BARI. Un suicidio ogni quattro giorni da inizio anno: è il tributo di sangue che imprenditori e manager pagano alla crisi. Una mattanza che, secondo la Cgia di Mestre, conta dal primo gennaio ad oggi 23 vittime. Al Veneto, regione che nell’im - magine collettiva per anni è stata esempio di isola felice «motore» dello sviluppo, il triste primato di nove piccoli imprenditori che hanno deciso di togliersi la vita davanti alle crescenti difficoltà anche a ottenere il pagamento di crediti. Domani a Vigonza (Padova) nascerà l’associzione familiari imprenditori suicidi, ma intanto la crisi non guarda in faccia nè il nord nè il sud e la lista stilata dagli artigiani dice che Puglia, Sicilia e Toscana hanno finora pagato un conto di tre suicidi – l'ultimo venerdì con un manager di 42 anni che si è buttato sotto un treno a Sesto Fiorentino -; poi c'è il Lazio con due vittime; Lombardia, Abruzzo e Liguria con uno.
«Il meccanismo si sta spezzando – dice Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia mestrina – questi suicidi sono un vero grido di allarme lanciato da chi non ce la fa più. Le tasse, la burocrazia, la stretta creditizia e i ritardi nei pagamenti hanno creato un clima ostile che penalizza chi fa impresa. Per molti, il suicidio è visto come un gesto di ribellione contro un sistema sordo ed insensibile che non riesce a cogliere la gravità della situazione».
Un gesto estremo che nel 2010 per motivi economici, secondo gli ultimi dati Istat disponibili, ha segnato il destino di oltre 190 persone, senza però distinzioni di ruoli sociali. I numeri sui suicidi forniti dagli artigiani mostrano con evidenza, invece, il «tarlo» mortale che ha intaccato la fiducia di chi fa impresa. A offrire un segnale preoccupante sul piano strutturale, la difficoltà a sopravvivere che sembrano avere le neo imprese. A dirlo è sempre la Cgia, che presenta impietosa un raffronto tra il 2004 e il 2009. Se nel 2004 le aziende che non superavano i 5 anni di apertura erano il 45,4% del totale (Lazio 51,1%, Campania 49,8%, Calabria 49,1%, Sicilia 48,3%); cinque anni dopo la percentuale sale a 49,6% (Lazio 54,6%, Sicilia 51,9%, Calabria 50,4%, Liguria 50,1%).
«Tasse, burocrazia, ma soprattutto la mancanza di liquidità - sottolinea Bortolussi – sono i principali ostacoli che costringono molti neoimprenditori a gettare la spugna anzitempo. È vero che molte persone, soprattutto giovani, tentano la via dell’autoimpresa senza avere il know how necessario, tuttavia è un segnale preoccupante anche alla luce delle tragedie che si stanno consumando in questi ultimi mesi».
«Il meccanismo si sta spezzando – dice Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia mestrina – questi suicidi sono un vero grido di allarme lanciato da chi non ce la fa più. Le tasse, la burocrazia, la stretta creditizia e i ritardi nei pagamenti hanno creato un clima ostile che penalizza chi fa impresa. Per molti, il suicidio è visto come un gesto di ribellione contro un sistema sordo ed insensibile che non riesce a cogliere la gravità della situazione».
Un gesto estremo che nel 2010 per motivi economici, secondo gli ultimi dati Istat disponibili, ha segnato il destino di oltre 190 persone, senza però distinzioni di ruoli sociali. I numeri sui suicidi forniti dagli artigiani mostrano con evidenza, invece, il «tarlo» mortale che ha intaccato la fiducia di chi fa impresa. A offrire un segnale preoccupante sul piano strutturale, la difficoltà a sopravvivere che sembrano avere le neo imprese. A dirlo è sempre la Cgia, che presenta impietosa un raffronto tra il 2004 e il 2009. Se nel 2004 le aziende che non superavano i 5 anni di apertura erano il 45,4% del totale (Lazio 51,1%, Campania 49,8%, Calabria 49,1%, Sicilia 48,3%); cinque anni dopo la percentuale sale a 49,6% (Lazio 54,6%, Sicilia 51,9%, Calabria 50,4%, Liguria 50,1%).
«Tasse, burocrazia, ma soprattutto la mancanza di liquidità - sottolinea Bortolussi – sono i principali ostacoli che costringono molti neoimprenditori a gettare la spugna anzitempo. È vero che molte persone, soprattutto giovani, tentano la via dell’autoimpresa senza avere il know how necessario, tuttavia è un segnale preoccupante anche alla luce delle tragedie che si stanno consumando in questi ultimi mesi».