di Elena De Nora. A novembre dello scorso anno una notizia ha sconvolto l’intero mondo scientifico: la velocità dei neutrini aveva superato l’irraggiungibile velocità della luce. Ciò avrebbe portato a dover rivedere tutte le teorie dello scorso secolo, basate sulla relatività di Einstein, ed a dover ricalcolare ogni grandezza fisica in questa nuova ottica, essendo la velocità della luce un riferimento assoluto, per la precisione un’invariante, il limite massimo che potesse raggiungere la velocità.
Fortunatamente la comunità scientifica ha guardato a questo risultato con molta cautela e l’esperimento, come è d’uopo, è stato ripetuto.
Nel progetto CNGS i neutrini prodotti presso il CERN (Centro Europeo di Ricerca Nucleare) di Ginevra (Svizzera) venivano inviati verso i Laboratori INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) del Gran Sasso (Italia)a 730 km di distanza. L’esperimento OPERA era basato su sette eventi rilevati nel novembre scorso. A seguito delle verifiche effettuate dopo il sorprendente annuncio, è stata rilevata una imprecisione, causata da un’imperfetta calibrazione del master clock dell’elettronica del rivelatore, oltre a un accoppiamento anomalo tra la fibra ottica che porta il segnale del Gps ed il rivelatore Opera. Così l’esperimento ICARUS, guidato dal premio Nobel Carlo Rubbia e condotto nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, ha verificato, come ha dichiarato lo stesso Rubbia il 16 marzo u.s,. che “I NEUTRINI NON SONO PIU’ VELOCI DELLA LUCE”.
Per comunicarvi lo spirito che accompagna gli scienziati nella loro faticosa e meticolosa ricerca della verità, allo scopo di svelarci l’essenza della natura, riporto alcune frasi di una conferenza tenuta dal professor Alessandro Giuliani dell’Istituto Superiore di Sanità:
“Non esiste la ricetta unica e definitiva per risolvere un problema scientifico, non esiste l’algoritmo che esattamente, spingendo un tasto, mi fornisce la risposta che cercavo. Esiste invece un bancone di strumenti (siano essi strumenti materiali o concettuali fa poca differenza) che devo usare con sapienza per aggiustare il mio pezzo….Quando le nostre teorie saranno sorpassate ed i nostri contenuti datati — questo prima o poi succederà a tutte le teorie scientifiche essendo la scienza (quella vera, non quella strillata dai media) un continuo lavoro in corso in cui nuove scoperte continuamente soppiantano vecchi modi di pensare —ugualmente il nostro lavoro dovrebbe continuare a trasmettere il senso che possiede oltre l'uso immediato, come una poesia o un timone di legno. Questo senso proviene dalla possibilità di individuare in quel “pezzo di scienza” il personale apporto dell'artigiano nella soluzione dei problemi……. La scienza deve cercare la verità, ma la sua verità è nel cammino, non nel contenuto, la sua è la verità umile dell’artigiano, non la falsa e tronfia verità di chi voglia offrirci un sistema onnicomprensivo e definitivo. La verità della scienza è l’onestà del procedimento argomentativo, è il rigore della metodologia statistica, è la chiarezza dell’ impianto.”
La passione e la dedizione che spingono gli uomini di scienza a procedere nel loro cammino è quanto mai affascinante e l’emozione unita alla soddisfazione per le loro conquiste sono ineguagliabili.
L’errore che spesso si compie è quello di ritenere che il sapere scientifico sia in contrasto con la fede religiosa. La scienza e la fede hanno in comune lo sguardo verso qualcosa di misterioso, di più grande, qualcosa che ci sovrasta e ci rapisce. Tanto lo scienziato credente quanto il non credente tentano di scoprire le meraviglie del nostro universo, ma il vantaggio del primo è la consapevolezza che ciò che egli tenta di decifrare è frutto di una intelligenza superiore e che la difficoltà della sua opera è causata dalla dimensione della ragione umana.
Colgo l’occasione per segnalarvi una mostra in corso a Pisa dal 10 marzo al 1° luglio “Storie dell’altro mondo – L’Universo dentro e fuori di noi”.