ROMA. "A D’Alema che dice che si e' chiuso il ciclo del centrodestra rispondo: e' vero, si e' chiuso il ciclo del predominio del partito-azienda, del mercantilismo esasperato. Ma si e' chiuso politicamente, mentre la semina che ha prodotto non e' scomparsa. E dunque per me seppellire il berlusconismo significa tornare a parlare ad esempio di lavoro in una logica di radicale discontinuita' rispetto a quello che hanno fatto ministri come Sacconi. Invece vedo che il governo Monti si presenta in conclamata continuita' con quel passato". Così il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, in un'intervista di oggi sul Messaggero.
"E allora - prosegue il leader di Sel - faccio io una domanda a D’Alema: il cambiamento puo' essere davvero autentico se vive solo nelle urne o deve mutare i dati del vivere sociale? Non dobbiamo forse impugnare la bandiera della lotta alla precarieta' e della certezza dei diritti? Io ho rispettato la scelta del Pd di avallare il governo tecnico pur non condividendola. Ma in prospettiva l’Italia che vogliamo e' quella che impugna ricette liberiste classiche come quelle che ha in mente un onesto tecnocrate come Mario Monti oppure quella che ricostruisce un rapporto tra liberta' e lavoro, le idee riformiste che fanno riferimento a Keynes? Guardi che io non sto proponendo un programma radicale: sto proponendo il programma di Francois Hollande. Prima dell’ossessione degli alleati politici - insiste Vendola - sentirei l’urgenza di cercare alleati sociali: le giovani generazioni, il mondo della precarieta', quello delle fabbriche, le donne. Prima di tutto quella e' l’alleanza giusta, per un rilancio dei diritti sociali e la promozione dei diritti di liberta' in un Paese che ha classi dirigenti arretrate e bigotte, mentre la societa' e' piu' avanzata . Su una coalizione che si dota di una bussola come quella beh insomma, io sono contento se saremo in tanti a fare il cammino. Purche' vada nella direzione di un orizzonte autenticamente riformatore e in cui il tema della giustizia sociale viene percepito come il piu' moderno e non come un reperto archeologico. I membri del club dell’austerity sono convinti di essere la medicina per la malattia quando e' il contrario: la malattia sono loro. Il rigorismo furibondo porta tanti nel labirinto della disperazione, e non risolve neanche il problema del debito pubblico. Per me e' difficile pensare che la democrazia sia un problema, casomai e' la soluzione. Trovo pero' singolare - conclude Vendola - che dopo averci ammaestrato sulla necessita' di una riforma elettorale di un certo tipo, improvvisamente, alla luce del risultato delle amministrative, si scopra l’urgenza rivoluzionaria di volgere lo sguardo a tutt’altro modello. Come a dire: la riforma elettorale si produce per convenienza e opportunismo. Immaginare di fare una riforma pro-casta e' davvero impressionante".
"E allora - prosegue il leader di Sel - faccio io una domanda a D’Alema: il cambiamento puo' essere davvero autentico se vive solo nelle urne o deve mutare i dati del vivere sociale? Non dobbiamo forse impugnare la bandiera della lotta alla precarieta' e della certezza dei diritti? Io ho rispettato la scelta del Pd di avallare il governo tecnico pur non condividendola. Ma in prospettiva l’Italia che vogliamo e' quella che impugna ricette liberiste classiche come quelle che ha in mente un onesto tecnocrate come Mario Monti oppure quella che ricostruisce un rapporto tra liberta' e lavoro, le idee riformiste che fanno riferimento a Keynes? Guardi che io non sto proponendo un programma radicale: sto proponendo il programma di Francois Hollande. Prima dell’ossessione degli alleati politici - insiste Vendola - sentirei l’urgenza di cercare alleati sociali: le giovani generazioni, il mondo della precarieta', quello delle fabbriche, le donne. Prima di tutto quella e' l’alleanza giusta, per un rilancio dei diritti sociali e la promozione dei diritti di liberta' in un Paese che ha classi dirigenti arretrate e bigotte, mentre la societa' e' piu' avanzata . Su una coalizione che si dota di una bussola come quella beh insomma, io sono contento se saremo in tanti a fare il cammino. Purche' vada nella direzione di un orizzonte autenticamente riformatore e in cui il tema della giustizia sociale viene percepito come il piu' moderno e non come un reperto archeologico. I membri del club dell’austerity sono convinti di essere la medicina per la malattia quando e' il contrario: la malattia sono loro. Il rigorismo furibondo porta tanti nel labirinto della disperazione, e non risolve neanche il problema del debito pubblico. Per me e' difficile pensare che la democrazia sia un problema, casomai e' la soluzione. Trovo pero' singolare - conclude Vendola - che dopo averci ammaestrato sulla necessita' di una riforma elettorale di un certo tipo, improvvisamente, alla luce del risultato delle amministrative, si scopra l’urgenza rivoluzionaria di volgere lo sguardo a tutt’altro modello. Come a dire: la riforma elettorale si produce per convenienza e opportunismo. Immaginare di fare una riforma pro-casta e' davvero impressionante".