De Iaco, da Omero a Totò e Fo: piccole star crescono in Puglia


di Francesco Greco. Oh capitano, mio capitano… Era solo una passione, un pò ingenua e infantile, coltivata negli anni al liceo “Stampacchia” di Tricase. Sta diventando un lavoro. Tutti la cercano, tutti la vogliono. Tiene la scena con una padronanza che lascia senza parole. La sua tenera Andromaca alle porte Scee, com marito Ettore, dall’Iliade, è struggente. E’ nata per recitare. E’ versatile: passa con disinvoltura dai ruoli drammatici a quelli brillanti, dal teatro classico al musical, da Achille Campanile a Dario Fo, da “Moulin Rouge” (dove balla) a “Hair” e “The Lion King”, dove recita, canta, danza. Con “A livella”, la celebre poesia di Totò, il pubblico ha i brividi. Piccole star crescono in Puglia: le attrici di domani. La parabola di Giustina De Iaco si ha la sensazione sia solo all’inizio.
Ha le idee chiare, la determinazione giusta: “Dopo la laurea in Lettere Classiche, indirizzo magistrale, all’Università del Salento cercherò di farne un lavoro vero e proprio”. Recita da quando aveva 12 anni, oggi a 23 è una professionista. Cominciò a 11 con i primi laboratori scolastici. “Mi sono avvicinata al teatro per curiosità. La mia prima volta? Il personaggio di Maria Antonietta nel di Molière: la scena in cui si traveste da medico e diagnostica al suo padrone le malattie più fantasiose”. Fece subito impressione. Era solo una bambina introversa quando le chiesero di leggere da un copione: lo fece con una naturalezza che nessuno si aspettava. Da allora non si è più fermata. “Il palcoscenico – confida - mi ha permesso di approfondire aspetti della mia personalità che ignoravo. I miei studi classici sono stati fondamentali per la mia formazione culturale e umana. Sin dal primo giorno ho avvertito che la recitazione mi apparteneva. Non facevo alcuno sforzo nel mettermi davanti a delle persone e fingere che fosse vero ciò che dicevo e facevo in scena. Ogni volta provo una grande emozione nel vedere che la gente che ti conosce ti apprezza”.
L’approccio al teatro avviene senza soggezione per i grandi autori: dopo Molière Walt Whitman: a 12 anni recita in inglese la famosa poesia del poeta americano di “Foglie d’erba”: “Captain, my captain”. A 13 si avvicina alla “Busacca”, compagnia diretta dal regista Francesco Piccolo molto nota in Salento ed extra moenia. Segue i laboratori curati da Pasquale Santoro. “I miei maestri? Oltre a Piccolo e Santoro, Ippolito Chiarello, che mi ha introdotta allo studio di Dario Fo”. Del grande attore Premio Nobel per la Letteratura nel 1997 ha in repertorio il monologo “Previsioni metereologiche” e il ruolo della donna disperata in “Voce amica”. Con la “Busacca” sono stati tre anni molto intensi in cui ha allargato ulteriormente il repertorio inserendo “Visita di condoglianze” (Achille Campanile) in cui fa Teresa e poi Lady Brucknell in “L’importanza di chiamarsi Ernest”, di Oscar Wilde, “uno dei miei personaggi preferiti”.
Curiosa per natura, sempre in cerca di nuovi orizzonti da espolorare, Giustina “scopre” poi Eduardo e Peppino De Filippo, e anche Totò: “Teatro e canzone napoletana – sorride – hanno su di me un grande appeal”. Come ce l’hanno sin dagli anni della formazione scolastica la “Lisitrata” di Aristofane e la Giocasta di “Edipo Re”. E la cultura del Sud, i suoi autori, gli archetipi? L’attrice si commuove quasi quando confessa di amare i monologhi tratti da un classico come “L’ora di tutti”, di Maria Corti e quelli dalle “Terre del rimorso”, di Ernesto De Martino. Ma si misura anche con la regia e la sceneggiatura: il famoso “Canto di Natale” di Charles Dickens. “Ormai non saprei vivere senza recitare…”, conclude. Oh captain, my captain…

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