di Francesco Greco. Sono passati 10 anni, e sembra ieri. Appena nel pomeriggio l’Ansa batté la notizia ci sentimmo tutti più confusi, e più poveri. Quel 22 febbraio 2002 era un gelido mercoledì, se non andiamo errati. E noi che l’avevamo conosciuta e apprezzata (chi scrive aveva con lei un rapporto epistolare e appena sapeva del suo arrivo a Lecce e dintorni correva a salutarla: metteva soggezione per il pudore e il rigore esistenziale) restammo increduli: non la sapevamo malata. Anche se doveva aver litigato col portiere di via San Vincenzo, a Milano, dove viveva, che forse per dispetto le consegnava la posta in ritardo.
Maria Corti se n’era andata in silenzio, come aveva sempre vissuto, preferendo i fatti alle parole, che pure amava, e ne bastava una a stimolare un piccolo saggio. Perché lei era sempre stata innamorata delle parole, la loro storia, l’odore, la vita. Ci aveva lasciati a 86 anni. Poche donne possono dirsi femministe come lo fu lei in senso pieno dal punto di vista etimologico. E poche persone possono dire di aver amato il Salento come lo amò lei per tutta la vita, sin da bambina, quando suo padre, ingegnere, aveva progettato la cupola di Santa Cesarea Terme. E per il Salento si è spesa non lesinando energie, fisiche e intellettuali.
Per sentirla vicino ancora un po’ trovammo in libreria una vecchia copia sgualcita de “L’Ora di tutti” (Bompiani, 1962) e la sfogliammo quasi a trattenerla ancora dall’intraprendere il lungo viaggio, soffermandoci sulle parti segnate a matita, soprattutto dove parlava Idrusa, archetipo delle donne del Sud d’ogni tempo, fiere, coraggiose, matriarche, e in cui forse aveva un po’ proiettato se stessa. Ecco perché l’8 marzo, Festa Internazionale della Donna, è la sua festa e questo articolo intende commemorarla, affinché le nuove generazioni sappiano chi fu, cosa fece, come visse, cosa scrisse.
Filologa, semiologa, è stata capace di identificare se stessa con le materie di cui divenne studiosa (fece parte dell’Accademia della Crusca). Ma anche raffinata scrittrice e critico letterario capace di cogliere del testo, in chiave strutturalista, quel che ad altri sfuggiva: bellissimi i suoi articoli sul paginone di “Repubblica”. Militante della vita. Ed è qui la password vincente del personaggio, che diviene esempio per le donne di oggi e di domani. Era stata partigiana nella Resistenza. Aveva cominciato giovanissima come insegnante. Prendeva il treno tutte le mattine nel cuore della notte: destinazione i licei della provincia di Como, Brescia, Milano. Vagoni di terza classe dove pulsava una umanità sincera, la classe operaia della ricostruzione materiale e morale del Paese. La migliore gioventù. Quelle sensazioni, i lacerti di vita vera, finirono nel romanzo “Cantare nel buio” (Bompiani).
Poi, da docente universitaria, aveva insegnato Storia della Lingua italiana all’Università di Pavia e di Lecce. Nel 1969 l’idea del Fondo Manoscritti, a Pavia. Che nel 1980 divenne uno dei Centri di ricerca più autorevoli d’Europa. I suoi saggi sulla lingua sono stati adottati da molti atenei italiani. Negli anni ’50, con il poeta Girolamo Comi, il critico e scrittore Luigi Corvaglia (“Finibusterrae”), il pittore Vincenzo Ciardo e altri intellettuali, a Lucugnano (Casa Comi) fondò l’Accademia “L’Albero” che pubblicava la rivista letteraria omonima.
Amava Otranto e, come s’è detto, ne aveva fatto la location de “L’Ora di tutti”, un long-seller continuamente ristampato. Così storicizzò il massacro di 800 idruntini che (1490-1491) resistettero ai Turchi e al “Sacco di Otranto” in attesa dei rinforzi degli Aragonesi, che arrivarono, si, ma eccidio concluso. Il Salento compare anche in “Otranto allo specchio” (1990) e “Le leggende di domani”, ambientato fra Otranto e Santa Maria di Leuca. Ciao Maria, e che la terra ti sia lieve. Il Salento, la sua anima, la memoria, ti deve tanto, e non ti dimenticherà .
Maria Corti se n’era andata in silenzio, come aveva sempre vissuto, preferendo i fatti alle parole, che pure amava, e ne bastava una a stimolare un piccolo saggio. Perché lei era sempre stata innamorata delle parole, la loro storia, l’odore, la vita. Ci aveva lasciati a 86 anni. Poche donne possono dirsi femministe come lo fu lei in senso pieno dal punto di vista etimologico. E poche persone possono dire di aver amato il Salento come lo amò lei per tutta la vita, sin da bambina, quando suo padre, ingegnere, aveva progettato la cupola di Santa Cesarea Terme. E per il Salento si è spesa non lesinando energie, fisiche e intellettuali.
Per sentirla vicino ancora un po’ trovammo in libreria una vecchia copia sgualcita de “L’Ora di tutti” (Bompiani, 1962) e la sfogliammo quasi a trattenerla ancora dall’intraprendere il lungo viaggio, soffermandoci sulle parti segnate a matita, soprattutto dove parlava Idrusa, archetipo delle donne del Sud d’ogni tempo, fiere, coraggiose, matriarche, e in cui forse aveva un po’ proiettato se stessa. Ecco perché l’8 marzo, Festa Internazionale della Donna, è la sua festa e questo articolo intende commemorarla, affinché le nuove generazioni sappiano chi fu, cosa fece, come visse, cosa scrisse.
Filologa, semiologa, è stata capace di identificare se stessa con le materie di cui divenne studiosa (fece parte dell’Accademia della Crusca). Ma anche raffinata scrittrice e critico letterario capace di cogliere del testo, in chiave strutturalista, quel che ad altri sfuggiva: bellissimi i suoi articoli sul paginone di “Repubblica”. Militante della vita. Ed è qui la password vincente del personaggio, che diviene esempio per le donne di oggi e di domani. Era stata partigiana nella Resistenza. Aveva cominciato giovanissima come insegnante. Prendeva il treno tutte le mattine nel cuore della notte: destinazione i licei della provincia di Como, Brescia, Milano. Vagoni di terza classe dove pulsava una umanità sincera, la classe operaia della ricostruzione materiale e morale del Paese. La migliore gioventù. Quelle sensazioni, i lacerti di vita vera, finirono nel romanzo “Cantare nel buio” (Bompiani).
Poi, da docente universitaria, aveva insegnato Storia della Lingua italiana all’Università di Pavia e di Lecce. Nel 1969 l’idea del Fondo Manoscritti, a Pavia. Che nel 1980 divenne uno dei Centri di ricerca più autorevoli d’Europa. I suoi saggi sulla lingua sono stati adottati da molti atenei italiani. Negli anni ’50, con il poeta Girolamo Comi, il critico e scrittore Luigi Corvaglia (“Finibusterrae”), il pittore Vincenzo Ciardo e altri intellettuali, a Lucugnano (Casa Comi) fondò l’Accademia “L’Albero” che pubblicava la rivista letteraria omonima.
Amava Otranto e, come s’è detto, ne aveva fatto la location de “L’Ora di tutti”, un long-seller continuamente ristampato. Così storicizzò il massacro di 800 idruntini che (1490-1491) resistettero ai Turchi e al “Sacco di Otranto” in attesa dei rinforzi degli Aragonesi, che arrivarono, si, ma eccidio concluso. Il Salento compare anche in “Otranto allo specchio” (1990) e “Le leggende di domani”, ambientato fra Otranto e Santa Maria di Leuca. Ciao Maria, e che la terra ti sia lieve. Il Salento, la sua anima, la memoria, ti deve tanto, e non ti dimenticherà .
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Cultura e Spettacoli