Salento: in marcia contro la SS 275 a quattro corsie


di Francesco Greco. Dalla Grecia (Patrasso), la Svizzera, Roma, Avellino, ecc. in Salento ieri per protestare contro l’ipotesi incombente della SS 275 a 4 corsie. Mentre si apprende del ricorso presentato dal Gruppo Matarrese contro l’appalto aggiudicato alla Igeco Costruzioni di Tommaso Ricchiuto (Surbo, Lecce) col ribasso del 46% (il Gruppo barese aveva partecipato all’asta col 30%). Sullo sfondo, il dolore e il furore dei partecipanti per il vile attentato di Brindisi, quale che sia la matrice.
   E dunque, dopo la “marcia” di ottobre 2011 che si snodò lungo il percorso che dovrebbe avere l’opera infrastrutturale finanziata da Cipe e Regione Puglia (288 milioni), e dopo l’enorme successo della manifestazione di Montesano Salentino il 25 aprile scorso (con gruppi musicali, intellettuali, attori, poeti, scrittori, ecc.), un altro appuntamento ideato dal Comitato 275 (dal presidente Vito Lisi e la vice Michela Santoro) per sensibilizzare l’opinione pubblica contro l’aggressività e la devastazione che porterebbe un progetto come quello in itinere ove fosse realizzato in una zona dov’è presente un affollamento antropico che andrebbe al contrario tutelato, valorizzato, messo in rete per una ricaduta virtuosa sul territorio.
   Start-up alle 9 dalla bio-masseria “Santa Lucia”, nel cuore dell’insediamento rupestre di Macurano. A far da “cicerone” l’archeologo Marco Cavalera, autore di alcune pubblicazioni molto suggestive in materia. Proprio le grotte di Macurano sono state la prima tappa: a due passi dovrebbero essere collocati i piloni di quella che in tanti ormai chiamano “mostro”. Dall’epoca basiliana sino all’adattamento a frantoio ipogeo (ma la zona è stata anche usata come cava dove furono squadrati a colpi di piccone i tufi per le case della messapica Montesardo).
   Altra sosta: la masseria “Bianca”, dove fino a qualche decenio fa si coltivava la vite, l’ulivo, il tabacco, ecc. Una zona riccamente segnata da tombe scavate nella roccia probabilmente di età medievale. Fra uliveti di piante secolari (che la Regione Puglia protegge con un’apposita legge ma che lungo il percorso ne spazzerà via quasi 4000: bella coerenza!), antichi, preziosi tratturi incuneati nella fresca macchia mediterranea, colori e profumi intensi, la carovana dei manifestanti si è snodata verso sud-ovest, in direzione della Cripta di Santa Apollonia.
   Giunta in prossimità di San Dana, ha sostato su un’aia detta “della Terra”, dove un tempo i contadini ripulivano, sotto il sole cocente della controra, il grano dalla pula percuotendo con dei bastoni i “mannucchi” (covoni). Un’area con una forte energia che è stata colta dallo scrittore e paesologo Franco Arminio, che “preso” dalla specificità del luogo, che nelle giornate di tramontana svela le montagne albanesi e l’isola greca di Fano, ha proposto le sue riflessioni sulla bellezza, la percezione del reale, le interfacce relativizzanti della modernità e tre minuti di silenzio mentre i manifestanti sedevano sul bordo dell’aia e due registi, Paolo Pisanelli e Francesco Spadafora, hanno girato dei “corti”.  
   Della carovana faceva parte anche il ricercatore e studioso di musica di tradizione Vincenzo Santoro, autore di belle pubblicazioni sul tarantismo e la pizzica, Cosimo Negro, altro cultore di tradizioni popolari, l’agronomo Bruno Vaglio e lo psicologo Antonio Biasco, autore di un libricino sulla storia del paese (dove ci sono tracce di una villa romana e delle annesse terme) in via di ristampa e approfondimento.
   Dopo la sosta all’antico frantoio di San Dana, ecco la mèta: la Cripta di Sant’Apollonia con i suoi affreschi e il trono di San Pacomio, un eremita probabilmente orientale che si appartò dal mondo e si dedicò alla meditazione. Il gruppo (data l’ora tarda e il sole forte si è rinunciato alla visita alla chiesetta di Santa Barbara) è poi tornato a Macurano seguendo un altro percorso che sfiora la ferrovia. Tanta bellezza e suggestione, che la primavera esalta alla massima potenza, di un paesaggio irriproducibile, potrebbe essere spazzata via dalle ruspe, il cemento, il catrame, da una “cultura della bruttezza” i cui danni non sono quantificabili tanto oggi quanto in futuro, in termini esponenziali: una “diminutio” verso le nuove generazioni in nome di un’idea di progresso equivoca e relativizzata in più parti del mondo. Il tutto mentre è in arrivo l’istant-book “Quattro corsie e un funerale” (275 “No” al Salento sfregiato), che affronta la problematica dando la parola a una trentina di esperti in materia.

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto