Occupazione femminile: Pastore, ingranata retromarcia culturale

BARI. I numeri parlano, hanno un senso, significano delle cose, ne sono il risultato. Se in Puglia, come risulta da uno studio fatto compiere dalla consigliera di parità Serenella Molendini, mentre aumenta l’occupazione femminile diminuisce quella delle lavoratrici madri, questo vuol dire che le donne sono lavoratrici usa e getta.
Al di là delle risposte dei questionari e della “qualità” di quelle unità lavorative che nel corso di tre anni si sono perse, di cui io diffido, penso che i numeri impongano una riflessione.
Se dal 2009 al 2011 si sono perse per strada il 34% delle lavoratrici madri, questo vuol dire che il mercato del lavoro pugliese non le vuole. Una piccola percentuale è possibile e verosimile pure che abbia deciso di lasciare spontaneamente il posto di lavoro, ma il resto ha dovuto farlo.
Firmando il suo contratto di lavoro, quando accade, spesso una donna sa che sta firmando anche le sue dimissioni. Questo malcostume, questo abuso, sembrava mitigato ma con la crisi e soprattutto con l’impoverimento e la destabilizzazione dei diritti dei lavoratori, esso è ricresciuto.
La Regione Puglia offre degli strumenti alle donne, almeno si impegna per offrirgliene, la consulta femminile lavora alacremente per questo, ma gli asili nido comunali sono sempre troppo pochi. Questo non va bene nella misura in cui innesca un meccanismo di “retromarcia culturale”. Stiamo tornando al passato e le politiche anche di questo governo per il lavoro, e per l’impiego delle donne non sembrano sensibili.
Lo riferisce in una nota il consigliere Franco Pastore (Misto/Socialisti).

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