Bisceglie: chi brancola nel buio e chi si impegna silenziosamente

 di Francesco Brescia. Senza alcun dubbio sono stati i giovani i protagonisti della marcia di mercoledì 23 maggio a Bisceglie organizzata nel ventennale dalla strage di Capaci in cui persero la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
E sono proprio questi i nomi dei quali, in questo articolo, mi preme parlare. Il vicario episcopale Mons. Franco Lorusso, al termine della silenziosa marcia dinanzi alla scuola dell'infanzia intitolata a Falcone e Borsellino, ha desiderato menzionare uno ad uno i nomi delle cinque vittime dell'attentato perché, oltre a Falcone e a sua moglie Morvillo, non si possono liquidare con la definizione “la scorta” i tre uomini addetti alla sicurezza del magistrato e della sua famiglia.
Nomi che non riecheggiano spesso ma è doveroso ricordare per l'alto tributo di sangue pagato.
Nomi che non possono minimamente essere accostati a reduci di reality show che pure vengono ricordati molto più frequentemente senza avere poi così grandi meriti.
Il tam tam mediatico e lanciato sui social network non può essere affatto equiparato a quello creato in vista dell'arrivo in città di illustri sconosciuti qualche settimana fa.
L'iniziativa dal titolo discutibile “Shopping Vip” ha visto strade principali, vie ed esercizi commerciali delle zone più centrali della città presi d'assalto da giovani alla morbosa ricerca di una foto che li immortalasse assieme a prodotti vacui di una tv malata o desiderosi di ricevere un autografo da parte di gente che saprà anche scrivere ma non è dato sapere se sappia anche leggere. O se abbia mai letto almeno il bugiardino di un farmaco.
Si tratta, credo abbastanza ovviamente, di due “platee” diverse, di due modi diversi di intendere la realtà quotidiana, di impegnarsi per la crescita del proprio territorio, di informarsi su ciò che avviene in città, nel nostro Paese, nel mondo. Due atteggiamenti assolutamente opposti.
Mercoledì sera alla marcia era presente la parte più sana del mondo giovanile cittadino, delle scuole, della società civile e delle operose realtà associative (molte delle quali non hanno perso occasione per sfruttare il momento rendendolo una vetrina promozionale del proprio orticello, sarebbe stata preferibile una marcia senza bandiere, senza loghi, ma tant'è...).
Quella di mercoledì sera è stata una marcia partecipata ma non tanto da gratificare la coscienza e il senso civico di una città di circa cinquantacinquemila abitanti.
Rappresentanti istituzionali, responsabili di vari partiti, associazioni, scuole, cittadini: in molti hanno preso parte alla marcia commemorativa. Ma non in tanti.
Il dubbio che una marcata mobilitazione venga fuori solo dinanzi a eventi opinabili tra i quali l'arrivo di quegli illustri sconosciuti di cui sopra (è l'unico modo in cui riesco a chiamarli proprio perché non so come si chiamino) è forte: sono convinto che gli “adulti” abbiano, in questo preciso momento storico, un compito di delicatissima rilevanza. Sono chiamati a “valutare” la futura classe dirigente. Quella classe che gestirà la politica, il mondo imprenditoriale, l'istruzione, la tv del domani. Stiano attenti gli “adulti” a intraprendere scelte oculate, attente. Siano capaci di essere selettivi. Si, selettivi. Aggettivo di forte connotazione ideologica ma che bene rende l'idea di quanto cruciale sia il tempo in cui viviamo. E anche tra loro i giovani siano selettivi.
I giovani “si faranno”, come suol dirsi, ma gli “adulti” badino bene a coltivare e a mandare avanti per il bene delle comunità le idee migliori, le proposte più serie, gli atteggiamenti di chi, ricordando, non dimentica e che di chi ha come grandi fratelli ideali persone che “hanno lasciato un segno con coraggio e con impegno” (cit. “Pensa”, Fabrizio Moro).

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