Micene versus Occidente. Default prossimo venturo

di Francesco Greco. Micene, 1184 a. C.: una civiltà si eclissa d’improvviso e un giornalista che ama il suo lavoro, Robert Zardi, italo-americano con ascendenze greche, vuole scoprire l’enigma. Non chiede alle pizie, si cala in un sottosuolo dostoevskiano, l’inconscio nella psicoanalisi, il labirinto del Minotauro, in cerca di una password per “aprire” la sua esistenza, d’improvviso impaludata sotto l’aspetto privato (crisi coniugale), esistenziale, professionale. Riuscirà a fare lo scoop della sua vita e infine uscire “a riveder le stelle”? La soluzione della sciarada nel bellissimo romanzo “La porta del tempo”, Einaudi Stile Libero-Extra, Torino 2010, pp. 367, € 20.
Fabio Calenda è nato a Parigi, ha vissuto a Roma, ha diretto gli studi finanziari e la formazione di una grande banca d’investimento. Da economista ha collaborato per 10 anni al supplemento finanziario del quotidiano “Repubblica”.
”Il personaggio di Zardi – premette – ha preso forma in una vacanza in Grecia, l’isola di Siros”.
Domanda: E’ il suo alter ego?
Risposta. “Alter ego no, piuttosto un parente, forse un cugino alla lontana. Come lui, ho vissuto sia una crisi coniugale irreversibile - sono al mio secondo matrimonio -, sia una crisi professionale. Anch’io sono alla ricerca di una missione, dell’opportunità di dare un contributo, di svolgere un ruolo utile, di sfuggire a un individualismo magari rassicurante, destinato però a sfociare nell’aridità”.
D. Quali elementi della civiltà micenea possono essere sovrapposti a quella attuale?
R. ”Chi erano i Micenei? Ne sappiamo pochissimo e ciò mi ha stimolato ad andare a cercarli nel mio romanzo. Questi antichissimi greci, che rappresentano l’anno zero della nostra civiltà, ci hanno lasciato soltanto una traccia della loro grandezza nelle rovine dei palazzi e nello splendore di ori e affreschi, oltre a qualche frammentaria, arida testimonianza scritta sulla struttura del potere e dell’economia. Poi sono scomparsi nel nulla e la loro cultura, filtrata dal mito e da una realtà politico-sociale molto diversa, è riaffiorata secoli dopo nei versi di Omero. Fierezza, amicizia, senso dell’onore, gusto della sfida, ambizione a eccellere, competizione, sono alcuni dei valori che hanno tramandato all’Occidente. Il modo di viverli oggi è cambiato e non sempre in meglio”.
D. Si può confrontare la bellezza di Micene con la nostra, omologata?
R. “Il fascino di Micene sfugge agli stereotipi per la sua essenzialità e, al tempo stesso, per la potenza delle sue suggestioni. Le rovine, incastonate sui fianchi di una montagna e rivolte verso l’alto, indicano l’orgoglio e l’irriducibilità del dominio, mentre la cisterna sotterranea, cui si accede tramite una vertiginosa sequenza di gradini, simboleggia la discesa nell’oscurità dei recessi dell’animo umano. Una discesa agli inferi, è stata definita, con un’immagine che ben si attaglia alla violenza delle passioni e all’atrocità dei misfatti di cui, secondo il mito, il “palazzo” più antico è stato testimone. Sintesi e potenza evocativa, movimento verso l’alto e nel profondo, contraddistinguono la bellezza di Micene rispetto ai “palazzi” dei nostri giorni”.
D. Era una società primordiale, oligarchica, competitiva, feroce?
R. ”Non poteva essere altrimenti. Più che di un’oligarchia, si trattava di una monarchia, in cui il sovrano esercitava il potere anche attraverso una burocrazia di scribi che registravano le prestazioni che il popolo dove adempiere per il palazzo. I conflitti tra popolo e palazzo, così come quello tra potere religioso e politico, tra fautori della pace e della guerra prefigurano, sia pure in modo primordiale, i conflitti attuali”.
D. Le donne del romanzo sono eroine positive, su tutte la regina Clitemnestra: il messaggio subliminale è che il matriarcato è un valore a cui guardare oggi?
R. “Personalmente, non credo che un genere debba prevalere sull’altro. Urge però un riequilibrio in favore del genere femminile che, nonostante i recentissimi progressi conseguiti sotto il profilo normativo e istituzionale, nei fatti è ancora lontano dall’avere conseguito una parità effettiva. Soprusi e discriminazioni subìti in ogni campo dalle donne, che la cronaca ci mostra quotidianamente, confermano il peso di stratificazioni culturali dure a morire. Nel mondo arcaico la donna era ancor più discriminata, ma il mito ci tramanda, in modo spesso distorto, l’immagine di figure femminili di straordinaria autorevolezza, che forse riflettono la realtà di un periodo ancora più remoto. Donne, la cui storia narrata da maschi non rende giustizia. L’esempio di Clitemnestra è tra i più calzanti: da vittima colpita nei suoi affetti più cari, è divenuta l’archetipo dell’adultera e dell’assassina”.
D. Il default di Micene arrivò anche per l’eccessivo peso fiscale che gravava su chi produceva per mantenere una burocrazia avida e governanti corrotti: è un’allegoria del mondo attuale, l’Occidente dagli archetipi culturali ormai disidratati, alla deriva?
R. “Tasse. De te fabula narratur. Come non pensare all’oggi? E’ probabile che la spoliazione del popolo abbia concorso, insieme ad altre circostanze, a provocare rivolte che hanno contribuito al crollo dei regni micenei. La tradizione ci parla anche di invasioni, del tutto plausibili con i movimenti di popoli che sconvolsero il Mediterraneo orientale, dall’Asia Minore, alla Grecia e all’Egitto. Si trattò di una sorta di globalizzazione ante litteram, che a quei tempi si verificò attraverso ondate migratorie, precedute dalle punte delle lance, mentre oggi si manifesta in modo più asettico, ma anche più insidioso, con gli impulsi elettronici che scatenano ondate di capitali attraverso le frontiere, provocando impennate degli speads. Oggi, come allora, sono sempre i più deboli, i giovani e i meno tutelati a farne le spese”.
D. Se l’aristocrazia micenea si ecclissò lasciandosi dietro ori e ricchezze, la casta politica attuale non si separa da lingotti e diamanti manco se il popolo la assale all’arma bianca: un segno della volgarità del tempo?
R. “L’avidità contrassegna la storia dell’uomo e i Micenei non ne erano di certo immuni. I re conducevano continue guerre spinti dall’avidità e contrastavano aspramente sulla suddivisione del bottino, lasciando le briciole alla truppa, considerata carne da cannone. Il personaggio omerico di Tersite, che svolge un ruolo importante nel mio romanzo, denunciò in modo tagliente le ingiustizie patite dai soldati sotto le mura di Troia. Egli fu il precursore degli “indignadi” attuali, pagando di persona, con bastonature, prima e poi con la morte. Oggi, gli “indignadi” hanno più possibilità di farsi sentire, ma, in quanto a risultati, il cammino sembra ancora in salita. Ciò premesso, l’avidità degli antichi signori della guerra si manifestava con una classe e un senso di onore che i profittatori delle attuali caste non sono neppure in grado di concepire”.
D. Lei vive nel Salento ma ha girato il mondo: cosa l’affascina di questa terra?
R. “Il Salento mi è piombato addosso come una sorpresa, suscitata dalla banalissima circostanza di una vacanza al mare. Non ci ho messo molto per comprendere di essere approdato, per rimanere nel tema di questa intervista, nella mia Itaca. Ho trovato accoglienza, unita a un originale amalgama tra attaccamento alle tradizioni, da un lato, e curiosità intellettuale e apertura al nuovo, dall’altro. Un amalgama che si riflette anche nella natura, in cui campagna e mare si incontrano ma non si confondono, mantenendo vive le rispettive suggestioni e atmosfere. Per quanto riguarda i paesi, ho appena cominciato a scoprire il fascino della loro diversità e i tesori dei loro centri storici”.

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