Legge anti corruzione: Damone, esercizio inutile senza una rivoluzione culturale


BARI. “Le forze politiche si accapigliano intorno alla legge anti corruzione, offrendo uno spettacolo poco edificante alla pubblica opinione, attribuendo alla norma stessa un potere taumaturgico che – evidentemente – non ha né potrà avere.
A parte ogni commento sulla chiara necessità e legittimità di combattere con ogni mezzo la corruzione, non possiamo nascondere che inasprire le pene non è certamente l’unica soluzione: è solo un’altra foglia di fico su un problema incancrenito ed affrontato da sempre con inusitata ipocrisia.
E’ chiaro, infatti, che la morale, la gratuità e lo spirito di servizio che dovrebbero ispirare l’azione politica sono presupposti irrinunciabili per un impegno nel bene comune, ma tali principi non possono essere evidentemente frutto di precetti o imposizioni, senza una presa di coscienza collettiva che passa da una modifica del comune sentire della nostra società.
La lotta alla corruzione, infatti, anche catalogata nella norma migliore possibile o articolata in maniera organica nel più perfetto dei regolamenti soccombe senza una rivoluzione culturale che inerisce il comportamento ed il costume di un popolo.
E sul tema deve esserci una levata di scudi coesa da parte di tutti quelli che vivono la politica come passione e servizio, senza attendere (o addirittura sperare) di poter strumentalizzare questa o quella azione giudiziaria, solo perché interessa la controparte politica.
Purtroppo questi sono i frutti di una stagione simile ma diversa, le conseguenze di una rivoluzione giudiziaria nata subito dopo la caduta del Muro di Berlino, che ha sostituito le ideologie e le idee con le appartenenze di facciata ed i partiti di plastica.
Anche allora, in piena Tangentopoli, i partiti si accapigliavano tra loro e cavalcavano gli arresti, gli avvisi di garanzia, il gossip giudiziario, senza accorgersi che stavano scivolando ineluttabilmente fuori dalla storia e lontani dal comune sentire dell’opinione pubblica.
Oggi il rischio e simile e – se possibile – ancora peggiore, perché gli attuali governanti (a tutti i livelli) non hanno saputo formare una classe dirigente seria, responsabile e dialogante, continuando a litigare e guerreggiare solo per ambizione di potere fine a se stesso.
E’ pertanto ora di riportare al centro della scena le scelte necessarie e un confronto sulla visione di un futuro migliore, senza delegittimare le istituzioni e le rappresentatività democratiche (che pure devono dimostrare la loro chiara e legittima potestà decisionale).
Altrimenti si precipitano il Paese, le regioni, le città, i territori in un caos del quale non è possibile prevedere le conseguenze.
Dopo questa ineludibile premessa voglio invitare tutti, anche i soloni che avevano la prosopopea di avere in tasca la patente di ‘puri’ e la presunzione di essere gli ‘unici innocenti’, che ‘c’e’ sempre un puro più puro di te che ti epura’.
Dopo anni in cui abbiamo assistito al linciaggio mediatico-giudiziario di una certa parte politica, sostenuta anche dalla voglia di delegittimazione dell’altra parte politica, oggi siamo di fronte allo sgretolarsi di una presunta e mai provata superiorità morale del centro sinistra.
I venti giudiziari che hanno soffiato forte sulla Giunta della Puglia, dell’Umbria, dell’EmiliaRomagna, del comune di Bari, di Gubbio, di Sesto, possono rappresentare un’occasione di cambiamento dell’approccio al tema.
La responsabilità penale è personale e non ci sono porti franchi e città aperte solo grazie ad una appartenenza: i furbi, i disonesti, gli approfittatori non sono espressione esclusiva di una parte politica e la ‘politica deve avere la forza di riaffermare la propria indispensabile funzione, senza difendere ridicoli steccati di maniera’.
Per fare l’esempio più vicino come territorio e più recente come avvenimento non possiamo che fare riferimento allo scandalo che oggi affligge il Comune di Bari.
In tale contesto a causa di comportamenti evidentemente delittuosi (ove confermati) contribuiscono a ledere l’immagine di tutta la politica, perché l’opinione pubblica, specie nel momento di crisi attuale, tende a generalizzare ed a cercare capri espiatori.
Nel difficile contesto sopra descritto, quindi, anche qui, in Puglia, a Bari, la politica deve trovare la responsabilità e la coerenza di tutti: nessuno, nemmeno chi riteneva che la sua appartenenza ad una certa storia o la sua provenienza da un certo mondo poteva garantire il convincimento della impunità, può oggi ergersi più a censore o fustigatore!
Bisogna invece che tutti coloro che hanno a cuore la propria partecipazione al bene comune possano evidenziare che il problema è profondo, radicato, culturale, tanto da incidere non solo sulla politica ma è così radicato da coinvolgere funzionari, imprenditori e tecnici.
La politica deve vincere tale sfida epocale: deve verificare la trasparenza dei rapporti, deve valutare la vicinanza di soggetti o ambienti opachi, deve analizzare la moralità di vantaggi, appoggi e iniziative, bandendo tutto ciò che può anche solo adombrare una ipotesi di manipolazione o – peggio ancora – di corruzione.
Ed in questo contesto deve avere la forza di valutare che anche un dono natalizio può essere pericoloso, anche una segnalazione di disagio può essere strumentalizzata, anche una omessa vigilanza è certamente censurabile.
Ed in questo contesto deve avere la credibilità che deriva dall’allontanarsi da determinate contiguità e da sempre più evidenti cointeressenza.
In questo momento, quindi, la politica non può più vivere di sola immagine e di sole parole di circostanza, ma deve necessariamente far riferimento alla dignità, alla verità, alla coerenza, alla pulizia morale”.
Così in una nota il presidente del Gruppo consiliare de La Puglia Prima di tutto, Francesco Damone.

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