ORIA (BR). Continuano gli eventi di grande cultura e spessore nella città di Oria: sabato 3 marzo, a partire dalle ore 18 presso il Teatro Casa Protetta Madre Teresa in san Cosimo alla Macchia, sarà presente l'avvocato Giuseppe Ayala, il quale presenterà il suo ultimo libro dal titolo "Chi ha paura muore ogni giorno. I miei anni con Falcone e Borsellino".
Ad aprire la serata ci penseranno i saluti a cura di Cosimo Pomarico (sindaco di Oria), di Claudio Zanzarelli (vicesindaco di Oria) e di Pierdamiano Mazza (presidente dell'associazione culturale "Il Pozzo e l'Arancio) mentre gli interventi saranno a cura dell'autore Giuseppe Ayala e di Milto De Nozza, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi.
Per quanto riguarda la descrizione del libro, si nota che sono passati quindici anni dalla terribile estate che, con i due attentati di Punta Raisi e di via d'Amelio, segnò forse il momento più drammatico della lotta contro la mafia in Sicilia. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino restano due simboli, non solo dell'antimafia, ma anche di uno Stato italiano che, grazie a loro, seppe ritrovare una serietà e un'onestà senza compromessi. Ma per Giuseppe Ayala, che di entrambi fu grande amico, oltre che collega, i due magistrati siciliani sono anche il ricordo commosso di dieci anni di vita professionale e privata, e un rabbioso e mai sopito rimpianto. Ayala rappresentò in aula la pubblica accusa nel primo maxi-processo, sostenendo le tesi di Falcone e del pool antimafia di fronte ai boss e ai loro avvocati, interrogando i primi pentiti (tra cui Tommaso Buscetta), ottenendo una strepitosa serie di condanne che fecero epoca. E fu vicino ai due magistrati in prima linea quando, dopo questi primi, grandi successi, la reazione degli ambienti politico-mediatici vicini a Cosa Nostra, la diffidenza del Csm e l'indifferenza di molti iniziarono a danneggiarli, isolarli. Per la prima volta, Ayala racconta la sua verità, non solo su Falcone e Borsellino, che in queste pagine ci vengono restituiti alla loro appassionata e ironica umanità, ma anche su quegli anni, sulle vittorie e i fallimenti della lotta alla mafia, sui ritardi e le complicità dello Stato, sulle colpe e i silenzi di una Sicilia che, forse, non è molto cambiata da allora.
Daniele Martini
Ad aprire la serata ci penseranno i saluti a cura di Cosimo Pomarico (sindaco di Oria), di Claudio Zanzarelli (vicesindaco di Oria) e di Pierdamiano Mazza (presidente dell'associazione culturale "Il Pozzo e l'Arancio) mentre gli interventi saranno a cura dell'autore Giuseppe Ayala e di Milto De Nozza, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi.
Per quanto riguarda la descrizione del libro, si nota che sono passati quindici anni dalla terribile estate che, con i due attentati di Punta Raisi e di via d'Amelio, segnò forse il momento più drammatico della lotta contro la mafia in Sicilia. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino restano due simboli, non solo dell'antimafia, ma anche di uno Stato italiano che, grazie a loro, seppe ritrovare una serietà e un'onestà senza compromessi. Ma per Giuseppe Ayala, che di entrambi fu grande amico, oltre che collega, i due magistrati siciliani sono anche il ricordo commosso di dieci anni di vita professionale e privata, e un rabbioso e mai sopito rimpianto. Ayala rappresentò in aula la pubblica accusa nel primo maxi-processo, sostenendo le tesi di Falcone e del pool antimafia di fronte ai boss e ai loro avvocati, interrogando i primi pentiti (tra cui Tommaso Buscetta), ottenendo una strepitosa serie di condanne che fecero epoca. E fu vicino ai due magistrati in prima linea quando, dopo questi primi, grandi successi, la reazione degli ambienti politico-mediatici vicini a Cosa Nostra, la diffidenza del Csm e l'indifferenza di molti iniziarono a danneggiarli, isolarli. Per la prima volta, Ayala racconta la sua verità, non solo su Falcone e Borsellino, che in queste pagine ci vengono restituiti alla loro appassionata e ironica umanità, ma anche su quegli anni, sulle vittorie e i fallimenti della lotta alla mafia, sui ritardi e le complicità dello Stato, sulle colpe e i silenzi di una Sicilia che, forse, non è molto cambiata da allora.
Daniele Martini