a molti che quello del blogger genovese è il vero terzo polo (in espansione: i Meetup, gruppi d’incontro, aumentano ogni giorno da Nord a Sud e il MoVimento conta 160 rappresentanti nelle istituzioni, eletti a costo zero, solo con la forza delle idee portate dai pixel).
Grillo è stato fra i primi a intuire l’involuzione di un “sistema marcio” in rapida metastasi da ultimi giorni a Pompei, la cifra menzognera dei media soprattutto in materia economico-finanziaria e a entrare – anche col seguitissimo blog – nella post-politica, che Serge Latouche (il filosofo della decrescita) chiama “post-democrazia” e a porre al centro la Rete, dove ognuno vale uno e le “non assenze” possono produrre una controinformazione capace di relativizzare sia le bugie della galassia mediatica che le verità ufficiali (“Non metterò le mani nelle tasche degli italiani”, era il mantra dell’Eletto) di una casta autoreferenziata, arroccata su privilegi indecorosi, che si delegittima con quel che dice e fa nel tunnel viscido di una crisi di rappresentanza ormai irreversibile e che ha fatto della politica una professione, archetipo contro cui Max Weber scagliò più di un anatema già nel 1919 (cfr. in “Scritti politici”, Donzelli, 1998).
Il comico 64enne (6 figli) ha reinventato la semantica della politica, sia nella modulazione del linguaggio liberato dai bizantinismi del politichese che in chiave di partecipazione dal basso e di e aver scagliato i format nel XXI secolo. Si può pertanto dire che la democrazia “identitaria” è tornata alle origini, alle radici: la Rete si trasfigura nell’agorà ateniese dove all’ombra dei propilei si discuteva della res publica e i blog altro non sono che gli anfiteatri del tempo che incombe e dove forse “la democrazia comincia a funzionare”. Come si difende la cinica Casta parassitaria del bungabunga, della politica-spam, il culto della personalità e del default che ha atomizzato il tessuto sociale dalle domande poste ogni mattina da Grillo e dintorni? Mettendo in mezzo l’“anti-politica” e il “populismo”. Come se non fossero gli account fondanti di un regime in cancrena, la perfida gramigna del peronismo sparso dalla videocrazia negli ultimi 4 lustri non ci avesse avvolti nel bozzolo malefico di un “populismo a base carismatica”, con “la prepotenza del pensiero unico a reti unificate” e agitando sapientemente “l’antico sentimento antipolitico degli italiani” in un crescente “degrado oligarchico della rappresentanza”.
Giunge pertanto quanto mai opportuno il tentativo di scannerizzare un universo per certi aspetti ancora misterioso, sfaccettato, barocco (che ha nel 95enne scrittore francese Stephane Hussel, “Indignez-vous!” un padre nobile) e che ha base planetaria: dagli indignados spagnoli, greci, rumeni, ungheresi alle primavere arabe passando per i No-Tav e i No-275 sino a Occupy Wall Street e le femministe di Femen. Lo fa con sapido rigore analitico in un saggio essenziale e rapsodico Edoardo Greblo in “Filosofia di Beppe Grillo” (il MoVimento 5 Stelle), Mimesis, Milano 2011, pp.120, € 12 (Collana SX diretta da Luca Taddio).
E dunque per Greblo “la stagione della docilità ” è al declino, è in atto “una rivoluzione silenziosa”. Poiché “la verticalizzazione e la personalizzazione del potere trasforma i partiti in orpelli inutili”: siamo di fronte alla “reinvenzione dell’attivismo civico” che permette alle energie politiche di “fluire attraverso diverse vie alternative”: la “Fenice democratica sembra ancora una volta capace di rinascere dalle proprie ceneri”. Teorizza Greblo: “Può darsi che l’idea secondo cui la politica, nell’epoca della sua riproducibilità digitale, permetta all’automobilitazione dal basso dei cittadini di trasformare le reti in strumenti di democrazia diretta pecchi di ingenuità , ma il MoVimento 5 Stelle è li a dimostrare che il cittadino-utente può intervenire in modo incisivo nei flussi di comunicazione politica che veicolano le scelte elettorali dei cittadini”.
Un saggio dunque cosparso di intuizioni e illuminazioni, collegamenti filologici con cui Greblo decodifica l’epistemologia del presente e i soggetti sociali sulla scena e osa un’occhiata irriverente all’orizzonte, perché quel che si agita “molto ha a che fare col nostro futuro”. Il MoVimento 5 Stelle diviene così un’allegoria postideologica del reale, di un duro passaggio storico segnato da precarietà , diritti negati, dignità lacerate, dilatando i suoi significanti significanti in una terra ancora vergine che un domani prossimo venturo potremmo abitare.
Grillo è stato fra i primi a intuire l’involuzione di un “sistema marcio” in rapida metastasi da ultimi giorni a Pompei, la cifra menzognera dei media soprattutto in materia economico-finanziaria e a entrare – anche col seguitissimo blog – nella post-politica, che Serge Latouche (il filosofo della decrescita) chiama “post-democrazia” e a porre al centro la Rete, dove ognuno vale uno e le “non assenze” possono produrre una controinformazione capace di relativizzare sia le bugie della galassia mediatica che le verità ufficiali (“Non metterò le mani nelle tasche degli italiani”, era il mantra dell’Eletto) di una casta autoreferenziata, arroccata su privilegi indecorosi, che si delegittima con quel che dice e fa nel tunnel viscido di una crisi di rappresentanza ormai irreversibile e che ha fatto della politica una professione, archetipo contro cui Max Weber scagliò più di un anatema già nel 1919 (cfr. in “Scritti politici”, Donzelli, 1998).
Il comico 64enne (6 figli) ha reinventato la semantica della politica, sia nella modulazione del linguaggio liberato dai bizantinismi del politichese che in chiave di partecipazione dal basso e di e aver scagliato i format nel XXI secolo. Si può pertanto dire che la democrazia “identitaria” è tornata alle origini, alle radici: la Rete si trasfigura nell’agorà ateniese dove all’ombra dei propilei si discuteva della res publica e i blog altro non sono che gli anfiteatri del tempo che incombe e dove forse “la democrazia comincia a funzionare”. Come si difende la cinica Casta parassitaria del bungabunga, della politica-spam, il culto della personalità e del default che ha atomizzato il tessuto sociale dalle domande poste ogni mattina da Grillo e dintorni? Mettendo in mezzo l’“anti-politica” e il “populismo”. Come se non fossero gli account fondanti di un regime in cancrena, la perfida gramigna del peronismo sparso dalla videocrazia negli ultimi 4 lustri non ci avesse avvolti nel bozzolo malefico di un “populismo a base carismatica”, con “la prepotenza del pensiero unico a reti unificate” e agitando sapientemente “l’antico sentimento antipolitico degli italiani” in un crescente “degrado oligarchico della rappresentanza”.
Giunge pertanto quanto mai opportuno il tentativo di scannerizzare un universo per certi aspetti ancora misterioso, sfaccettato, barocco (che ha nel 95enne scrittore francese Stephane Hussel, “Indignez-vous!” un padre nobile) e che ha base planetaria: dagli indignados spagnoli, greci, rumeni, ungheresi alle primavere arabe passando per i No-Tav e i No-275 sino a Occupy Wall Street e le femministe di Femen. Lo fa con sapido rigore analitico in un saggio essenziale e rapsodico Edoardo Greblo in “Filosofia di Beppe Grillo” (il MoVimento 5 Stelle), Mimesis, Milano 2011, pp.120, € 12 (Collana SX diretta da Luca Taddio).
E dunque per Greblo “la stagione della docilità ” è al declino, è in atto “una rivoluzione silenziosa”. Poiché “la verticalizzazione e la personalizzazione del potere trasforma i partiti in orpelli inutili”: siamo di fronte alla “reinvenzione dell’attivismo civico” che permette alle energie politiche di “fluire attraverso diverse vie alternative”: la “Fenice democratica sembra ancora una volta capace di rinascere dalle proprie ceneri”. Teorizza Greblo: “Può darsi che l’idea secondo cui la politica, nell’epoca della sua riproducibilità digitale, permetta all’automobilitazione dal basso dei cittadini di trasformare le reti in strumenti di democrazia diretta pecchi di ingenuità , ma il MoVimento 5 Stelle è li a dimostrare che il cittadino-utente può intervenire in modo incisivo nei flussi di comunicazione politica che veicolano le scelte elettorali dei cittadini”.
Un saggio dunque cosparso di intuizioni e illuminazioni, collegamenti filologici con cui Greblo decodifica l’epistemologia del presente e i soggetti sociali sulla scena e osa un’occhiata irriverente all’orizzonte, perché quel che si agita “molto ha a che fare col nostro futuro”. Il MoVimento 5 Stelle diviene così un’allegoria postideologica del reale, di un duro passaggio storico segnato da precarietà , diritti negati, dignità lacerate, dilatando i suoi significanti significanti in una terra ancora vergine che un domani prossimo venturo potremmo abitare.