VENEZIA. ''Tante, troppe, sono le situazioni di precarieta' a cui sono consegnati i nostri giovani e non solo loro; qui, in modo particolare, voglio dire la mia personale vicinanza ai tanti lavoratori in difficolta' e alle loro famiglie''. Cosi' mons. Francesco Moraglia, patriarca di Venezia, che domani e domenica fara' l'ingresso in diocesi, in un messaggio rivolto ai credenti e anche a coloro che ritengono di non credere. ''Entrando in diocesi, il nuovo patriarca compie il gesto simbolico - ma simbolo non significa finzione - di bussare alla porta di tutti gli uomini e donne di buona volonta' - prosegue mons.
Moraglia -: credenti e non credenti, perche' il saluto, insieme a una parola di vicinanza, e possibilmente d'amicizia, sono l'inizio di tante cose che, al momento, risultano umanamente imprevedibili; talune fratture, all'origine, nascono non da ostilita' preconcetta ma dal semplice ignorarsi reciproco''. ''E il nuovo patriarca, proprio perche' e' mandato e non viene di sua iniziativa, puo' dire con forza e serenita': non sono qui da me, non sono qui per me; cosi' per colui che e' inviato, dove ne' la carne ne' il sangue lo avrebbero mai condotto, si aprono grandi spazi di liberta''' prosegue mons. Moraglia che rassicura: ''La Chiesa si pone dentro la storia, ne accetta la complessita' e, vedendone la frammentarieta', offre le ragioni della sua speranza: una Chiesa per il mondo e, proprio per questo, non del mondo''. Una Chiesa che ''oggi, piu' che mai, desidera annunciare alla citta' e agli uomini che la abitano, il senso del Dio di Gesu' Cristo - con tutto quello che cio' comporta - e il valore e il realismo di un'antropologia che afferma la centralita' dell'uomo, voluto nella sua concretezza e che viene prima d'ogni altra realta' culturale, sociale, economica''.