Lo stemma del Salento ideato dal cav. Ferraro |
A cosa servirà? E come nasce l’idea? Lo spiega lo stesso autore, che è anche un pittore figurativo: “Ancora non ho deciso – osserva l’artista - o lo userò io per commercializzare i prodotti della nostra terra, o lo venderò a terzi che ne faranno quel che vogliono”. Cosa significano i simboli che ci ha messo? Perché proprio quelli? “Raccontano la storia della nostra terra, il Salento: l’elmo dei Messapi che la colonizzarono, la scritta Sallentum richiama l’epoca romana, poi le strisce gialle e rosse del tempo dei Normanni, e quindi il ragno nella terra dov’è nato il tarantismo e il geco, animaletto caratteristico e “nume tutelare” delle nostre case rurali ”.
E così, un stemma araldico, che un tempo era appannaggio esclusivo delle famiglie patrizie, nel 3° Millennio racchiude le infinite potenzialità di una “regione” che è diventata protagonista con le sue risorse paesaggistiche, culturali, eno-gastronomiche, monumentali, artistiche, musicali, ecc. Non è il primo marchio di cui si dota il Salento da quando s’è dato visibilità planetaria. C’è quello fatto di un gruppo di studenti del Commerciale leccese ”Oronzo Costa”, che il primo gennaio 2007 fondarono la cosiddetta “Repubblica Salentina”, poi arricchitasi in questi giorni della tartaruga “Bellubellu” per promuovere il “Salento slow life”. Poi “Lu Salentu” (il solito ragno), che veicola gadget d’ogni tipo, “Salentu, lu sule, lu mare, lu ientu” e il logo della Provincia di Lecce, gestione-Ria, “Salento d’amare”, finito poi anche sulle maglie giallorosse dell’Us Lecce.
Sullo sfondo, la ricerca ansiosa di radici, di memoria, di un’identità che evidenzi il passato, le sue icone forti e si riallacci al confuso presente rafforzando la percezione di se stessi come singoli e come community. La forza dei loghi serve a farsi riconoscere immediatamente nella Babele di segni che ci avvolge e a “vendere” meglio una terra antica, generosa, alla creatività diffusa.