di Roberta Calò. "Il mio nome non ha importanza. Per me il tuo si. [...] Ero molto attento prendevo appunti su tutto ciò che riguardava gli esseri umani".
Quando un thriller come tanti sboccia non per scelta ma per necessità dal germe empirico della vita vissuta diventa un capolavoro di verità . Ecco allora che Marco Ghiro ci racconta una storia che di autobiografico serba in sé l'elemento più importante: aver toccato con mano lo scandaglio della propria difficile esistenza e di tutti gli esseri umano che l'hanno attraversata.
"Il mio progetto editoriale frutto di quattro anni di duro lavoro nasce con la collaborazione e il supporto dei mie tre figli, più che altro Thomas,ora dodicenne, da cui deriva anche il nome del protagonista proprio perchè ha trascorso le notti con me scrivendo e leggendo quello che scrivevo". Amante di Giorgio Faletti, che lui definisce "persona silenziosa e umana", palesa i motivi per cui ha scelto il genere thriller: "Attraverso il thriller scopro delle emozioni forti che mi danno il giusto input per suggerire delle storie". Dalla proverbiale commistione tra fantasia e realtà , nasce "Psicanalisi di un delitto" (di Marco Ghiro, Edizioni Simple 2010, pp. 277, euro 19.00), la vicenda di un ragazzo orfano dell'amore e della felicità che fa di una panchina a due passi dalla stazione centrale di Milano, la sua finestra sul mondo e sugli altri; Thomas inorridisce dinanzi al dilagante dolore partorito dal ventre della cattiveria umana e decide di spogliarsi delle vesti di vittima per indossare i panni del carnefice che cerca nel presente una sanguinaria rivalsa dal suo tragico passato.
"La mia storia" spiega l'autore "trae spunto da una terapia comportamentale di gruppo perchè l'ho vissuta in prima persona. Da questo è nato il mio personaggio, Thomas, che in una terapia scopre la sua vena omicida nel reputarsi un dio. Lui non uccide perchè ha la vendetta nel sangue o perchè gli fa piacere, lui uccide solo per liberare le anime di chi subisce dei torti". Nel romanzo il protagonista non perde tempo e si svela, lui "egocentrico giustiziere dei tuoi stessi mali" osserva, scruta, medita nel silenzio del suo catartico viaggio per elaborare un quadro sinottico delle sue vittime; analizza le persone e si pone un solo obiettivo: "una cosa era certa, dovevo aiutarla". Conscio nel bene e nel male il protagonista non si nasconde nemmeno a sé: "Sentivo quello che stavo diventando, o forse quello che volevo diventassi" nella piena consapevolezza che "non era così facile liberarmi da me stesso". Lo scrittore con sapiente accuratezza riesce a far vivere al lettore momenti di forte crudezza ("Vedevo scorrere il suo sangue sul suo corpo e sentivo la lacerazione della sua pelle sotto le mie mani") e momenti di patologica dolcezza ("Portava un cappuccio che le nascondeva a metà il viso, ma sembrava che fosse lì per me") facendo di quello che per taluni è un pregio e per altri un difetto, il suo punto di forza: la semplicità linguistico-espressiva.
"L'osservatore di anime infelici" non è un estraneo, non è solo un personaggio, ma è la voce di una coscienza certamente estremizzata di quell'inconscio rancore che tutti almeno una volta abbiamo provato: "L'odio è un sentimento molto forte che nasce dalla nostra stessa delusione. Quando subiamo torti , mancanze o delusioni, nasce dentro di noi un meccanismo di distruzione per chi ci procura gratuitamente del male. La nostra tolleranza si trasforma in ira incontrollabile". E il lettore, che non può tirarsene fuori, viene chiamato in causa in prima persona: "Percepisco i silenziosi dispiaceri che loro patiscono. Potete per questa ragione chiamarmi killer? Giudicate voi stessi". Chi legge, chi scrive, chi agisce nel romanzo, quasi si confondo all'orizzonte in questo mistico approfondimento della natura umana nei suoi lati più oscuri, spesso sottaciuti, proprio quelli che ci spaventano di più. L'autore non ci abbandona in questa fase così cruciale, anzi mette le sue esperienze, le sue emozioni, la sua vita al nostro servizio per un mutuo scambio di vissuto. Sentiremo il libro consumarsi ingordamente non tra le nostre mani, ma nella nostra anima, pagina dopo pagina, facendoci vivere le proprie parole e l'essenza di una persona, Marco Ghiro, che trasuda umiltà , coraggio, forza. Ed è proprio su queste facoltà che lo scrittore fa leva per svelarci la sua arma contro la politica venalmente anti-meritocratica di alcune realtà editoriali :"Non è stato facile perchè se non sei nessuno non ti segue nessuno. Ad un giovane di oggi infatti io consiglio determinazione senza arrendersi al primo ostacolo perchè i canali ci sono, basta trovarli. Le emozioni sono proprie non degli altri. Se sei determinato gli ostacoli li vinci come li ho vinti io. Io ho lavorato per il mio libro e per i miei progetti da solo, ho costruito da solo tassello dopo tassello affidandomi a delle piccole case editrici, divulgando la mia pubblicità attraverso il web, gli amici, i parenti e tutte le persone che hanno voluto credere in me. Per favorirne maggiormente la diffusione ho adoperato un linguaggio semplice e chiaro facendo si che Thomas lasciasse innamorare il pubblico e mi auguro di esserci riuscito". Questa è la strada che Ghiro intraprende anche per portare alla luce la chiave di lettura morale della sua creatura: "Chi legge può imparare che farsi giustizia da soli non è sempre buono perchè alla fine anche Thomas ha il suo riscontro. Thomas insegna una cosa fondamentale, lasciarsi amare, imparare ad amare perchè lui ha una bellissima storia con una ragazza. Chi legge può imparare ad amare e ad essere amato".
Quello di Ghiro non è solo un intento banalmente didattico; il suo traboccante bisogno di darsi, di dare, di offrirsi al mondo si traduce in passione per la scrittura che lui definisce "la mia vita stessa". "Sin da quando ero bambino" chiarisce "l'unico mezzo per farmi ascoltare era la scrittura. Anche se non potevo dedicare molte ore allo studio non ho mai smesso di amare per un attimo. Vivo in simbiosi con le emozioni e la scrittura. Se non scrivo sto male. Per me leggere e scrivere significa vivere. Io vivo di emozioni e ciò che mi trasmette emozioni per me è vita. Scrivere su un pezzo di carta che lì c'è quella vespa bianca per me è vita perchè quella vespa là io riesco a farla vivere, riesco a darle una storia". Il processo di crescita di quest'artista trova l'acme della sua evoluzione proprio nel suo punto di partenza: semplicità , grinta, voglia di mettersi in gioco insegnando a tutti noi come ciascuno può essere fautore del proprio destino riuscendo con caparbietà , con fede, con amore a trasformare gli incubi in sogni da inseguire, raggiungere e realizzare; un vero esempio a cui ispirarsi, dunque, perchè Marco Ghiro ha dimostrato di avere molto da dare come autore ma soprattutto come uomo.
Quando un thriller come tanti sboccia non per scelta ma per necessità dal germe empirico della vita vissuta diventa un capolavoro di verità . Ecco allora che Marco Ghiro ci racconta una storia che di autobiografico serba in sé l'elemento più importante: aver toccato con mano lo scandaglio della propria difficile esistenza e di tutti gli esseri umano che l'hanno attraversata.
"Il mio progetto editoriale frutto di quattro anni di duro lavoro nasce con la collaborazione e il supporto dei mie tre figli, più che altro Thomas,ora dodicenne, da cui deriva anche il nome del protagonista proprio perchè ha trascorso le notti con me scrivendo e leggendo quello che scrivevo". Amante di Giorgio Faletti, che lui definisce "persona silenziosa e umana", palesa i motivi per cui ha scelto il genere thriller: "Attraverso il thriller scopro delle emozioni forti che mi danno il giusto input per suggerire delle storie". Dalla proverbiale commistione tra fantasia e realtà , nasce "Psicanalisi di un delitto" (di Marco Ghiro, Edizioni Simple 2010, pp. 277, euro 19.00), la vicenda di un ragazzo orfano dell'amore e della felicità che fa di una panchina a due passi dalla stazione centrale di Milano, la sua finestra sul mondo e sugli altri; Thomas inorridisce dinanzi al dilagante dolore partorito dal ventre della cattiveria umana e decide di spogliarsi delle vesti di vittima per indossare i panni del carnefice che cerca nel presente una sanguinaria rivalsa dal suo tragico passato.
"La mia storia" spiega l'autore "trae spunto da una terapia comportamentale di gruppo perchè l'ho vissuta in prima persona. Da questo è nato il mio personaggio, Thomas, che in una terapia scopre la sua vena omicida nel reputarsi un dio. Lui non uccide perchè ha la vendetta nel sangue o perchè gli fa piacere, lui uccide solo per liberare le anime di chi subisce dei torti". Nel romanzo il protagonista non perde tempo e si svela, lui "egocentrico giustiziere dei tuoi stessi mali" osserva, scruta, medita nel silenzio del suo catartico viaggio per elaborare un quadro sinottico delle sue vittime; analizza le persone e si pone un solo obiettivo: "una cosa era certa, dovevo aiutarla". Conscio nel bene e nel male il protagonista non si nasconde nemmeno a sé: "Sentivo quello che stavo diventando, o forse quello che volevo diventassi" nella piena consapevolezza che "non era così facile liberarmi da me stesso". Lo scrittore con sapiente accuratezza riesce a far vivere al lettore momenti di forte crudezza ("Vedevo scorrere il suo sangue sul suo corpo e sentivo la lacerazione della sua pelle sotto le mie mani") e momenti di patologica dolcezza ("Portava un cappuccio che le nascondeva a metà il viso, ma sembrava che fosse lì per me") facendo di quello che per taluni è un pregio e per altri un difetto, il suo punto di forza: la semplicità linguistico-espressiva.
"L'osservatore di anime infelici" non è un estraneo, non è solo un personaggio, ma è la voce di una coscienza certamente estremizzata di quell'inconscio rancore che tutti almeno una volta abbiamo provato: "L'odio è un sentimento molto forte che nasce dalla nostra stessa delusione. Quando subiamo torti , mancanze o delusioni, nasce dentro di noi un meccanismo di distruzione per chi ci procura gratuitamente del male. La nostra tolleranza si trasforma in ira incontrollabile". E il lettore, che non può tirarsene fuori, viene chiamato in causa in prima persona: "Percepisco i silenziosi dispiaceri che loro patiscono. Potete per questa ragione chiamarmi killer? Giudicate voi stessi". Chi legge, chi scrive, chi agisce nel romanzo, quasi si confondo all'orizzonte in questo mistico approfondimento della natura umana nei suoi lati più oscuri, spesso sottaciuti, proprio quelli che ci spaventano di più. L'autore non ci abbandona in questa fase così cruciale, anzi mette le sue esperienze, le sue emozioni, la sua vita al nostro servizio per un mutuo scambio di vissuto. Sentiremo il libro consumarsi ingordamente non tra le nostre mani, ma nella nostra anima, pagina dopo pagina, facendoci vivere le proprie parole e l'essenza di una persona, Marco Ghiro, che trasuda umiltà , coraggio, forza. Ed è proprio su queste facoltà che lo scrittore fa leva per svelarci la sua arma contro la politica venalmente anti-meritocratica di alcune realtà editoriali :"Non è stato facile perchè se non sei nessuno non ti segue nessuno. Ad un giovane di oggi infatti io consiglio determinazione senza arrendersi al primo ostacolo perchè i canali ci sono, basta trovarli. Le emozioni sono proprie non degli altri. Se sei determinato gli ostacoli li vinci come li ho vinti io. Io ho lavorato per il mio libro e per i miei progetti da solo, ho costruito da solo tassello dopo tassello affidandomi a delle piccole case editrici, divulgando la mia pubblicità attraverso il web, gli amici, i parenti e tutte le persone che hanno voluto credere in me. Per favorirne maggiormente la diffusione ho adoperato un linguaggio semplice e chiaro facendo si che Thomas lasciasse innamorare il pubblico e mi auguro di esserci riuscito". Questa è la strada che Ghiro intraprende anche per portare alla luce la chiave di lettura morale della sua creatura: "Chi legge può imparare che farsi giustizia da soli non è sempre buono perchè alla fine anche Thomas ha il suo riscontro. Thomas insegna una cosa fondamentale, lasciarsi amare, imparare ad amare perchè lui ha una bellissima storia con una ragazza. Chi legge può imparare ad amare e ad essere amato".
Quello di Ghiro non è solo un intento banalmente didattico; il suo traboccante bisogno di darsi, di dare, di offrirsi al mondo si traduce in passione per la scrittura che lui definisce "la mia vita stessa". "Sin da quando ero bambino" chiarisce "l'unico mezzo per farmi ascoltare era la scrittura. Anche se non potevo dedicare molte ore allo studio non ho mai smesso di amare per un attimo. Vivo in simbiosi con le emozioni e la scrittura. Se non scrivo sto male. Per me leggere e scrivere significa vivere. Io vivo di emozioni e ciò che mi trasmette emozioni per me è vita. Scrivere su un pezzo di carta che lì c'è quella vespa bianca per me è vita perchè quella vespa là io riesco a farla vivere, riesco a darle una storia". Il processo di crescita di quest'artista trova l'acme della sua evoluzione proprio nel suo punto di partenza: semplicità , grinta, voglia di mettersi in gioco insegnando a tutti noi come ciascuno può essere fautore del proprio destino riuscendo con caparbietà , con fede, con amore a trasformare gli incubi in sogni da inseguire, raggiungere e realizzare; un vero esempio a cui ispirarsi, dunque, perchè Marco Ghiro ha dimostrato di avere molto da dare come autore ma soprattutto come uomo.