Dialoghi in dialetto garganico


di Vittorio Polito. È stato pubblicato dalla casa editrice “Il Rosone” il volume di Michele Galante «Cummà’, non ime ditte nente» (Comare, non ci siamo dette niente), dialoghi in dialetto garganico pubblicati dal periodico “Il Solco” negli anni 1928-29 (pagine 160, € 12), riproposti in questo volume. La copertina, che rappresenta le “Comari”, è un acquerello di Annalisa Nardella.

Michele Galante, autore di molte pubblicazioni tra le quali il corposo “Dizionario del dialetto di San Marco in Lamis” (Levante Editori), riporta in questo volume ventotto brani dialettali, con traduzione a fronte, di cui 26 in forma di dialogo e due lettere inviate da una moglie al marito emigrato in America, con relative risposte e firmate con vari pseudonimi: “Lu ’ntrecante” (l’impiccione), “Lu ’mpicciuse” (l’attaccabrighe), sono quelli prevalenti, ma non mancano anche altri.

Gli scritti hanno un grande valore sul piano etno-demologico, oltre che letterario. Essi, infatti, aprono uno spiraglio di grande interesse sugli usi e sui costumi di San Marco nei primi decenni del Novecento, riproponendo una realtà sociale che sembra molto lontana dai ritmi e dagli stili di vita attuali. Insomma è la storia intima di un paese, le vicende vissute e sofferte da una comunità rigidamente divisa in classi. I testi pubblicati hanno significative differenze linguistiche rispetto al dialetto attuale, con lemmi ormai scomparsi e che confermano una ennesima volta che il dialetto è uno strumento di comunicazione che si evolve, al pari della lingua.

Joseph Tusiani, poeta, nato a San Marco in Lamis, residente in America, che firma la prefazione, sottolinea che Michele Galante consegna con questo volume alle nuove generazioni l’unico esempio di prosa dialettale sammarchese, ammirevole se è opera di un solo autore, di ottima fattura se frutto di un’intesa di amici letterati, consapevoli di tracciare un breve ma importante solco nella storia linguistica della nostra terra.

Nel tempo in cui viviamo diamo molta importanza al riconoscimento dei valori dei beni monumentali e ambientali, cercando di tutelarli nel migliore dei modi. È necessario che la stessa cosa venga fatta anche per le nostre parlate e per i nostri dialetti. La perdita dei dialetti potrebbe paragonarsi ad un incendio che mandasse in fumo i boschi o prosciugasse le sorgenti. Non dimentichiamo che i dialetti sono gli impetuosi affluenti della lingua.