BARI. Con un solo astenuto, il Consiglio regionale ha detto sì alla legge che contiene “misure urgenti per l’accelerazione della determinazione delle dotazioni organiche delle aziende ed enti del servizio sanitario regionale e di tutela assistenziale”, ergo: termina l’incubo per i 270 medici in attesa di stabilizzazione.
Il dibattito è stato lungo e “proficuo” come ha sottolineato l’assessore alle politiche della salute, Ettore Attolini, perché ha consentito di far emergere temi importanti.
Fra gli altri, quello sollevato da un emendamento “in chiave foggiana”, a firma di Lucio Tarquinio, Francesco Damone e Giannicola De Leonardis (presentato e poi ritirato), con il quale si chiedeva sostanzialmente di aggiungere ai 270 medici che rientrano nella fattispecie prevista dalla legge, anche quelli della Asl di Foggia. L’assessore ha spiegato che al momento della definizione delle stabilizzazioni, la stessa Asl foggiana, ha ritenuto che non ci fossero le condizioni per procedere in quella direzione, licenziando il personale sanitario. Cosa fare adesso? La soluzione prospettata dall’assessore Attolini è quella di bandire avvisi pubblici per coprire le carenze di personale determinate proprio da quei licenziamenti. Sono due gli articoli della legge, con i quali da una parte si impone l’obbligo ai direttori sanitari di approvare le piante organiche entro trenta giorni dall’approvazione della iniziativa legislativa, in caso di mancato rispetto del termine, la Giunta regionale procederà nei dieci giorni successivi, alla nomina di un commissario ad acta; dall’altra per assicurare i livelli essenziali di tutela assistenziale, le aziende e gli enti di servizio sanitario regionale fino all’espletamento delle procedure per la copertura dei posti vacanti e comunque per un periodo non superiore ai sei mesi dall’approvazione della legge, utilizzeranno il personale che a causa della sentenza della Corte Costituzionale del 2011, ha perso il lavoro ma soprattutto la certezza della stabilizzazione. “Questa legge – ha spiegato l’assessore alla sanità, Ettore Attolini – si inserisce nel contesto delicato e più ampio della gravissima generale carenza di personale nel nostro sistema sanitario”. L’assessore ha ricordato le condizioni di precarietà e di asfissia in cui i medici sono costretti a lavorare, coprendo con piante organiche inadeguate il lavoro che in altre realtà viene svolto da centinaia di unità in più. “Sino a quando non usciamo dal Piano di rientro – ha ricordato Attolini – ci aspettano ancora sacrifici. Questa legge serve ad evitare il tracollo, ma certamente non risolve completamente il problema delle carenze strutturali”.
Ma un altro spettro si aggira e neanche tanto nell’ombra, sulla tenuta del nostro sistema sanitario, la possibilità, che l’assessore ha inteso emergere dalla ultime riunioni romane, che vi sia un ulteriore dimagrimento del Piano di riparto sanitario. Un ridimensionamento che fra l’altro rischia di spostare ancora di più l’asse decisionale su questa materia a livello romano, scippando così ancora altra sovranità alle regioni.
Il presidente del Consiglio, Onofrio Introna, ha sottolineato la necessità che l’intero Consiglio regionale predisponga un ordine del giorno che manifesti il disappunto sulla eventualità che questa minaccia si materializzi, stigmatizzando tutte le ricadute negative sulla tenuta del sistema sanitario pugliese.
“La Legge approvata oggi in Consiglio sui cosiddetti medici destabilizzati, è l’unica strada che, nella certezza del rispetto delle Leggi, consente nell’immediato di garantire certezze e continuità lavorativa agli operatori e di non interrompere la continuità dell’assistenza sanitaria. Mette poi finalmente un importante punto fermo sui tempi dell’approvazione delle piante organiche da parte delle Asl: hanno trenta giorni di tempo per approvarle, altrimenti nei 10 giorni successivi sarà la Giunta Regionale, commissariando le Asl inadempienti, a procedere”. Lo dichiara in una nota, a margine della seduta di Consiglio regionale, il capogruppo del Pdl alla Regione Puglia, Rocco Palese, che aggiunge: “Come opposizione non abbiamo doveri né responsabilità politico-gestionali, ma sentiamo il dovere morale di fornire il nostro contributo per andare incontro agli oltre 200 medici interessati e alle centinaia di pazienti che, se questi medici andassero a casa, vedrebbero messi a rischio i livelli essenziali di assistenza. Peraltro, essendo stata accolta la nostra proposta di inserire in questa stessa legge tempi certi e inderogabili per l’approvazione delle piante organiche, abbiamo anche contribuito a creare le condizioni affinchè entro massimo 40 giorni vi sia una fotografia reale sulla situazione del personale sanitario e non degli ospedali pugliesi, con certezze sul numero di posti vacanti da coprire e anche sulle modalità previste dalle Leggi per coprirli. Pur rispettando altre strade che si sta cercando di percorrere, come quella parlamentare, e posizioni differenti assunte da alcuni colleghi su questa Legge – conclude Palese - abbiamo ritenuto giusto sostenere questo atto legislativo per dare certezze immediate ai medici interessati e restituire speranza a tutto il personale sanitario e aspirante tale e, soprattutto, ai poveri incolpevoli e tartassati cittadini pugliesi che, pagando 338 milioni di euro di tasse regionali aggiuntive all’anno proprio per i ‘buchi’ della sanità, non meritano di restare privi di assistenza”.
Fra gli altri, quello sollevato da un emendamento “in chiave foggiana”, a firma di Lucio Tarquinio, Francesco Damone e Giannicola De Leonardis (presentato e poi ritirato), con il quale si chiedeva sostanzialmente di aggiungere ai 270 medici che rientrano nella fattispecie prevista dalla legge, anche quelli della Asl di Foggia. L’assessore ha spiegato che al momento della definizione delle stabilizzazioni, la stessa Asl foggiana, ha ritenuto che non ci fossero le condizioni per procedere in quella direzione, licenziando il personale sanitario. Cosa fare adesso? La soluzione prospettata dall’assessore Attolini è quella di bandire avvisi pubblici per coprire le carenze di personale determinate proprio da quei licenziamenti. Sono due gli articoli della legge, con i quali da una parte si impone l’obbligo ai direttori sanitari di approvare le piante organiche entro trenta giorni dall’approvazione della iniziativa legislativa, in caso di mancato rispetto del termine, la Giunta regionale procederà nei dieci giorni successivi, alla nomina di un commissario ad acta; dall’altra per assicurare i livelli essenziali di tutela assistenziale, le aziende e gli enti di servizio sanitario regionale fino all’espletamento delle procedure per la copertura dei posti vacanti e comunque per un periodo non superiore ai sei mesi dall’approvazione della legge, utilizzeranno il personale che a causa della sentenza della Corte Costituzionale del 2011, ha perso il lavoro ma soprattutto la certezza della stabilizzazione. “Questa legge – ha spiegato l’assessore alla sanità, Ettore Attolini – si inserisce nel contesto delicato e più ampio della gravissima generale carenza di personale nel nostro sistema sanitario”. L’assessore ha ricordato le condizioni di precarietà e di asfissia in cui i medici sono costretti a lavorare, coprendo con piante organiche inadeguate il lavoro che in altre realtà viene svolto da centinaia di unità in più. “Sino a quando non usciamo dal Piano di rientro – ha ricordato Attolini – ci aspettano ancora sacrifici. Questa legge serve ad evitare il tracollo, ma certamente non risolve completamente il problema delle carenze strutturali”.
Ma un altro spettro si aggira e neanche tanto nell’ombra, sulla tenuta del nostro sistema sanitario, la possibilità, che l’assessore ha inteso emergere dalla ultime riunioni romane, che vi sia un ulteriore dimagrimento del Piano di riparto sanitario. Un ridimensionamento che fra l’altro rischia di spostare ancora di più l’asse decisionale su questa materia a livello romano, scippando così ancora altra sovranità alle regioni.
Il presidente del Consiglio, Onofrio Introna, ha sottolineato la necessità che l’intero Consiglio regionale predisponga un ordine del giorno che manifesti il disappunto sulla eventualità che questa minaccia si materializzi, stigmatizzando tutte le ricadute negative sulla tenuta del sistema sanitario pugliese.
“La Legge approvata oggi in Consiglio sui cosiddetti medici destabilizzati, è l’unica strada che, nella certezza del rispetto delle Leggi, consente nell’immediato di garantire certezze e continuità lavorativa agli operatori e di non interrompere la continuità dell’assistenza sanitaria. Mette poi finalmente un importante punto fermo sui tempi dell’approvazione delle piante organiche da parte delle Asl: hanno trenta giorni di tempo per approvarle, altrimenti nei 10 giorni successivi sarà la Giunta Regionale, commissariando le Asl inadempienti, a procedere”. Lo dichiara in una nota, a margine della seduta di Consiglio regionale, il capogruppo del Pdl alla Regione Puglia, Rocco Palese, che aggiunge: “Come opposizione non abbiamo doveri né responsabilità politico-gestionali, ma sentiamo il dovere morale di fornire il nostro contributo per andare incontro agli oltre 200 medici interessati e alle centinaia di pazienti che, se questi medici andassero a casa, vedrebbero messi a rischio i livelli essenziali di assistenza. Peraltro, essendo stata accolta la nostra proposta di inserire in questa stessa legge tempi certi e inderogabili per l’approvazione delle piante organiche, abbiamo anche contribuito a creare le condizioni affinchè entro massimo 40 giorni vi sia una fotografia reale sulla situazione del personale sanitario e non degli ospedali pugliesi, con certezze sul numero di posti vacanti da coprire e anche sulle modalità previste dalle Leggi per coprirli. Pur rispettando altre strade che si sta cercando di percorrere, come quella parlamentare, e posizioni differenti assunte da alcuni colleghi su questa Legge – conclude Palese - abbiamo ritenuto giusto sostenere questo atto legislativo per dare certezze immediate ai medici interessati e restituire speranza a tutto il personale sanitario e aspirante tale e, soprattutto, ai poveri incolpevoli e tartassati cittadini pugliesi che, pagando 338 milioni di euro di tasse regionali aggiuntive all’anno proprio per i ‘buchi’ della sanità, non meritano di restare privi di assistenza”.